Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

lunedì 21 luglio 2014

Il senso della biro_5. Matti di guerra.

Dopo, quando entrerà in vigore il solito cessate il fuoco, e ciascuno (su entrambi i fronti) gli darà il senso che più gli conviene: la solita, prevedibile estasi retorica. Vittoria, divina o meno che sia, strategica o soltanto fortuita, la vittoria di un popolo contro una banda di tagliagole o quella di un gruppo di resistenti contro un esercito di usurpatori. O la vittoria di Dio, va bene, ma quale: il tuo, il mio, chi lo sa? Troveranno le parole, vedrete. Indispensabili a dare un senso a ciò che non ha senso. E siccome di stomaco siamo buoni, digeriremo anche tutta questa frittura scritta e pronunciata sulla pelle degli altri. È, tuttavia, importante precisare, come sempre, che qui stiamo giudicando - per quanto ci sforziamo di non farlo - popoli che non pensano come noi, popoli che vivono in un mondo diverso. Eppure. Qui di seguito, un po' a caso, Faccia da reporter pubblica una serie di scatti di piccoli sopravvissuti alle guerre di Gaza. Chi con le radiografie del proprio cervello, chi senza: tutti in attesa di un appuntamento con lo psichiatra. Che - essendo anche lui, lo psichiatra, di Gaza, cioè messo male -  ha una sola ricetta ai loro devastati stati d'animo: la chimica. Chili di pastiglie, per stare tranquilli e tornare, aspetta che trovo la parola, eccola: normale. Normale come? Non lo so. I soggetti di queste fotografie sono tutti ufficialmente MATTI. Matti di guerra. Quelli morti riposano, non so se in pace o inconsolabili per tutti gli anni che gli hanno impedito di vivere. Per carattere, prediligo l'ipotesi meno consolatoria, di solito c'azzecca. Credo, nella mia totale incapacità (avversità, ok?) a produrre analisi sulla situazione a Gaza (non soltanto), che questa offensiva in corso abbia un obiettivo chiaro: far crescere una generazione di svitati, di psicopatici, di psicolabili. Di giovani palestinesi che un giorno saranno adulti: incapaci di intendere e di volere. Di volere, soprattutto. Che cosa, sir? La libertà, ad esempio, che ne dite? La pace, anche, andrebbe questa come prospettiva? Una generazione di piccoli ingranditi con il cervello reso marcio dalle bombe. Se fossi un analista accreditato, lo scriverei sui giornali. Non essendo accreditato (o: non essendo un analista), lo scrivo qui. Per me basta (date un'occhiata alla stampa internazionale degli scorsi giorni…).










5 commenti:

  1. la stampa internazionale e' una vergogna. Messaggi come questi sono qualcosa di buono e vero, forse con meno visite virtuali ma pur sempre letti e apprezzati. Grazie Gianluca

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  2. Cara Alia, ti ringrazio. La stampa internazionale non è in tutto cattiva o piatta, è vittima, in senso generale, questa volta sì, di un appiattimento generato dal fatto che si copiano tutti e di una industrializzazione del pensiero, che esce ormai, pronto al consumo, dalla catena di montaggio. Le visite virtuali sono (dovrei dire sorprendentemente, ma in realtà e mancando di modestia non lo dico) molto numerose. E fa piacere.

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  3. Guardando le fotografie ho visto un posto in cui immergersi per avere attorno qualche cosa di consistente quanto una distanza, dove i rumori giungono ovattati e fluidi, dove gli occhi aperti bruciano e non c’è nulla di definito, dove non si sa dove si è ma non si può precipitare. È un luogo dove per capire se si sta in piedi o gambe all’aria è necessario fare le bollicine e seguirne la direzione; ma attenzione a farne poche, altrimenti poi bisogna tornare su a prendere aria e, in questo mare, a metter fuori la testa si rischia ogni volta di soffocare.

    Grazie!
    Ciao Giada

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  4. L'immagine delle bollicine che fanno da compasso o bussola è perfetta. È un trucco: i trucchi ci servono per restare vivi (e veri).

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  5. Pardon, non volevo generalizzare. Ma mi sono fatta prendere dalla foga del momento!

    Mi guarderei dal mettere tutto e tutti sullo stesso piano.

    Bellissima la tua espressione “ industrializzazione del pensiero”!

    Rincuora il fatto che i tuoi lettori sono tanti, vuol dire che la gente non accetta il gioco mediatico ma cerca e si informa.

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