Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

venerdì 30 dicembre 2016

Dentro Mosul.

Oggi sono riuscito ad entrare a Mosul, nel quartiere di Intisar (lo scrivo come si pronuncia), dove sono in corso violenti combattimenti fra le forze armate irachene e la milizia dell'Isis.

(c) 2016 weast productions
L'operazione è riuscita grazie alla capacità di negoziare del mio fixer Ghareeb. Ce n'è voluto di tempo al posto di blocco situato all'altezza della città di Bartella, da dove poi si prende a sinistra verso il fronte. Se ci siamo arrivati, al fronte, è anche grazie alla Polizia federale irachena, nella quale ci siamo "embedded": ieri, primo giorno della seconda fase dell'offensiva (la chiamano "push"), ci sono stati feriti e caduti fra le truppe di questa unità combattente. Uno dei feriti è il capitano Aqil, che ho conosciuto tre giorni fa.

Mentre ci dirigevamo verso la prima linea, sono comparsi civili in fuga.

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Spesso mi sento chiedere: come lavori? Mostro questa fotografia, per cercare di rispondere, in modo tuttavia incompleto.

(c) 2016 weast productions / Ghareeb Omar
L'Isis fa un grande uso di autobomba guidate da combattenti che scelgono il suicidio. Spesso, ma non sempre, vengono individuate e colpite dagli elicotteri e con razzi capaci di perforare l'armatura di cui sono ricoperte queste automobili. Quando esplodono le autobomba si alza una  nuvola di fumo bianco verso il cielo, come questa, sulla destra.

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Ho visto molti soldati iracheni prepararsi per andare in prima linea, a bordo di pick-up. L'impressione è che il morale sia buono.

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Le prime strade di Mosul: questa è una fra le tante scene registrate a bordo del veicolo sul quale viaggiavo.

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Una volta scesi, ci spostiamo lungo i muri, per evitare i cecchini, i mortai, il fuoco incrociato: potrebbero zampare fuori dalla loro tana come una bestia che vuole soltanto la tua pelle.

(c) 2016 weast productions / Ghareeb Omar
Dentro Mosul vedo una bambina e alcuni civili. Fuggiti da un altro quartiere. Nell'aria raffiche di mitragliatrice, colpi singoli, il sibilo dei razzi lanciati dagli elicotteri, il pugno che rimbomba dei mortai in batteria. L'essere umano si abitua anche alla guerra. C'è sempre un posto dove sembra essercene meno.

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Nel quartiere di Intisar, l'evidenza dei combattimenti, che infuriano.

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Chiedo al mio fixer Ghareeb di scattarmi una fotografia: è superstizione, senza dubbio, questione di uscire da Mosul come ci siamo entrati.

(c) 2016 weast productions / Ghareeb Omar
Gli sguardi delle persone incontrate: ti osservano chiedendosi perché uno decide di andare proprio lì, a Mosul. Sembrano ringraziarti: anzi, ti ringraziano. Per esserci, per fare compagnia, per confermare che sono vive, come se il tuo giubbotto antiproiettili potesse proteggere anche loro.

Uno decide di andare a Mosul perché è la sola cosa giusta da fare, in questa guerra. Guardarla in faccia, da dentro, da vicino, fino a metterle se non paura (la guerra non ha paura) perlomeno vergogna. Ecco: farle provare vergogna.

Racconterò Mosul in un reportage che La Regione pubblicherà il prossimo 2 gennaio. Le fotografie che ho scattato oggi troveranno invece una destinazione diversa, di cui vi informerò.

Grazie al capitano Bassam, al capitano (ferito) Aqil, al tenente Haidar e ai loro uomini Hussein al Garabi, Ayad, Walid e Salem.


giovedì 29 dicembre 2016

La guerra ha ripreso il suo pasto: senza fretta.

Questa mattina è iniziata la seconda offensiva su Mosul. Il comandante dell'unità con la quale mi trovavo, insieme al mio fixer e a un giornalista di un quotidiano britannico, non ci ha permesso di andare al fronte: "Troppo casino".

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Tuttavia, sono riuscito a vedere giovani soldati mettere al collo gli uni agli altri le targhette con il nome e il gruppo sanguigno: quelle che se muori sul campo di battaglia ne staccano una metà e la portano alla famiglia.

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Ho visto un altro soldato, che indossava una sciarpa "fuori luogo": chi gliel'avrà regalata? Sicuro che e un portafortuna, per non lasciarci la pelle.

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Ho visto un ragazzo, un paramilitare o qualcosa di simile, prendere in braccio una bambina fuggita, insieme alla sua famiglia, da Mosul.

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Per strada, molti civili, in fuga dai quartieri orientali della città.

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Queste persone trovano posto nei campi profughi, cresciuti nel deserto come immaginarie colonie su Marte: le tende bianche mandano luce. Descriverò in un'altra occasione questi campi.

