Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

venerdì 21 dicembre 2012

Il volo immaginato del grammofono.

(c) 2012 weast productions / gg.
Domani nel Senso del taccuino sulla Regione: "Il volo immaginato del grammofono". Qui un estratto.


Aveva smesso di credere in dio a quarant'anni. Venticinque anni fa. Aveva ufficializzato la decisione fumandosi una sigaretta sul balcone: vedessero tutti! L'aveva fumata come se, in quei pochi minuti, stesse consumando la vita di suo figlio. Boccata dopo boccata. Aveva provato un dolore immenso, senza confini, più grande di lei e di quanto potesse immaginare. Aveva dato alla morte di suo figlio, con quella sigaretta, l'unico senso che  poteva avere: non quello che i generali avevano suggerito nella lettera spedita insieme allo stivale; e nemmeno quello che piaceva a vicini e conoscenti, musulmani e cristiani del quartiere: compivano sforzi troppo visibili, celati sotto parole troppe volte ripetute, cercavano nell'aldilà un senso da dare all'aldiqua. Parole vuote. L'unico senso che era riuscita a dare alla morte di suo figlio era zero. Nessun senso. Il senso di una sigaretta fumata. Nulla. 

sabato 15 dicembre 2012

dio non è grande.




Sei, anche ora, dove per solito stavi. Il vuoto è soltanto nel gioco della tenebra. E, forse, nella stagione fredda. Complichi, con il sorriso visibile, gli sforzi senza tregua: di chi ti vorrebbe altrove per avere un senso. Ora sei e ancora. Qui. Dove, se c'è, c'è un dio non grande. Un dio dei semafori, dei fili del tram, del lampione che appena ti disegna. Te la ridi. Ocristosetelaridi: di quelli che fra un dio e l'altro ne hanno scelto uno e non stanno più zitti. E ci hanno rotti. E parlano. E parlano. Nel vuoto. Per davvero: nel nulla. dio non è grande. Tu, invece, copriti: gela. 

lunedì 3 dicembre 2012

She's pregnant. Too.

(c) Courtesy of The Daily Beast.


SHE'S PREGNANT, TOO.

(c) 2012 weast productions / gg.
Somali refugee in a UNHCR camp in Yemen.

venerdì 30 novembre 2012

L'ambizione del topo da laboratorio.

(c) 2012 weast productions / gg.
Il senso del taccuino sulla Regione di sabato 1. dicembre: L'ambizione del topo da laboratorio.  Un estratto:

(...) Se c'è una persona arrabbiata con il linguaggio (parole, immagini), questa è Nahla, giovane rivoluzionaria egiziana. Una carica esplosiva (nel senso buono) che cammina. Rientrando dallo Yemen, ho fatto tappa al Cairo e l'ho rivista. Abbiamo passeggiato insieme. Lei fumava anche per strada. Teneva la sigaretta come fosse un fucile, pronta ad aprire il fuoco sul primo sguardo intriso di (nell'ordine): sorpresa, disapprovazione, rimprovero, passaggio all'azione (del tipo: strapparle la sigaretta). Io, accanto alla ragazza, mi sentivo come Sancho Panza. Nahla ha fatto a pezzi, durante i nostri quattro passi, l'immaginario narrativo che l'Occidente ha elaborato per descrivere ciò che non si sarebbe mai aspettato: degli arabi sulle barricate. Siamo andati in soffitta e abbiamo tolto un vecchio vocabolario da un vecchio baule. E con questo linguaggio, appesantito da un paio di secoli e consumato dalle tarme, descriviamo un mondo nuovo. Nahla rifiuta, in particolare, il nostro lamento costante sulla condizione femminile. “Partite – spiega – dalla convinzione (tutta vostra) che le nostre donne siano sempre e soltanto sottomesse”. Ha ragione, è una scusa: cio' facendo evitiamo di prenderle sul serio come forze davvero rivoluzionarie. Questo sguardo è il velo invisibile imposto dall'Occidente. (...)

lunedì 12 novembre 2012

Solidarietà con i profughi siriani.

(c) 2012 weast productions /gg.
Questa sera al TG 20 di RSI si parla di profughi siriani. Sono stato stato invitato in studio e con un servizio televisivo ma fotografico mostrerò i profughi all'interno della Siria. Domani giornata di Solidarietà nazionale della Catena della solidarietà in aiuto dei profughi siriani fuggiti dalla Siria. 

sabato 10 novembre 2012

Il tuo click preferito.

Il voto per il concorso "Click,click,click..." chiude domani sera alle ore 18.00 in contemporanea con la chiusura di "Il resto della vita" e l'estrazione dei tre vincitori che riceveranno la loro "fotografia preferita" votata (sul posto o per email) dopo avere visitato l'esposizione a Monte Carasso. E ci sarà un'ulteriore sorpresa. Buona fortuna a tutti! Queste sono le due fotografie finaliste. Per votarle vai sulla pagina FB di SpazioReale.

