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Io, dentro. (c) 2013 weast productions |
Mi facevo più semplice. Dentro. Una
colonna vertebrale – quella ci vuole – e al massimo un mucchietto
di terminazioni nervose messe lì alla bell'e meglio e, per quanto
insicure (non sono uno easy da starci insieme), comunque
rassegnate a fare quello per cui sono state progettate. Trasmettere.
Informazioni. Anche quelle che fanno male. Un male da dire
signoresantissimoma!: ma che cosa ho fatto di male? Nella vita, I
mean.
Figliolo, hai fatto un sacco di cazzate
nella tua vita.
Ioooo?
Yes, you!
Fottuto bastardo
che non sei altro....
Calma. E vado. Ribobìno il nastro.
L'ho fatto davanti al medico, ai medici, questione dei giorni scorsi,
da quando il Blog, signore et signori, si è un pelo ammutolito. Che
roba strana i medici: parlo per me, che sono abituato a vederli
quando la sfiga tocca agli altri, metti una bomba, una sventagliata
di pallottole, fosforo bianco, sassi, acido, una jeep militare
sparata a cento all'ora in mezzo a un paesino a migliaia di chilometri dalla nostra perfezione posticcia e guarda quella
ragazzina che va a fermarsi proprio lì, sulla strada, “quando
passiamo noi militari che abbiamo fretta”. E la precedenza. E tutte
le armi di questo cazzutissimo mondo montate addosso e sulla
blindatura del mezzo. Ma che cosa le hanno insegnato i genitori, a 'sta bambina? Troppo
tardi. Dov'è? Schizzata via, a cento all'ora. Messaggio radio: “We
have got a girl, this time...”. “A girl?” “Roger...”
“Okay, never mind”. Cristo...
Io, davanti a un medico, mi sento quasi
come appiccicato a un confessionale: gli devo dire tutto. E attendo
l'assoluzione. Cerco e ricerco nelle tasche laterali della mia
biografia. Tutto quello che ho fatto e che potrebbe entrare in linea
di conto per spiegare quel dolore bastardo che mi ha preso. E attendo
l'assoluzione. Ti preeego assolvimi. E nel farlo dissolvi i miei
peccati. Fanne nebbia, vapore acqueo, poi una pioggerellina leggera.
La vescica di un uccellino che si scarica da 400 metri, cosa vuoi che
sia, non la nota nessuno. Dissolvi i miei peccati, please!
Oggi, è andata così. Segue racconto.
Ho fatto un sacco di cazzate nella mia
vita, okay. Espresse e delucidate come segue (spesso con dei
“non” che incarnano la cazzata come negazione del suo opposto
virtuoso: inizio però senza “non"): ho portato pesi fuori norma
(sono un caso umano di “excess luggage”, avessi potuto
fatturarlo...); ho filmato per troppe ore con telecamere troppo
pesanti; ho preso troppe buche in automobile; sono finito in troppi
fossi a bordo di jeep senza sospensioni adeguate; sono caduto troppe
volte; ho dato testate pazzesche contro pareti larghe un metro; ho
assunto posizioni antiergonomiche; ho dato green light a tick
nervosi con buona probabilità partoriti da DPTS (disturbo post
traumatico da stress); non ho bevuto abbastanza gin tonic al
bar (dicono che aiuti, a scaricare...); non ho (ancora) finito il
libro che sto scrivendo; non ho (ancora) finito il film che sto
girando; non ho (ancora) figli; avevo addosso troppo peso quando, in
Afghanistan (fosse stato soltanto in Afghanistan...), sono salito a bordo
di quell'elicottero e lì ho sentito che qualcosa faceva crack
nella mia schiena, ma cosa vuoi che sia?; non ho mai fatto joga (in
reltà mi sono sempre fatto quattro risate pensando agli uomini che
fanno joga, e mi sono sempre chiesto se si cambiano nello
spogliatoio delle signore oppure se ne hanno uno tutto loro...); non
ho fatto abbastanza saune, anche se ne ho fatte forse mille; ho
dormito su terreni non favorevoli alla salute; ho fumato (fumo); ne
ho fatte di tutti i colori pur di mandare due immagini due; ne ho
fatte di tutti i colori anche quando nessuno voleva le mie immagini;
ho spinto e trainato automobili in panne dentro villaggi
e città presi a bersaglio dai razzi e dalle granate RPG; ho fatto
finta di non accorgermene; e quando me ne sono accorto ho pensato che
ne valesse la pena comunque. Anche l'ultima volta, quando non so
perché, ma a furia di prendere colpi, e di girarmi e rigirarmi e di
portarmi in giro quello che mi porto in giro sulle spalle, o
cristosantissimo vedi come va il mondo ma mi è venuto un dolore che
altro non esiste (per ora...).
Bene. Mi hanno infilato dentro un tubo
(non è la prima volta...). E mi hanno guardato dentro. C5, C6, C7:
sono le mie amiche del cuore. Le mie ragazze. I miei amori. Le mie
meravigliose vertebre cervicali, tre vergini non più vergini da un
bel po' di tempo che mi fanno compagnia. Si fanno sentire, quando ne
hanno voglia. Non voglio esagerare, ma con questo dolore, signore et
signori, posso dire di essere prossimo all'esperienza del parto.
Almeno, così credo. Anche se, preciso, il dolore è situato in zona
diversa. È tuttavia invasivo: cresce e si propaga come un
innamoramento cominciato male.
Va tutto bene, ora. Piano piano
rimettiamo a posto questo scheletro cocciuto e – lasciatemelo dire
– leggendario. Sto a cuccia soltanto davanti al medico. Quieto
quieto come un povero cristo davanti al prete e alla fortezza del
confessionale. È un gioco, in fondo, anche questo. Dai per avere.
Confesso tutto per ottenere l'assoluzione.
Continua pure come hai fatto finora,
figliolo. Esercita, tuttavia, un po' di prudenza. Abbi qualche
riguardo nei confronti della tua vecchia carcassa. 200 avemarie, 300
padrenostri.
Il medico, oggi, mi ha consegnato una
frase strepitosa della quale gli sono grato: “il dolore va
rispettato”. Come la paura, ho aggiunto io. Stessa cosa. Il dolore
e la paura sono la stessa cosa. Vanno ascoltati. Dietro la cortina
elettrica e pulsante che alzano trovi sempre una rivelazione. Il
senso delle cose.
Il senso della vita. Anche quando, per
viverla come ti piace, ti triti le cervicali (fossero soltanto
loro...), ti frulli i nervi e fai purea di tutta quella meravigliosa
e perfetta complicazione che gli sta attorno.
Siamo al mondo anche per esagerare: e
per gustare lo spazio di manovra che l'esagerazione ancora ci
consente. Vertigine, ora, breve, nell'assaporare il dietrolequinte di
questa idea.
Se dovessi scegliere un autoritratto, sceglierei la fotografia che pubblico qui. Il dentro di me, C5, C6 e visto che ci siamo C7.
Eravamo rimasti qui, con il Blog. A un
passo dalle mie tre stupende vertebre. Che amo. E alle quali sono
grato. Per il male che sanno farmi. E per tutto il bene che mi
vogliono. Love is in the air...
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