Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

venerdì 10 maggio 2013

Il senso del taccuino.

Domani nel Senso del taccuino sulla Regione: "A due passi dalla tua vita". La storia che ho raccolto bevendo un caffè e fumando una (più di una) sigaretta lungo il fiume, a Londra.
Qui di seguito il (solito) estratto:


Osservo il fiume. Si sta portando via i tetti dei grattacieli, le insegne delle banche. Si sciolgono nella luce che accumula la sera. Guardo la ragazza che mi racconta la sua vita nel centro di Londra.

Volevo lasciarmi alle spalle la guerra. Volevo lui. Vederlo, dopo tanto tempo. Starmene sola, con lui, parlare, ascoltarlo. Dirgli che avevo scelto lui e non quello che restava della nostra rivoluzione. Che volevo finire gli studi. All'aeroporto non c'era. A casa degli amici con cui mi aveva spiegato che abitava non c'era. C'era la stanza in cui aveva vissuto, quella che sarebbe toccata a me: “benvenuta fra di noi, tu devi essere La Pazza”. “Sono io. Lui dov'è?” “Beh, lui non abita più qui da un po' di tempo”. “Sarebbe?” “Si è sposato, non lo sapevi?” “Sposato?” “Sì, con la professoressa d'inglese. Ha trent'anni più di lui, ma lui non ha fatto una piega”. Non l'ho fatta neanch'io, capisci? Niente, zero. Anzi: mi sono messa a ridere. Davanti agli altri ragazzi. Poi, mi sono chiusa in camera, senza fretta, e ho scritto. Mi sono scritta una lunga lettera. Con il programma della mia nuova vita. Punto uno: ricordare sempre mio fratello. Due: chiamare papà e mamma una volta al mese e dire che gli studi di Medicina vanno bene. Tre: dimenticare lui e perdonare la professoressa d'inglese. Quattro: evitare nuovi casini. Quinto: ammettere di essere romantica, ma stare bene da sola. Sesto: fare il punto della mia vita raccontandola a un perfetto sconosciuto, un giorno.

1 commento:

  1. Sembra l'introduzione di un film.
    Alla quale vorresti fosse dato un seguito in immagini.
    Introduzione. Inizio. Ciak si gira.
    La ragazza siriana ed il reporter-giornalista.
    Seduti in riva al Tamigi.
    Lei si racconta.
    Lui l'ascolta.
    Custode delle sue parole.

    Dice bene GG quando afferma che - la realtà non la racconti mai abbastanza - .

    Quando leggo queste testimonianze, chiudo simbolicamente gli occhi e mi parte la mente.
    Immagino. Mi invento ...
    Immagino Hélène ad Aleppo ...
    E chi le ha mai viste Hélène ad Aleppo?
    Solo immaginazione.
    Immagino lei e suo fratello Antoine.
    La madre ed il padre.
    Le loro esistenze insomma.

    Una vita di ribelle per lei che si racconta.
    Incomprensioni famigliari.

    Poi l'arrivo della guerra.
    La morte del fratello Antoine.
    Un cannocchiale tenuto all'incontrario, per guardarci dentro ...

    La lacerazione. La partenza. L'Amore.
    Il sapersi raccontare.
    Una sorta di irrequietudine.

    Riusciremo mai ad immaginare veramente queste storie?
    Dare loro una collocazione temporanea e logistica?

    Forse no. Forse, giustamente, no. Non è necessario.

    Sarebbe probabilmente un po' come delegittimarle.
    Svuotarle del loro senso così intenso.

    Sarebbe come ferire più volte Hélène, La Pazza.
    Grandiosamente romantica.


    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.