(c) Foto di Giovanna Trosi (senza titolo)

(c) Foto di Giada Total (titolo: "The same attitude, in a different reality")
 Il voto per il concorso "Click,click,click..." chiude domani sera alle ore 18.00 in contemporanea con la chiusura di "Il resto della vita" e l'estrazione dei tre vincitori che riceveranno la loro "fotografia preferita" votata (sul posto o per email) dopo avere visitato l'esposizione a Monte Carasso. E ci sarà un'ulteriore sorpresa. Buona fortuna a tutti! / The "Click,click,click..." contest will 
close tomorrow at 18.00 together with the exhibition "Il senso della vita". At the same time we will choose with closed eyes the three winners of the "Il senso della vita" contest: they will receive the photo they voted for printed in the same format and on the same paper of the exhibition. And there will be one more surprise. good luck everybody!

giovedì 8 novembre 2012

Monologhi sponsorizzati.

Vi ricordate il mio post "Se Berna mi legge"? Si parlava dei 60mila franchi versati da Berna ai partecipanti a una riunione segreta dell'opposizione siriana in esilio (SNC = Syrian National Council) a Berlino. L'organismo non gode di buona stampa fra i rivoluzionari dentro la Siria. Riporto due twitt di tarda notte. Un esempio, soltanto, corroborato da numerosissime testimonianze raccolte sul terreno. Non sto da una parte o dall'altra. Registro. E, di nuovo, mi sento sollecitato alla riflessione (mia personale) circa quanto di recente scrivevo e insieme si discuteva sui propositi giustizialisti e soprattutto sugli slogan sparati a cannonate da alcuni abbonati alla ribalta internazionale circa i crimini di guerra commessi in Siria. Da dove cominciamo (o dove vogliamo arrivare), per davvero, se vogliamo cominciare sul serio (e sul serio a qualche risultato arrivare)? Il resto sono monologhi improvvisati di primattori in tournée sponsorizzata.

Qui di seguito due twitt di questa notte. Discutibilissimi, ci mancherebbe, ma da segnalare.

As I always say, you think we are idiots and don't know the game being played. The cult running  blood is on your hands too.



Hate the opposition. Want the bloodshed to end. Want these abusers of revolution to get lost. Want someone to care, just care about



Notte.

Ricevo e pubblico.

(c) 2012 facciadareporter

(c) 2012 facciadareporter

(c) 2012 facciadareporter

(c) 2012 facciadareporter

(c) 2012 facciadareporter

(c) 2012 facciadareporter

(c) 2012 facciadareporter

(c) 2012 facciadareporter

(c) 2012 facciadareporter

(c) 2012 facciadareporter

(c) 2012 facciadareporter

martedì 6 novembre 2012

Facciamericana

C'è un concorso divertente, si chiama Facciamericana. Lo ha lanciato SpazioReale. Domani mattina, quando ti alzi, e vieni a sapere chi sarà il nuovo Presidente degli Stati Uniti, prendi il telefonino e fotografa la faccia che farai. Poi caricala sulla pagina Facebook di SpazioReale. Non vincerai niente, ma probabilmente farai divertire un po' tutti e tu ti divertirai con loro. Maggiori info su SpazioReale.

domenica 4 novembre 2012

La tua fotografia.

SpazioReale
L'11 novembre, data di chiusura dell'esposizione Il resto della vita, SpazioReale estrarrà a sorte il nome dei tre vincitori del concorso Vota la tua fotografia preferita. Ricordo che ai tre fortunati verrà regalata la fotografia per la quale hanno votato, nel formato dell'esposizione e sulla stessa carta pregiata. I nomi saranno resi noti sulla pagina Facebook di SpazioReale e sulla stampa (anche su questo Blog).

Nelly e il resto della vita.

SpazioReale 4.11.2012

SpazioReale 4.11.2012

A SpazioReale c'è ancora il prossimo week-end per visitare Il resto della vita (l'esposizione chiude l'11 novembre alle ore 18.00). Grande, davvero molto grande l'affluenza di pubblico, da tutta la Svizzera italiana e non soltanto. Ho profonda riconoscenza verso chi dimostra, così facendo, interesse verso il mondo e i destini degli altri che con i nostri si incrociano.
Alla ricerca, io stesso, ancora, di che cosa possa davvero contenere, significare il titolo Il resto della vita, trovo, rileggendo qualche testo della poetessa tedesca Nelly Sachs, questa indicazione di scavo:

SCHMERZEN SINGEN

Tote und Lebende begegnen sich im Äussersten

Eine Stimme sagt:
Welt klopft in meinem Puls - trinkt -

Andere Stimme sagt:
Was klopft - was trinkt
ist Hinterlassenschaft -

Hinterlassenschaft: ciò che "ci lasciamo dietro". La nostra scia. La nostra traccia. O il nostro disfarci di una zavorra. Il nostro alleggerirci, per diventare essenziali.  Per essere pronti ad affrontare il "resto della vita" come qualcosa che è vita per davvero. Davvero vita. Cerchi un senso e ne trovi infiniti altri ad attendere di essere esplorati e messi alla prova. Ecco, forse questo: il "resto della vita" come un mettersi alla prova. E molto altro ancora. Molto. 