Ho visto una madre con in braccio suo figlio disabile. Mi ha scambiato per un medico (sperava che fossi un medico). Le ho mostrato le macchine fotografiche: "Signora, mi spiace, sono soltanto un giornalista".

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Una bambina di nove anni, chiamata Farah, stava seduta su una sedia a rotelle. Suo padre, Mohammed, mi ha spiegato che ha un cervello piccolissimo: non parla, non capisce, il suo corpo è torturato dagli spasmi. Sorride, fra una involontaria smorfia patita e l'altra.

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In fuga, anche Farah, dalla guerra. Che ha ripreso il suo pasto, lentamente, senza fretta.





martedì 27 dicembre 2016

Un fondo senza fondo di paura.

Il fronte sudorientale di Mosul è fatto di aria spaccata dalle raffiche delle 50 millimetri dei mitraglieri iracheni.

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Non è un fuoco continuo: è un fuoco a tratti, diretto contro le posizioni dell'Isis. Stanno faccia a faccia, con i binocoli si guardano negli occhi. Un soldato dice: "Che ci guardino il culo".

(c) 2016 weast productions

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Il primo tenente è in piedi dietro a un muro. Per raggiungere la parte opposta della strada è necessario correre: i cecchini dell'Isis non aspettano che di impallinare qualcuno. Mi metto a correre, dietro il mio fixer, un ragazzo di 30 anni. Penso: a niente. La guerra comincia a scorrere nelle vene. Attraversa anche Hussam, il cameraman di una TV irachena.

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Si mette a girare la torretta della mitragliatrice montata sull'Humvee parcheggiato su questo lato della strada. Prende a cantare. I bossoli cadono a terra come denti marci. Mandano un filo di fumo per qualche istante ancora e sono morti.

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Se fosse soltanto una cosa fra soldati, fra addetti ai lavori, la guerra potrebbe anche andare. Anche se non va via l'espressione del giovane soldato iracheno, incontrato un'ora prima, a capo chino, intento a pensare se questa sera sarà ancora vivo. Si spara e si bombarda lungo questa striscia di fronte. L'Isis, dicono i militari iracheni, usa droni con appese delle bombe. Il fronte sembra statico, molto statico. La guerra non potrà mai essere una cosa da addetti ai lavori. Non lo è nemmeno oggi: i soldati iracheni portano in salvo un gruppo di civili, fuggiti da Mosul poco prima.

(c) 2016 weast productions

(c) 2016 weast productions
Sono fuggiti attraversando un corso d'acqua, gli adulti sono bagnati fino alla vita, i bambini no, sono stati portati in braccio. Bambini e bambine. Senza parole.

(c) 2016 weast productions
(c) 2016 weast productions

























Hanno uno sguardo con dentro qualcosa, sempre la solita cosa che provoca la guerra: un fondo senza fondo di paura. Scatto fotografie e scatto fotografie. Una dopo l'altra. Suonano come raffiche di mitragliatrice, confuse alle altre. 

lunedì 19 dicembre 2016

Premio Lavezzari.

© 2016 weast productions / Il mio casco

Ringrazio sentitamente la Fondazione Iside e Cesare Lavezzari di Chiasso per avere creduto che il mio lavoro meritasse il Premio massimo 2016. Lo dedico ai colleghi, e fra di loro ai molti amici, che hanno dato la vita per raccontare il mondo e le guerre.

Lo dedico a chi la vita, nelle guerre, me l'ha affidata, messa nelle mani affinché la raccontassi.

Lo dedico a chi è al mio fianco (c'è sempre qualcuno al nostro fianco) quando osservo il mondo.

Lo dedico a mia madre Gemma e a mio padre Plinio, chissà dove sono, ora.

Lo dedico a tutte e a tutti voi, che seguite il mio lavoro con costanza e impegno (anche con affetto, che contraccambio), dando a questo mestiere il senso della resistenza nei confronti delle versioni appiattite del mondo. Raccontare la realtà è un atto di resistenza.

Vi aspetto per l'evento ufficiale il 15 gennaio 2017 al Cinema Teatro di Chiasso, ore 11.00 puntuali, mi raccomando, minuto più, minuto meno. Porterò nuove immagini dal viaggio che mi appresto a compiere.


sabato 17 dicembre 2016

Domenica dal Libraio.

© 2016 weast productions
Domani, 18 dicembre, vi aspetto alla Libreria Dal Libraio nella città vecchia di Mendrisio. Dalle 16.30 alle 18.00 avrò il piacere di autografare e dedicare Il senso del taccuino e Infiniti passi.

Intanto, grazie a tutte le persone che oggi sono passate alla Locarnese. Date un senso al mio lavoro.


