Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

lunedì 26 marzo 2018

Guarda la fotografia.

(c) 2018 weast productions
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sabato 24 marzo 2018

Gli imbecilli sono dati.

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Premessa.

È da gennaio che non scrivo sul Blog.

In molti mi hanno inviato messaggi chiedendomi: sei morto? Se avessi risposto di sì, mi avrebbero creduto? E se non avessi risposto, se la sarebbero presa? Con un morto o con un maleducato?

La gente si fa delle domande sulle domande che fa? Lo dico con immenso affetto.

Sono vivo, ma sento di doverne fornire la prova. E così vi regalo un Senso del taccuino. È vero: non scrivo da gennaio. Sapete perché? Sto preparando il mio nuovo portale, totalmente assorbito da questa sfida: questione di un paio di settimane ancora e avrò il piacere di comunicarvi l'indirizzo. Intanto facciamoci un Taccuino, tutti insieme.

Il titolo lo spiego dopo. Prima: diamo un'occhiata a ciò che scriviamo su Facebook. Leggiamolo come potrebbe leggerlo qualcuno fra cento anni. Non è, tuttavia, necessario lo sforzo temporale e prospettico. Basta un po' di autoironia. Gatti accasati, gatti smarriti, cani senza guinzaglio, cani soli, sciolti o accompagnati, belle giornate o giornate da dimenticare, geoposizionamenti in questa o quella capitale, chilometri percorsi in bicicletta, altre imprese personali (sempre in funzione autocelebrativa), antipasti, portate principali, dessert, qualche vino, insignificanti prese di posizione dal vago sapore politico, sgrammaticate o piene di svarioni causati dalla fretta o da chissà cosa e quasi sempre (sempre) di una piattezza terrificante e tuttavia scambiate per un manifesto (quando non addirittura per dell'eroismo), improperi, insulti, dichiarazioni d'amore e di eterna fedeltà, addii (imbarazzanti), compleanni, oh sì: compleanni, onomastici, nascite, nascite, nascite, qualche decesso, ricoveri ospedalieri (la mano spezzata, la spalla lussata, la chiappa ammaccata, qualche rarissimo e coraggiosamente confessato caso di priapismo), e pure, cambiando genere, il lancio del nuovo portale Faccia da Reporter, io per primo mi ci metto, mi butto nella minestra, per limitarmi a questa e non pensare all'alternativa.

Scriviamo una infinita quantità di cagate su Facebook, scambiandole per barricate. Sarebbero (se lo fossero sul serio) barricate scivolose. Impossibile arrivare in cima. Le mani perderebbero la presa. La superficie sarebbe inevitabilmente e per definizione, considerate le premesse di natura organica: viscida. La sostanza non tiene.

Lo ha scritto qualcuno prima di me: i dati che regaliamo a Facebook sono un mucchio di merda. E tanto valgono. La merda concima. E basta. Chi vuole usarla: prego, si serva. Credete davvero che un canadian nerd dai capelli tinti di rosa, un ometto british vestito con maniacale perfezione e con l'aria di uno che a scuola le prendeva (quindi di carattere vendicativo), un american ciccione con la passione per l'estrema destra e un altrettanto american miliardario con una inavvicinabile figlia gnocca - questione di gusti, a me Rebekah Mercer piace - (tutti quanti personaggi riconducibili all'etichetta Cambridge Analytica) possano avere inventato e finanziato un algoritmo capace di definire la nostra personalità (averne una), di cogliere e influenzare, anche con la menzogna, la parte verso la quale politicamente (e non soltanto) tendiamo o potremmo o dovremmo tendere? Di averlo fatto sulla base dei like che mettiamo alle foto di felini, criceti, chiappe di diversa provenienza e tenuta, alle sparate di questo o quel politico di bassa se non addirittura insufficiente caratura e vai e vai e vai?

Vi pensate davvero così semplici? Semplificabili? Provate a fare l'amore prima di recarvi a un seggio. O a non farlo. Voterete in due modi diversi. Provate ad andarci con i figli piccoli o da soli. Con la moglie o senza la moglie, col marito o senza. Con la pioggia o con il sole. Con il mal di denti o senza. Voterete in modi opposti. Dipendiamo da un'infinità di fattori. Le analisi psicometriche di Cambridge Analytica sono state create allo scopo di fare soldi. E, ora che sono state “rivelate”, di farci paura: chi ha paura sta schiscio. Una volta si diceva: vendere fumo. Oggi, con tutto il rispetto parlando, si dice: vendere bullshit. Su Facebook c'è il vuoto. E dentro Facebook esso risuona: splash splash splash. Il suono della mierda, signore e signori.

Il fatto che – in particolare – siano i politici (Trump nel caso, ma prima di lui Obama) a essersi apparentemente serviti di queste nebulose e ipotetiche analisi psicometriche e del microtargeting (Obama di un'App più che di un sistema di valutazione e manipolazione della personalità, ma insomma), la dice lunga sui politici. Proviamo a rovesciare le prospettive: a volte serve. I fessi, forse, non siamo noi: dopo tutto.

Facebook non l'ha inventato Zuckerberg: l'abbiamo inventato noi. È da una vita che esiste. Lui (magari fosse stato davvero lui) lo ha messo su internet. Facebook è il negozio di quartiere. L'ufficio. L'angolo caffè in azienda. La zona fumatori. La bottega del barbiere, il salone del parrucchiere, la boutique di intimo femminile con dentro le mogli, il bar con dentro i mariti. Tutti luoghi dove andare per provare il piacere (insolitamente intenso) dello spettegolezzo sugli altri, per sentenziare, per tirarsela, per fare il punto su come è messo il mondo e la vita (degli altri: a volte anche, ma fintamente, la nostra), che è sempre un micromondo ed è sempre una microvita (oggi si parla di “bolla”, ma è la stessa cosa). Avete mai confidato un segreto a qualcuno esigendo le garanzie necessarie affinché rimanesse tale? È davvero rimasto un segreto? Avete davvero inteso chiedere che rimanesse un segreto? Non credo. Chi ve lo ha sottratto: Cambridge Analytica? Siamo esseri umani, suvvia.

Cosa ci hanno rubato? Il nostro avatar, una sorta di alter ego al quale affidiamo la finzione di come vorremo essere (riconosciuti) nella vita. Ci accontentiamo della rete.

I nostri amici hanno accettato di rispondere alle domande di un'app che ha rubato anche i dati che ci riguardano? Gli amici si scelgono. E: ciascuno ha gli amici che si merita.

Gli americani hanno votato Trump? Che se lo tengano. I russi Putin? Idem. I britannici usciranno dall'Ue? Che escano. Gli italiani si fidano dei 5 Stelle? Si fidino. I francesi di Macron? Va bene. Ai tedeschi piace la Merkelona? E allora? L'Europa dell'Est vota a destra? Siete mai stati in Europa dell'Est? Pensate davvero che voti a destra a causa delle fake news disseminate da Facebook?

Gli imbecilli hanno il diritto di essere tali. Fino in fondo. Sono dati: nel senso che vivono fra di noi. Non se li prenderà mai nessuno. Nessuno li ruberà e se li porterà via. Ce li dobbiamo tenere.

La resistenza vera si fa sulle barricate: non su quelle che scivolano, però.