Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

venerdì 16 agosto 2013

Il proprio gioco. Sporco.

(c) 2013 weast productions

Mi piace sentirmi a casa in albergo. Mi permette di constatare l'umore, la situazione esistenziale dei camerieri che si fermano, mi salutano e mi parlano. Beneficio di una sorta di "prospettiva biografica" nei confronti di queste persone. Uno dei camerieri, questa sera, mi dice: "non so più chi ha ragione e chi ha torto. I buoni, i cattivi... Tutto è immerso nel buio". È, insieme alla frase sulla realtà di Wael, una delle frasi più oneste che abbia sentito oggi in Egitto. 

Nelle strade si sta decidendo una battaglia politica: combattuta con i proiettili e con il numero dei morti. Anche i morti sono armi. E i proiettili sono le parole che i militari parlano e capiscono. Funziona così, da queste parti. È un disastro. Vivi sacrificati in una battaglia su cui tutti rovesciano le proprie parole e le proprie analisi. Militari - e chi li sostiene - convinti che il piombo possa condurre a conclusioni pacificatrici. Manca, in tutto questo, una parola: responsabilità. È ancora presto per auspicarla. Per aspettare che venga pronunciata.
Guardiamoci in giro, in questo Medio Oriente, mondo arabo in senso più lato: lasciato solo, affinché tutti - dico tutti - possano fare il proprio gioco. Sporco, va da sé. 

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