Libreria Locarnese

© 2016 weast productions
Oggi, dalle 15.30 alle 17.00, sarò alla Libreria Locarnese, a Locarno. Con piacere firmerò e dedicherò Il senso del taccuino e Infiniti passi. Vi aspetto.

venerdì 16 dicembre 2016

Il senso del taccuino.

© 2016 weast productions / riproduzione vietata di testo e immagine

Domani nel Senso del taccuino sulla Regione: "La realtà della realtà". Qui di seguito il consueto estratto:

È in circolo la tentazione di retrodatare ciò che sta accadendo ad Aleppo. È una debolezza giornalistica, ma anche umana: Aleppo come Stalingrado, Sarajevo, Srebrenica. Andrebbero bene anche Gaza, Beirut, Sana'a oppure Falluja. Andrebbe bene, anzi: andrebbe meglio il bombardamento di Dresda, 1945. La metafora, oltre che a servire da macchina del tempo, allontana nello spazio ciò che in queste ore sta succedendo nella città siriana. È un'astuzia generata dal nostro istinto di sopravvivenza: nella difficoltà di accettare il fatto che, oggi, possa ancora accadere questo, tendiamo a rimuovere la data con il fine di produrre, attraverso il paragone con eventi storici precedenti, uno sfasamento fra l'accadere della realtà e la nostra esistenza. C'è, tuttavia, qualcosa di illuminante in questa rimozione: è il senso della Storia. Per quanto sia superficiale e di comodo, il paragone con i disastri e le catastrofi del passato ci aiuta a inserire ciò che oggi sappiamo di Aleppo in un già visto e già conosciuto copione. Non dovrebbe, quindi, suscitare sorpresa. C'è qualcosa di consolatorio nella cronaca relativa ad Aleppo: non sono all'opera extraterrestri determinati a distruggere la Terra. All'opera è l'essere umano. La distruzione è provocata dall'essere umano. La morte è portata dall'essere umano. L'assenza di pietà è dichiarata dall'essere umano, e quel poco eventualmente di pietà che resta è pure umano. Significa, tutto questo, che non dobbiamo inventarci un linguaggio per parlare con invasori sconosciuti: l'essere umano è all'opera. Questa consapevolezza ci dovrebbe consolare: sappiamo chi abbiamo di fronte. Siamo confrontati con noi stessi.

mercoledì 14 dicembre 2016

Ci vediamo in Galleria.

© 2016 weast productions
Domani sera, giovedì 15 dicembre, vi aspetto nella Galleria Benedettini a Bellinzona. La Libreria Casagrande vi invita a un evento fatto di immagini (proiettate all'aperto) e di parole: per scoprire Il senso del taccuino e per farci un giro insieme dentro la vita. Da Aleppo a Zurigo, da Kabul a Bellinzona. Dalle 18.00 in poi, con vin brulé offerto a tutti. Avrò il piacere di essere introdotto da Matteo Caratti, direttore de laRegione, editrice del volume che firmerò, per chi lo desidera (disponibile anche Infiniti passi, Salvioni Edizioni). Ci vediamo in Galleria.

© 2016 weast productions

sabato 10 dicembre 2016

Domani ci vediamo alla Ecolibro.

Grazie per tutte le riflessioni che mi avete consegnato ieri sera alla libreria Il Segnalibro a Lugano e oggi, a Bellinzona, presso la libreria Taborelli. Grazie, anche, alle librerie che mi hanno ospitato.

Mi date di brutto la forza di continuare a raccontare il mondo e di credere che valga la pena metterci la vita, idem di brutto. Vi sono molto riconoscente, ok?

Libreria Taborelli, Bellinzona

Libreria Il segnalibro, Lugano
Domani, domenica 11 dicembre, ci vediamo, se lo vorrete, alla libreria Ecolibro a Biasca. Per firmare la novità, Il senso del taccuino, e Infiniti passi. Dalle 15.00 alle 17.00. Vi aspetto con grande piacere.

In attesa di comunicarvi una novità. Che non è libraria, ma riguarda il mondo e come lo raccontiamo e guardiamo. Come lo mostriamo. E come lo mostrerò. Dal vivo. A fra non molto. 

venerdì 9 dicembre 2016

Il sabato del Taccuino.


Domani, sabato 10 dicembre, avrò il piacere di firmare il volume Il senso del taccuino (e per che lo desidera anche Infiniti passi) presso la Libreria Taborelli a Bellinzona. Dalle 10.00 alle 12.30.
Vi aspetto con grande piacere.

Grazie a Laura: mi ha inviato la fotografia che, per gentile concessione, pubblico qui sopra.


mercoledì 7 dicembre 2016

Se trovate il tempo. E se vi va.

© 2016 variante visual communication

Se trovate il tempo e se vi va, venerdì 9 dicembre vi aspetto presso la libreria Il Segnalibro a Lugano: dalle 17.00 alle 18.30.