Parola per parola.

A richiesta di molti lettori e lettrici del blog pubblico nella sua integralità l'articolo apparso sabato 3.11 nel Senso del Taccuino. Così sappiamo tutti di cosa parliamo. Eccolo:


Quella guerra pulita che piace all'Occidente.

In guerra l’essere umano diventa trasparente. Lo puoi osservare. Leggere. Lui lascia fare. In una situazione normale, di pace, uno ti direbbe: “cos'hai da guardarmi, toglimi gli occhi di dosso”. In guerra lo sanno tutti che non c'è nulla da nascondere. Puoi dissimulare, mentire, manipolare: nasconderti, no. L'uomo trasparente non è più calato dentro una società le cui regole era abituato (chi più chi meno) a rispettare, a fare proprie, a dare per scontate. L'uomo trasparente non ha più legge: in guerra non c'è una legge da rispettare o da fare rispettare. L'uomo trasparente è l'immagine più realistica che riusciamo a cogliere con gli occhi: immagine di noi stessi. Quella che rincorriamo e ricerchiamo nei libri di storia, in quelli di filosofia, nella finzione, nei polizieschi, nelle trame d'amore e d'avventura, nell'orrido, nei serial killer. Cerchiamo, tutti, questa trasparenza degli altri nei quali scoprire, riconoscere e accettare (ma questo è un passo ben più arduo) noi stessi. Eccolo li', davanti a noi, l'essere umano improvvisamente ridotto ai termini minimi della sua esistenza. La guerra è la manifestazione dell'estremo che si esprime non nelle categorie a noi (fin troppo) care del bene da una parte e del male dall'altra, utilizzate per disinnescare l'ordigno che abbiamo dentro. La guerra genera la sovrapposizione spaziale e temporale dell'estremo: il bene e il male fusi insieme dentro la stessa persona nello stesso istante. In guerra osservi individui compiere atti di annientamento totale dell'altro; e vedi individui incarnare azioni di dedizione assoluta all'altro. Capita – terzo e ultimo e più imbarazzante scenario – di vedere lo stesso individuo fare entrambe le cose. Come la mettiamo?

Sulla guerra esiste una abbondante letteratura: da Omero ai reporter contemporanei. Mi sono portato due libri in valigia, di Anthony Loyd (The Times) e Chris Edges (New York Times e altri). Titoli (traduco dall'inglese): “La mia guerra è finita, mi manca tanto” e “La guerra è una forza che dà senso alla nostra vita”. Ohohoh. Spalancano entrambi una finestra che dà su una voragine. Il baratro senza fine che è la condizione umana. Lo fanno scegliendo un titolo che volutamente evita la fin troppo scontata deprecazione della guerra. Al contrario: ammettono di essere soggetti a una forma di dipendenza, che nei loro volumi spiegano con dovizia di particolari. Nessuno dei due ne parla, ma dalla lettura si conclude che la dipendenza non è generata dall'adrenalina, dal sangue, dalla brutalità, dai macelli dell'ex Jugoslavia, del Sud America e del Medio Oriente. Troppo facile: significherebbe ribadire un cliché senza fondamento. Credo invece, da una ottica mia, che si tratti di dipendenza nei confronti dell'uomo trasparente che la guerra rivela.

Incontro due ragazzi siriani, con lo stesso nome: Mustafa. Mustafa numero uno mi confida, senza giri di parole, che agli Alawiti (sciiti della stessa setta religiosa del presidente Assad) va tagliata la testa. E che gliela taglieranno, perché hanno vissuto per quarant'anni a spese dei sunniti. Il ragazzo, che è stato torturato brutalmente dal regime (“i miei organi genitali sono stati massacrati”), spiega che combattere, per lui, significa sacrificarsi per la libertà e i diritti di tutti. Un tagliagole democratico? L'altro Mustafa mi spiega che, quella siriana, è una guerra di religione: l'obiettivo è la costruzione di uno stato islamico. Continua, tuttavia, aggiungendo che è anche una rivoluzione dei poveri contro i ricchi, degli sfruttati contro gli sfruttatori. Estremista islamico o Robin Hood?

