Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

martedì 6 agosto 2013

Love is in the air...

Io, dentro.
(c) 2013 weast productions

Mi facevo più semplice. Dentro. Una colonna vertebrale – quella ci vuole – e al massimo un mucchietto di terminazioni nervose messe lì alla bell'e meglio e, per quanto insicure (non sono uno easy da starci insieme), comunque rassegnate a fare quello per cui sono state progettate. Trasmettere. Informazioni. Anche quelle che fanno male. Un male da dire signoresantissimoma!: ma che cosa ho fatto di male? Nella vita, I mean.
Figliolo, hai fatto un sacco di cazzate nella tua vita.
Ioooo?
Yes, you!
Fottuto bastardo che non sei altro....
Calma. E vado. Ribobìno il nastro. L'ho fatto davanti al medico, ai medici, questione dei giorni scorsi, da quando il Blog, signore et signori, si è un pelo ammutolito. Che roba strana i medici: parlo per me, che sono abituato a vederli quando la sfiga tocca agli altri, metti una bomba, una sventagliata di pallottole, fosforo bianco, sassi, acido, una jeep militare sparata a cento all'ora in mezzo a un paesino a migliaia di chilometri dalla nostra perfezione posticcia e guarda quella ragazzina che va a fermarsi proprio lì, sulla strada, “quando passiamo noi militari che abbiamo fretta”. E la precedenza. E tutte le armi di questo cazzutissimo mondo montate addosso e sulla blindatura del mezzo. Ma che cosa le hanno insegnato i genitori, a 'sta bambina? Troppo tardi. Dov'è? Schizzata via, a cento all'ora. Messaggio radio: “We have got a girl, this time...”. “A girl?” “Roger...” “Okay, never mind”. Cristo...

Io, davanti a un medico, mi sento quasi come appiccicato a un confessionale: gli devo dire tutto. E attendo l'assoluzione. Cerco e ricerco nelle tasche laterali della mia biografia. Tutto quello che ho fatto e che potrebbe entrare in linea di conto per spiegare quel dolore bastardo che mi ha preso. E attendo l'assoluzione. Ti preeego assolvimi. E nel farlo dissolvi i miei peccati. Fanne nebbia, vapore acqueo, poi una pioggerellina leggera. La vescica di un uccellino che si scarica da 400 metri, cosa vuoi che sia, non la nota nessuno. Dissolvi i miei peccati, please!

Oggi, è andata così. Segue racconto.

Ho fatto un sacco di cazzate nella mia vita, okay. Espresse e delucidate come segue (spesso con dei “non” che incarnano la cazzata come negazione del suo opposto virtuoso: inizio però senza “non"): ho portato pesi fuori norma (sono un caso umano di “excess luggage”, avessi potuto fatturarlo...); ho filmato per troppe ore con telecamere troppo pesanti; ho preso troppe buche in automobile; sono finito in troppi fossi a bordo di jeep senza sospensioni adeguate; sono caduto troppe volte; ho dato testate pazzesche contro pareti larghe un metro; ho assunto posizioni antiergonomiche; ho dato green light a tick nervosi con buona probabilità partoriti da DPTS (disturbo post traumatico da stress); non ho bevuto abbastanza gin tonic al bar (dicono che aiuti, a scaricare...); non ho (ancora) finito il libro che sto scrivendo; non ho (ancora) finito il film che sto girando; non ho (ancora) figli; avevo addosso troppo peso quando, in Afghanistan (fosse stato soltanto in Afghanistan...), sono salito a bordo di quell'elicottero e lì ho sentito che qualcosa faceva crack nella mia schiena, ma cosa vuoi che sia?; non ho mai fatto joga (in reltà mi sono sempre fatto quattro risate pensando agli uomini che fanno joga, e mi sono sempre chiesto se si cambiano nello spogliatoio delle signore oppure se ne hanno uno tutto loro...); non ho fatto abbastanza saune, anche se ne ho fatte forse mille; ho dormito su terreni non favorevoli alla salute; ho fumato (fumo); ne ho fatte di tutti i colori pur di mandare due immagini due; ne ho fatte di tutti i colori anche quando nessuno voleva le mie immagini; ho spinto e trainato automobili in panne dentro villaggi e città presi a bersaglio dai razzi e dalle granate RPG; ho fatto finta di non accorgermene; e quando me ne sono accorto ho pensato che ne valesse la pena comunque. Anche l'ultima volta, quando non so perché, ma a furia di prendere colpi, e di girarmi e rigirarmi e di portarmi in giro quello che mi porto in giro sulle spalle, o cristosantissimo vedi come va il mondo ma mi è venuto un dolore che altro non esiste (per ora...).

Bene. Mi hanno infilato dentro un tubo (non è la prima volta...). E mi hanno guardato dentro. C5, C6, C7: sono le mie amiche del cuore. Le mie ragazze. I miei amori. Le mie meravigliose vertebre cervicali, tre vergini non più vergini da un bel po' di tempo che mi fanno compagnia. Si fanno sentire, quando ne hanno voglia. Non voglio esagerare, ma con questo dolore, signore et signori, posso dire di essere prossimo all'esperienza del parto. Almeno, così credo. Anche se, preciso, il dolore è situato in zona diversa. È tuttavia invasivo: cresce e si propaga come un innamoramento cominciato male.

Va tutto bene, ora. Piano piano rimettiamo a posto questo scheletro cocciuto e – lasciatemelo dire – leggendario. Sto a cuccia soltanto davanti al medico. Quieto quieto come un povero cristo davanti al prete e alla fortezza del confessionale. È un gioco, in fondo, anche questo. Dai per avere. Confesso tutto per ottenere l'assoluzione.

Continua pure come hai fatto finora, figliolo. Esercita, tuttavia, un po' di prudenza. Abbi qualche riguardo nei confronti della tua vecchia carcassa. 200 avemarie, 300 padrenostri.

Il medico, oggi, mi ha consegnato una frase strepitosa della quale gli sono grato: “il dolore va rispettato”. Come la paura, ho aggiunto io. Stessa cosa. Il dolore e la paura sono la stessa cosa. Vanno ascoltati. Dietro la cortina elettrica e pulsante che alzano trovi sempre una rivelazione. Il senso delle cose.

Il senso della vita. Anche quando, per viverla come ti piace, ti triti le cervicali (fossero soltanto loro...), ti frulli i nervi e fai purea di tutta quella meravigliosa e perfetta complicazione che gli sta attorno.

Siamo al mondo anche per esagerare: e per gustare lo spazio di manovra che l'esagerazione ancora ci consente. Vertigine, ora, breve, nell'assaporare il dietrolequinte di questa idea.

Se dovessi scegliere un autoritratto, sceglierei la fotografia che pubblico qui. Il dentro di me, C5, C6 e visto che ci siamo C7. 

Eravamo rimasti qui, con il Blog. A un passo dalle mie tre stupende vertebre. Che amo. E alle quali sono grato. Per il male che sanno farmi. E per tutto il bene che mi vogliono. Love is in the air...

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