Vi farò scoprire Il senso del taccuino, il mio nuovo libro e, se lo desiderate, lo autograferò con dedica.

© 2016 variante visual communication


© 2016 variante visual communication

Ci sarà anche Infiniti passi: da regalare oppure da leggere per la prima volta.

Ci vediamo in libreria. 

lunedì 5 dicembre 2016

Ci vediamo in libreria.

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AGGIORNATO CON NUOVE DATE!

Avrò il piacere di incontrare i lettori e di autografare Il senso del taccuino (per chi lo desidera anche Infiniti passi) nel corso dei prossimi giorni. Ecco date e luoghi:

- venerdì 9 dicembre, Libreria Il segnalibro (Lugano), dalle 17.00 alle 18.30

- sabato 10 dicembre, Libreria Taborelli (Bellinzona), dalle 10.30 alle 12.30

- domenica 11 dicembre, Libreria Ecolibro, Biasca (Via S. Giovannini 6), dalle 15.00 alle 17.00.

- sabato 17 dicembre, Libreria Locarnese, dalle 15.30 alle 17.00

- domenica 18 dicembre, Libreria Dal Libraio, Mendrisio (Via Pontico Virunio 7), dalle 16.30 alle 18.00.

Serata speciale: giovedì 15 dicembre a partire dalle 18.00 siete cordialmente invitati alla presentazione del volume che si terrà nella Galleria Benedettini, presso la Libreria Casagrande, a Bellinzona. Proietterò all'aperto (in galleria, appunto) le fotografie contenute nel Taccuino e racconterò storie e avventure di cui scrivo. Disponibili posti a sedere. Avrò anche il piacere di autografare la vostra copia del libro. Sarà un'occasione per trovarci, discutere e bere insieme un vin brulé offerto dagli organizzatori.

Vi aspetto!

(Comunicherò qui altri eventi).

venerdì 2 dicembre 2016

Il senso del taccuino.

© 2016 weast productions / vietata la riproduzione di foto e testo.

Domani nel Senso del taccuino su laRegione: "Lo sguardo di ritorno". Leggerete di due fotografi, Hans e Giles, di due città, Berlino e Londra, e troverete anche un passaggio che fa (riportato qui con la funzione del "consueto estratto") così: 

La città non aveva più nulla da offrire. Era sfinita. Dentro i bicchieri restavano croste di aspirina, biancastre. E la bava secca delle Alka-Seltzer. A occhio e croce, chili. Le parole avevano lasciato pezzi, qui e là. Come se avessero fatto a pugni e fossero schizzate fuori dalle bocche, o sparpagliate come ossa rotte sui banconi dei bar, sui divanetti dentro ai privé. Persino dentro ai privé. Andiamo bene. Una Rattengemeinschaft, una comunità di ratti grassi e lucidi, si stava dando alla pazza gioia: sferravano finti attacchi suicidi contro i sacchi dell'immondizia. Creature strafatte della terrificante illusione di essere rimaste sole al mondo. La notte ci dava dentro: pompava del nero contro la luce gialla dei lampioni, i quali offrivano un'indifferente resistenza. La realtà aveva raggiunto un punto di sofisticato equilibrio: dietro le finestre delle case, i vivi facevano i morti, avvolti dentro coperte che avrebbero meritato una lavata, oppure abbracciati in combinazioni che avrebbero richiesto perlomeno un chiarimento, una discussione. E i morti? I morti erano morti, amen.
Il mio amico Hans scattò una fotografia e disse: «Schön»



martedì 29 novembre 2016

Una nuvola sulla vetrina.

© 2016 weast productions

Passare davanti alla vetrina di un caffè e vedere qualcuno, dopo il lavoro, che sta leggendo Il senso del taccuino. Ho dato un'occhiata da vicino, col fiato che uscendo dai miei polmoni trasformava il vetro in una nuvola opaca. Stava leggendo a pagina 15:

Il mentolo. Quello mai. Neanche con la bocca di una pistola spalancata davanti agli occhi. Guai a chi glielo toccava. Al mentolo non avrebbe rinunciato mai. Scorrono paesaggi. Non sono granché. Su, su, su: un po' di fantasia, un po' di vita, perdio. Dio? A questo punto il mentolo è ormai un ricordo. O quasi. Il paesaggio, oltre il finestrino dell'automobile, si è fatto insipido. Meno ancora, se possibile. Serve buona volontà per stare dietro a Dio. Oh, se serve.

Ecco: mentre la mia (forse prima) lettrice stava per voltare pagina, un istante prima che lo facesse, io avevo ormai svoltato l'angolo, lasciandomi dietro una nuvola di vapore forse troppo grande per passare del tutto inosservata. Buona lettura, se avrete interesse a scoprire qualche foglio del Taccuino