Ho l'impressione che questi ragazzi siano capaci di tutto: dell'atto più efferato così come dell'azione più altruistica. Che cosa li ha messi in questa posizione? Il loro passato (breve: hanno 20 anni), la propaganda, l'indottrinamento? Forse. E' stata, soprattutto, la guerra. Quella vera, non quella che ci piacerebbe venisse combattuta. La guerra sporca, sanguinaria, crudele e terribile. Non quella a cui chiediamo di rispettare (di incarnare, addirittura) le regole della ragione e della pietà, di rispettare la legge. Per tornare ai libri di Hedges e Loyd: descrivono la guerra com'è, un assordante, terrificante scatenamento. Questa è la guerra. Il resto, tutto il resto, è come ci piacerebbe che fosse, come ci fanno credere che possa essere: regolata, quasi pulita, rispettosa, intelligente, onesta. Umana. Sì: umana. Se qualcuno mi chiedesse qual è la bugia più clamorosa prodotta dall'epoca post-moderna, risponderei: la balla della guerra umana. Meglio: l'idea che ci possa essere una guerra umanamente accettabile. Anzi, tolgo i congiuntivi: l'idea che c'è una guerra accettabile e una, invece, che non si puo' accettare. Una guerra guardabile e una inguardabile. Una guerra legale e una illegale. Quindi, da perseguire con la legge.

Lo scrivo: sono contrario alla Commissione d'inchiesta dell'ONU sui crimini di guerra e contro l'umanità commessi in Siria. E per spiegarmi la faccio breve. Sono contrario perché: 1. Una commissione di questo tipo nasce dal presupposto sbagliato: che ci siano o possano esserci guerre combattute senza commettere crimini (solitamente sempre “le nostre”, mai quelle degli altri). 2. E' un'iniziativa parziale e frettolosa: il mondo è stato a guardare le prime espressioni pacifiche della rivoluzione in Siria senza fare nulla, anzi, sperando che il regime di Assad ne uscisse indenne. Abbiamo messo in dubbio, dall'inizio, l'autenticità dei filmati che provenivano dalla Siria, con un marchio quasi infamante: “non possiamo garantirne la veridicità”. Come dire “sono arabi, non ce la raccontano giusta”. Abbiamo lasciato che, in Siria, la gente precipitasse nel baratro, ben sapendo quali sarebbero stati gli scenari a venire. A guerra (a macello) in corso, decidiamo quindi di metterci una pezza: così una guerra non si combatte, signori, non va bene, state esagerando, ci date fastidio e vi puniremo. 3. Il mondo, in Siria, c'è dentro fino al collo. L'Occidente, il Medio Oriente, l'Oriente. Ci siamo dentro tutti. Ciascuno con la propria interessata visione di quello che verrà. Ciascuno con le proprie bugie. E le proprie armi. Da piazzare. Da vendere. Con i fondi da stanziare (ai ribelli, al regime). E le parti da sponsorizzare.

Anche la Svizzera ci mette la sua, di pezza. In Siria si lanciano granate a mano prodotte nella Confederazione. L'Inchiesta federale ha concluso – poteva andare diversamente? - che erano state vendute in buona fede agli Emirati Arabi Uniti (l'avete data, da Berna, un'occhiata alla situazione dei diritti umani negli Emirati?) e che chissà come ora esplodono e fanno a pezzi la gente in una guerra vera. Il detersivo lavapiùbianco elvetico (prestato alla comunità internazionale salita sulle barricate di un riscoperto umanesimo) si chiama Carla Del Ponte. La sua missione, svolta a fianco di tre colleghi, parte condizionata da troppe zavorre. Da un “adesso arrivo io” fuori posto e stonato di fronte al massacro in corso, una febbre della ribalta celebrata, senza riserve, dalla stampa (ho sentito paragoni quasi biblici, mi auguro che la signora Del Ponte abbia provato imbarazzo). Dal coinvolgimento attivo sullo scenario siriano di buona parte dei paesi che sponsorizzano la Commissione d'inchiesta ONU. Dal silenzio dell'ONU e del mondo su troppe altre guerre etichettate come “giuste” o “legali”, al punto da ignorare i massacri compiuti dai soldati occidentali, dai paramilitari delle ditte di sicurezza straniere (contractors), il cieco pressapochismo dei droni (aerei senza pilota) in Iraq, Pakistan, Afghanistan, Yemen, eccetera. E, per finire, dalla convinzione opportunista e ipocrita che ci possa essere (ci sia, “c'è!”) una guerra che non sia un crimine contro l'umanità. Una guerra fatta come si deve. Pulita. Organizzata. Accettabile.

sabato 3 novembre 2012

Delitto e castigo.

