Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

domenica 23 novembre 2014

Le parole. E le immagini.


Lunedì 24 novembre alle 19.00 presso Lo Spazio Taborelli a Bellinzona avrò il piacere di essere ospite per una serata dal titolo "Le parole della realtà e la forza delle immagini". Racconteremo storie e avventure, parleremo del mondo e delle sue immagini e andremo anche un po' controcorrente: non guasta mai. Chi è interessato è gentilmente invitato a segnalare la propria presenza chiamando la Libreria Taborelli allo 091 826 24 25. Seguirà una cena (per interessati, importante prenotare). Se non avete caricato il cellulare, provate a passare lo stesso. Vi aspetto. 

venerdì 21 novembre 2014

Il senso del taccuino.

© 2014 weast productions / gianluca grossi

Domani nel Senso del taccuino sulla Regione: "Parole cucite addosso". Qui di seguito il (solito: e dagli con la parentesi!) estratto:

Esce dall'abitazione di un parente (il marito di una sorella) alle 8.30 di mattina. Nella mano sinistra regge una borsetta femminile che stona con il suo passato di passionaria della sollevazione popolare siriana; nella destra, si era già intuito, tiene una tazzina: dentro c'è del caffè solubile, fuori il disegno di un Babbo Natale che fugge col sacco dei regali. Osservata da lontano, e senza conoscerla, è una macchia nera in avvicinamento, e uno potrebbe anche chiedersi, ipotizzando due ben distinti orientamenti esistenziali all'origine della domanda, “Dio, che cos'è?”, oppure “Chi è questa?”. Una domanda più articolata sarebbe già stata spazzata via dalla sua andatura, soltanto a prima vista lenta e distratta, in realtà decisa e mirata. Mirata al negozietto della stazione di Schwerzenbach: sigarette. Due pacchetti, meglio andare sul sicuro. Esce dal negozio, posa la tazza su un muretto, cerca l'accendino nella borsetta e ispira il primo fumo della giornata. La voce le esce stracarica di vita lasciata alle spalle. Di avventure. Pericoli scampati. Amici morti ammazzati. Sogni infranti. Idee, tuttavia, chiare. Una voce roca. Profonda. I giorni e poi i mesi e gli anni trasformati in minuscole schegge di vetro che hanno lasciato il segno. Asmahan. 

domenica 9 novembre 2014

Benvenuto, doc!

© 2014 weast productions / gianluca grossi

© 2014 weast productions / gianluca grossi
Ce l'ha fatta, il dottor Abdel Malik Al Fannad. La notizia mi è appena arrivata. È a Monacao di Baviera. Un posto niente male se paragonato a Mohassan, da dove è fuggito, località schiacciata dallo "stato islamico".  Ne avevo scritto il 25 ottobre sulla Regione, quando era ancora nei boschi della Macedonia, messo male. Avevo raccontato per la prima volta la sua storia in Silenzio: si muore, QUESTO reportage di Falò (RSI) dalla Siria, un anno e qualcosa fa. È una buona notizia. Se lo fanno lavorare, in qualche ospedale in Germania, ci saprà fare, dopo quello che ha visto, quello che ha fatto e dopo le condizioni nelle quali ha visto e fatto tutto quanto costituisce la sua vita più recente. Benvenuto, doc!

venerdì 7 novembre 2014

Il senso del taccuino.

© 2014 weast productions / gianluca grossi

Domani, sabato 8 novembre,  nel Senso del taccuino sulla Regione: "Il matto e la radiolina". Qui di seguito il (solito, ma perché lo metto fra parentesi?) estratto:

I cani erano entrati nel villaggio con una camminata storta e stralunata. In pochi ci avevano badato, era mattina presto e la giornata andava preparata, anche se sarebbe stata uguale a tutte quelle che l’avevano preceduta. La vita non concedeva variazioni e forse era un bene. Con il trascorrere delle ore, erano giunti altri cani, lerci e con la faccia da bastardi. Eppure, c’era dell’altro, se uno si prendeva il tempo di osservarli, prima di lanciargli una pietra o prenderli a bastonate. Era la paura. Quei cani avevano paura. E non scappavano, anche quando a furia di sassi e botte i loro corpi scheletrici e appuntiti sanguinavano. Si erano riuniti nel centro del paese: una banda di impostori con i denti aguzzi ma zero forza in corpo per usarli. Qualcuno si leccava le ferite, altri stavano immobili sulle zampe piantate nel terreno, a malapena capaci di reggere un corpo che non pesava quasi più nulla, ferri arrugginiti e storti. Il quadro suggeriva la ritirata e l’attesa. Una squadra di accattoni che si erano inventati una strategia per tirare a campare e rimediare una schifezza da mettersi nello stomaco. I bambini tornavano da scuola. Le donne preparavano il pranzo. Gli uomini erano nei campi. Alcuni erano rimasti a casa, pigri e invecchiati troppo presto.