Domani sulla Regione, nel Senso del taccuino, elogio del traffico incolonnato. Come ermeneutica dell'esistenza. Un estratto.
Sto per scrivere qualcosa che mi
procurerà qualche nemico. O mi farà passare per pazzo. Adoro finire
nel traffico incolonnato. Restarmene fermo dentro la mia gabbia
metallica trasparente accanto alle gabbie metalliche e trasparenti
degli altri. Mi piace rimanere incollato all'asfalto davanti a un
semaforo pigro che se la prende comoda, in mezzo a file di
automobili. Ho imparato a trasformare l'inquietudine, l'insofferenza,
la rabbia in sguardo. L'ho imparato da un amico costretto a vivere in
una megalopoli mediorientale. Un giorno, eravamo entrambi seduti in
un taxi prigioniero di un ingorgo. Avevo l'impressione di essere
finito tra le ganasce di una enorme tenaglia, immobilizzato dalla sua
stretta impassibile. “Invecchiate nel traffico”, avevo detto al
mio amico, che osservava dal finestrino le altre automobili ferme
accanto a noi. “Ti sbagli”, mi aveva risposto. “Nel traffico
viaggio con la mia mente, riempio i miei occhi di immagini, vengo a
sapere molte cose sulla vita e sugli altri.” Confesso che, da
qualche parte dentro di me, la pensavo anch'io in questo modo.
Eppure, non avevo mai avuto l'audacia di confessarmelo. Quel giorno,
dentro il ventre incandescente e senza forma del traffico, ho aperto
gli occhi. E ho capito.
Amo sedermi in piazza!! osservare, scrutare la gente assaporare il piacere di essere uno spettatore della vita che scorre. Cogliere l'attimo, ecco forse il succo della storia! vivere il qui e ora, un tempo che ti viene regalato dalla circostanza o imposto da una situazione, dove non ti viene chiesto di agire ma bensì... aspettare, osservare attimi di vita quotidiana sguardi che si incrociano e poi ... !!! domani andrò a visitare la tua mostra... e sono curiosa!!
RispondiEliminaRoberto Saviano cit.
RispondiEliminaDa giorni non riesco a smettere di ascoltare questo capolavoro di Asaf Avidan e di urlare a porta chiusa il ritornello:
One day baby, we'll be old
Oh baby, we'll be old
And think of all the stories that we could have told
roxane
Leggendo il tuo articolo, mi sono subito venuti in mente due episodi. Non hanno veramente nesso con gli esempi illustrati, per cui mi chiedo come mai questi ricordi si siano presentati così, quasi con autorevolezza... Uno è addirittura in contrasto con il concetto di osservare lo spettacolo della vita, forse perché il traffico era in movimento. Mi trovavo al Cairo, nell’auto di un’amica. Premetto che mi piace guidare e ancora di più mi piace farmi portare in giro (sempre che l’autista non sia un tipo nervoso, di quelli che stanno sempre toccando il sintonizzatore dell’autoradio o pestando i piedi sui pedali per esempio), quindi in auto sono in genere a mio agio. Questa volta il tragitto si è rivelato una cosa surreale, quasi fossimo in un sogno… o in una navetta spaziale! L’aria condizionata regolata al minimo e la musica piacevole facevano da sottofondo ai nostri discorsi, isolando volutamente l’abitacolo dai rumori concitati del traffico cittadino. Il suo stile di guida era piacevole, fluido e pacato come lo sono i suoi movimenti. Era rilassante essere seduta in auto con lei. E questo nel traffico disordinato del Cairo, seppure quasi un decennio fa. Mi viene da definirla un’esperienza ovattata…
RispondiEliminaAnche l’altro episodio è fuori contesto. Questa volta siamo a Tel Aviv, primavera 2012. Nella giornata in memoria dell’olocausto, nel momento in cui suonano le sirene, gli automobilisti si fermano e scendono dalla macchina, rimanendo immobili per due minuti in ricordo delle vittime dell’olocausto. Mi è capitato di vedere la scena da una posizione privilegiata, le finestre al primo piano di uno stabile su una via in genere molto trafficata. È stato impressionante vedere come qualsiasi attività si è fermata, come congelata. Le auto vengono davvero fermate sul posto, ovunque siano. Ho visto un taxi con due turiste asiatiche a bordo, mentre il loro autista stava ritto in piedi a fianco della macchina, con lo sportello aperto. Anche senza sapere cosa succede, è impossibile non rendersi conto della solennità del momento, ma mi sono chiesta cosa sia passato loro per la testa in quel momento.
È vero che in macchina nel traffico si ha un po’ l’impressione di essere invisibili. Almeno fintanto che non si incrocia direttamente lo sguardo di un altro automobilista o di un passante (e non parlo di quando si lascia attraversare un pedone). Quello scambio di sguardi, quell’istante di comunicazione non verbale mi “riporta in auto” e mi dà la consapevolezza di essere altrettanto visibile che fuori dall’abitacolo. Spesso ho persino l’impressione, assurda, che in quel momento mi leggano nel pensiero. Sarà che i nostri pensieri si sono incrociati in un’altra dimensione...