Un bossolo di munizione nel nord della Siria / (c) 2012 weast productions

Mi fa piacere che il mio Taccuino di oggi stia suscitando reazioni e riflessioni (mail, telefonate...). Suggerisco, per chi ne ha desiderio e interesse, di seguire la discussione che, indipendentemente dall'articolo (ci mancherebbe), da DENTRO LA SIRIA si sta animando su Twitter attorno all'argomento "crimini di guerra".  Propongo a chi raccoglie l'invito di seguire @tweets4peace e, cercando nei suoi followers, di allargare la rete. Da dentro una guerra, che significato hanno delitto e castigo? Risposte molteplici. 

venerdì 2 novembre 2012

Il senso del taccuino.

(c) 2012 weast productions / gg.



Domani, 3.11,  Il senso del taccuino, sulla Regione, si arrabbia: Quella guerra pulita che piace all'Occidente.

In guerra l’essere umano diventa trasparente. Lo puoi osservare. Leggere. Lui lascia fare. In una situazione normale, di pace, uno ti direbbe: “cos'hai da guardarmi, toglimi gli occhi di dosso”. In guerra lo sanno tutti che non c'è nulla da nascondere. Puoi dissimulare, mentire, manipolare: nasconderti, no. L'uomo trasparente non è più calato dentro una società le cui regole era abituato (chi più chi meno) a rispettare, a fare proprie, a dare per scontate. L'uomo trasparente non ha più legge: in guerra non c'è una legge da rispettare o da fare rispettare. L'uomo trasparente è l'immagine più realistica che riusciamo a cogliere con gli occhi: immagine di noi stessi. Quella che rincorriamo e ricerchiamo nei libri di storia, in quelli di filosofia, nella finzione, nei polizieschi, nelle trame d'amore e d'avventura, nell'orrido, nei serial killer. Cerchiamo, tutti, questa trasparenza degli altri nei quali scoprire, riconoscere e accettare (ma questo è un passo ben più arduo) noi stessi.

venerdì 26 ottobre 2012

Carla in Siria e Dio senza lavoro.

(c) weast productions / gg
Sto meglio. Mooolto meglio. Ho tirato il fiato. La signora Carla del Ponte non entrerà in Siria. Non ora. Non attraverso il reticolato turco, non calcando la terra di nessuno, non a bordo di una Nissan dell'82 guidata da un tizio che fino a ieri faceva il meccanico e oggi chi lo sa. Sono sollevato. Mi ero detto: vuoi vedere che, determinata com'è a fare luce sui crimini della guerra, mi va in Siria come ci andiamo noi giornalisti? Con addosso due stracci, senza biancheria di ricambio, scarponcini e pantaloni con le tasche laterali, una macchina fotografica al collo, accompagnati da uno che ha la faccia di Jack the Ripper? Scherziamo? Cosa vuoi che vedano, che ci capiscano, che riescano a documentare dei poveri fessi che non hanno nemmeno l'aria condizionata, la doccia, la scorta, le palle e che si fermano a parlare con i profughi, che ascoltano i guerriglieri, che bisbigliano con i civili, che passano ore sotto il sole per capire come stanno le cose, che fanno la fila per il pane con la gente in un villaggio sotto le bombe, che osservano i ragazzini sparare alla cazzo appesi al Kalashnikov? Sto meglio perché so che quando (quando) andrà in Siria ("quando viaggerò lassù". Scusi: lassù dove?) spera di "ottenere la protezione necessaria". Da chi? Governo, ribelli? Vittime, carnefici? L'importante è che sia protetta.
Sto moooolto meglio rassicurato dal fatto che la signora non giudica la sua ipotetica futura missione in Siria un rischio personale in più. A lei che ne corre "già tanti", vuoi mettere, la Siria un baffo le fa. Mi fa piacere e mi fa stare meglio sapere che la signora Del Ponte sia consapevole che in Siria si combatte ancora. Che c'è la guerra. Calma e gesso. Aspettiamo la pace. Una tregua. Un invito ufficiale. Pero' non molli, signora, insista con Damasco. Parole sante le sue: quando dice (cito dalle agenzie senza virgolettare) che in Siria le sembra di constatare gli stessi crimini commessi in Ruanda e nell'ex Jugoslavia, ha perfettamente ragione. Glielo garantisco. Sotto ogni aspetto, anche il meno pensabile. E' la guerra. L-a g-u-e-r-r-a. Mai vista una che possa essere combattuta senza commettere crimini contro l'umanità? Mai vista una guerra che non sia un crimine? Una resa dei conti? Un macello? Lei proviene, signora, da un paese che produce granate utilizzate in Siria. Okay, l'inchiesta ha stabilito che non gliele abbiamo mandate noi. Non direttamente. Sono andate negli Emirati Arabi Uniti e poi in Giordania. E poi in Siria. Magia. Se posso permettermi: non lo dimentichi, le regalerebbe quel tocco di eleganza in più. Gli arabi (non so se li conosce) non sono fessi.
A me spiace che non lascino entrare la Signora in Siria. Non sono modi. Non si fa. Non con una donna. Non con una Svizzera. Non con Lei. Proposta: ci andiamo insieme? Ramina, terra di nessuno, niente cambio di biancheria, niente scorta. Soltanto un taccuino, una Nikon, un autista con la faccia da bandito e un interprete che la sa lunga. Dimenticavo: non ci sarebbero le telecamere della stampa internazionale.
Epilogo: sto moooolto meglio dopo avere ascoltato una collega definire il lavoro della signora Del Ponte quello di "indagare sulle peggiori esazioni commesse dall'uomo". Da oggi, Dio è senza lavoro.


giovedì 25 ottobre 2012

Ancora una, poi mi tuffo nel mondo.

(c) 2012 weast productions / gg


Incontro con Gianluca Grossi


giovedì 25.10.2012 
20.15  

Sala patriziale
Lodrino 

Gianluca Grossi, noto giornalista, freelance reporter, cameraman e fotografo affronterà il tema:
"Forme di resistenza al potere e di denuncia nella testimonianza di un giornalista di guerra"
La serata è promossa dall'Associazione Amici di Giovanni Bassanesi.

Desidero ringraziare gli organizzatori e il pubblico. Grazie. 



sabato 20 ottobre 2012

Voglio conoscere la storia vera.

(c) 2012 weast productions


Qui di seguito le mie storie suggerite da questo muro e dal mistero della prima scritta (che è stata cancellata) e della seconda che la ripropone (ma tre anni dopo). Chi l'ha scritta? Chi è Jessica? Cerco entrambi, per raccontare la loro vera storia. Qualcuno mi aiuta a trovarli? La scritta si trova a Minusio. 

Aggiornamento del 21.10

I lettori suggeriscono anche altre ipotesi di lettura, ad esempio:

Jessica ha cancellato la prima scritta perché non ne voleva sapere di chi l'ha sprayata sul muro. Okay, ma allora perché non cancellare anche la seconda, quella del 2011?

Qualcun altro fa notare l'assenza del nome di chi l'ha scritta. Interessante: potrebbe darsi che il nome fosse cosi' ovviamente noto a Jessica da renderne l'esplicitazione superflua. Oppure.... oppure l'autore della scritta (credo ancora che si tratti di un lui) non osava manifestarsi. O, ancora, siamo di fronte a un caso di stalking, e questa sarebbe davvero una storia brutta e quindi (per il momento) non ci voglio pensare).

Questo è il Senso del taccuino del 20 ottobre (pubblicato nella Regione).

Jessica è entrata nella mia vita. Stiamo insieme da due giorni. Ci siamo incontrati a sessanta all'ora. Io ero in macchina. Jessica era sui pannelli di legno che circondano un cantiere, una costruzione rimasta a metà. E' stato un colpo di fulmine: ammesso che ci si possa prendere una cotta per una scritta. Io l'ho presa. Jessica è un nome scritto allo spray. Scritto. Cancellato. Riscritto. Guardiamo la fotografia, per capire e chiarire i fatti. Al muro di legno sono state consegnate (con data)
due frasi. La prima: Sei la mia vita! Jessy ti amo! Per sempre insieme! 26.02.2008. La seconda scritta dice: Ti amo da morire Jessica. Per sempre insieme. Vita mia! (punto esclamativo gigante). E' stato aggiunto un cuore. Data: 01.08.2011. La prima scritta è stata cancellata a colpi di spray, la seconda è intatta.

E' impossibile passarci davanti e tirare dritto. La realtà spalanca le sue infinite distese da attraversare a mille allora con la fantasia. Alla ricerca della vita di Jessica e di chi ha scritto queste due frasi. Siamo a Minusio. Non su una strada di New York, non in un quartiere di Londra, non a Parigi, non a Milano, dove i muri sono pagine che ti fiondano dentro viaggi misteriosi. Eppure, questo muro nostrano fa la stessa cosa: ci consegna una storia d'amore e ci chiede di raccontarla. Ciascuno a modo suo. Attraverso di noi prende forma la trama complessa, incandescente, combattuta, guerresca della storia di Jessica. Ah, l'amore.
Raccontero' la mia trama, anzi trame: ce n'è piu' di una. La realtà non è mai quella che vedi.

Prima trama. Il mistero: perché la dichiarazione d'amore del 2008 è stata cancellata e riscritta tre anni dopo? Nel 2008 Jessica veniva chiamata Jessy. Spesso le storie d'amore iniziano cosi': con un diminutivo, un intervento sul nome. E' quasi una rivendicazione di proprietà o di appartenzenza. Cotto perso per la ragazza, l'innamorato ha inventato (“che testa”) il nomignolo, ha comperato una bomboletta di spray e ha ufficializzato la relazione con Jessy: sei mia e ora lo sanno anche i muri. Nel 2011, nuova bomboletta per due operazioni: l'innamorato cancella la scritta del 2008 (“sei la mia vita”) e ne scrive una nuova, aggiungendo una colorazione (melo)drammatica: “ti amo da morire”. O forse è una minaccia amorosa? Perché scomodare, a tre anni di distanza, la coppia di amore e morte, Eros e Thanatos? Qualcosa, forse, si stava guastando nella storia fra Jessy e il suo innamorato. Che ora la chiama Jessica: la ragazza è cresciuta e forse ha messo su qualche chilo. Col tempo, l'amore si porta via anche i diminutivi. Lui torna al muro che per primo aveva riverberato questo amore, calca la mano (e lo spray) e consegna agli occhi di tutti la supplica rivolta alla sua compagna: non andartene, perché io ne morirei (mi senti, Jessica, mi senti?). Lei, probabilmente, aveva smesso di ascoltare e se n'era già andata quando ancora si sentiva chiamare Jessy (“che palle!”).

C'è un'altra trama. Jessy è passata nella zona di gravità amorosa di un altro fra il 2008 e il 2011. Lui, quello nuovo, la chiama Jessica. E Jessica, pur essendo piu' vecchia di tre anni, continua ad avere un debole pazzesco per gli uomini che sanno urlare il proprio innamoramento ai quattro venti e soprattutto scriverlo sui muri dei cantieri. Lui, a conoscenza della vecchia scritta (una soffiata furba di Jessica, attizzatrice), compera uno spray e la cancella. Fa terra bruciata attorno a Jessica, le brucia persino il passato. Il presente è la nuova scritta (la sua!) datata 2011. I maschi amano competere e esagerare. Se l'altro (il primo spasimante di Jessica) aveva scritto “sei la mia vita”, questo (quello nuovo) si supera: “ti amo da morire”. Vuoi mettere?

Mi viene un dubbio. E se fosse stata Jessy diventata Jessica a cancellare la prima scritta? Terza trama. La quale prevede due possibilità. Jessica non sta piu' né con l'autore della prima scritta, né con quello della seconda (“bastardi”). Ha cancellato la prima versione, ma ha esaurito lo spray per la seconda. Il tempo ha addolcito il dolore e Jessica ha lasciato perdere l'operazione oblio sulla seconda dichiarazione. Oppure – altra possibilità – Jessica è sempre legata al secondo innamorato, quello pronto a morire per tanto amore, e quindi la scritta se ne sta ancora li'. Mi convince meno.

Quarta ipotesi narrativa di questo infiammato amore. Jessy aveva tradito il primo amoroso facendolo soffrire come mai avrebbe pensato di soffrire in vita sua (“come una bestia”). Lui, infuriato, è corso al muro e ha cancellato la scritta. Tre anni dopo, la ragazza si rende conto di avere perso un tesoro di compagno. E cosa fa? Torna al muro e riscrive (quasi alla lettera) la frase originale. Lancia, cosi' facendo, un messaggio: ho sbagliato, ma credo ancora nel nostro amore.
Si firma Jessica: come a dire: sono sempre la tua Jessy, ma sono cresciuta. Non lo so, anche qui qualcosa non mi convince.

Quinta ipotesi: Jessy, diventata Jessica, ha lasciato il primo autore della scritta e pure il secondo. Oggi sta con un altro compagno (“sembrano fatti l'uno per l'altra”) che probabilmente la chiama Jes, Jessina, Jessichina o glucosio simile (gli uomini sono maestri nell'affibbiare nominogli kitsch alle proprie compagne). Visti i tempi che corrono e sicome i maschi sono fatti uguali, Jessica ha voluto che restasse ben leggibile sul muro la scritta del 2011. Un monito, un avvertimento all'amore nuovo: se tiri la corda, se svolazzi vicino alle altre, io (“iiiio”) ti ricordo che nel 2011 uno che impazziva per me ce l'avevo. Anzi, mi amava da morire. Potrebbe continuare a farlo anche oggi. Se è ancora vivo.

C'è un'ultima congettura di racconto. Jessy è sempre pazzamente innamorata del suo primo compagno (autore della prima scritta), il quale, nel 2011, le ha rinnovato il proprio amore con una nuova dichiarazione, attualizzandola con il gesto plateale del cancellino sulle vecchie parole, ormai giudicate insufficienti per davvero esprimere i sentimenti che lo calamitano a Jessica. Jessy è diventata la sua donna ufficiale, quindi è giusto chiamarla Jessica. Insieme hanno deciso di trasformare la dichiarazione intima di questo amore nel tatuaggio pubblico della loro passione. Che è davanti agli occhi di tutti.
Come staranno le cose per davvero? Dovremo attendere il 2014 per scoprire un nuovo colpo di spray occultatore o per leggere una nuova scritta sul muro di Minusio. Se ci sarà ancora. Il muro. E l'amore fra Jessica e l'altro. Io, con lei, con Jessy-Jessica, ci sto soltanto nella fantasia con cui la realtà ci chiede di essere guardata.


venerdì 19 ottobre 2012

Colpi di fulmine. E di spray.

Nella Regione di domani, sabato, appuntamento con "Il senso del taccuino": L'amore è un colpo di fulmine. E di spray.

mercoledì 17 ottobre 2012

Quando si dice amore.



(c) 2012 weast productions

(c) weast productions

Due dichiarazioni d'amore: scritte allo spray su un muro vicino a Locarno. Foto di oggi. Ho spinto sui freni subito, appena viste. Parcheggio, scendo, prendo il cellulare e scatto. Meraviglia. Quando la vita ti regala un film d'amore sulla strada e in mezzo al traffico. Una trama complessa, incandescente, combattuta, guerresca. Come l'amore. Vuoi mettere? Analisi dei fatti: una scritta è visibile, l'altra è cancellata. Cerco di capire. Le date sono diverse: 2008 quella cancellata, 2011 quella visibile. Identica, invece, la donna dei sogni: Jessy (cancellata), Jessica (visibile). La stessa, non c'è dubbio. Due possibilità. La prima: lo spasimante perdutamente innamorato si è comprato la bomboletta di spray alla prima cotta. Eravamo nel 2008. Nel 2011 la cotta brucia ancora e lui ricompera una bomboletta di spray e lo riscrive. Ma attenzione, qualcosa è cambiato: Jessy da un "sei la mia vita" è diventata una Jessica "ti amo da morire". Mmm. Se le cose stanno davvero cosi', qualcosa nella storia fra i due sta andando storto: lei si sta allontanando e lui calca la mano (lo spray): ti amo cosi' tanto che sono pronto (prossimo, prossimo, capisci? Mi sentiiiii?) a morire. Resta-quindi-ti-scongiuro-con-me-Jessica. Lei, probabilmente, se ne era già andata quando ancora si sentiva chiamare (che palle!) Jessy. Ecco perché, a questa lettura, preferisco la seconda. Quella, cioè, che vede Jessy passata nella zona di gravità amorosa di un altro fra il 2008 e il 2011. Lui, quello nuovo, la chiama Jessica: ha messo su qualche annetto anche lei (e forse anche qualche chilo), e quindi Jessica come nome le si addice meglio: non siamo piu' ragazzini! Resta pero' da capire chi abbia cancellato la scritta originaria, fondatrice, per cosi' dire, di questo amore conteso. L'innamorato di Jessy, quando si è visto battuto dal nuovo-innamorato-perso, oppure quest'ultimo nel tentativo di fare terra bruciata attorno a Jessica, di bruciarle persino il passato, quello amoroso, quello che Jessi-sei-la-mia-vita? Oddio, mi viene un dubbio: e se fosse stata Jessy diventata Jessica a cancellare la prima scritta e, fattolo con tanta cura, si fosse resa conto di avere esaurito lo spray, rinviando l'annientamento della seconda scritta al giorno dopo? Probabile, ma siamo nel 2012 e la scritta ancora visibile risale al 2011. Quanto impiega Jessica a comprare una nuova bomboletta di spray? Metti pure che lo cerchi dello stesso identico colore (è una che ci tiene al ton-sur-ton), un anno mi sembra tanto. E allora? Forse Jessy diventata Jessica sta ancora con l'autore della dichiarazione leggibile. Oppure, diventata - vado a caso - Jes, se ne starà con un altro, ma visti i tempi che corrono e conto tenuto che i maschi sono fatti tutti uguali, una scritta l'ha lasciata: come memento. Un monito, un avvertimento: stai attento, mio caro, che se tiri troppo la corda e fai il maranza, io nel 2011 uno che impazziva per me ce l'avevo. Anzi: mi amava da morire. Potrebbe continuare a farlo anche oggi. Se è ancora vivo. La realtà non si racconta mai abbastanza.

Ogni vostra parola.

Immagini da "Raccontami una fotografia", andato in scena al Teatro Sociale di Bellinzona il 16 ottobre 2012. Grazie al dottor Roberto Malacrida, all'artista Ivano Torre, a chi si è fidato di me e ha lasciato che fotografassi la sua vita. Grazie a chi mi scrive: assorbo ogni vostra parola. Grazie al pubblico del teatro.

(c) 2012 Manrico Pierangeli

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