Oggi mi hanno chiesto con chi sto. Ho
risposto che sono affari miei. Non avevo capito la domanda. Allora ho
chiesto: “chi gioca questa sera?”. Sbagliato, di nuovo. Infine ho
capito. E la mia risposta è stata: io sto con Gaza. La domanda, di
per sé, è terrificante. Lo è anche la risposta, a prima vista. Lo
sono, entrambe, se quello “stare con” viene inteso come sinonimo
di “stare dalla parte di” o “fare il tifo per”, quasi si
trattasse di una partita o di un videogico. Niente di tutto questo.
Nella mia risposta, perlomeno, la sola per la quale posso assumermi
la piena responsabilità.
Io sto con la gente di Gaza. Con tutti
quelli che ho conosciuto, nel corso degli anni. Sono di nuovo sotto
le bombe. Ci stanno come noi occidentali stiamo sotto la pioggia:
cosa puoi farci? Io sto con la gente di Gaza, nello stesso modo che
uno sta con un amico. Col tempo impari a conoscerlo, ad anticiparne
gli umori, a capire le sue reazioni, a dare un senso anche a quello
che è lontano dal tuo modo di affrontare la vita e di viverla.
Capita anche che un amico ti faccia girare le palle, si può dire
palle, no? A volte ti verrebbe voglia di dargli uno scossone,
di picchiettargli un dito sulla testa e chiedere: ehi, c'è
qualcuno? Altre volte ringrazi il caso che te lo ha fatto
incontrare e speri che le ore passino lentamente, che si
moltiplichino, che i secondi facciano figli e i minuti facciano figli
e le ore facciano figli, così da non arrivare mai alla fine.
Io sto con la gente di Gaza e con
l'intelligenza di queste persone. Se soltanto potessero fare il giro
del mondo le barzellette che a Gaza si raccontano, ultimamente
soltanto sussurrando, addirittura mettendo la mano davanti alla
bocca. I muri hanno orecchi. Ho capito una cosa: l'autoironia è il
solo lusso concesso ai povericristi. Povericristi sì, ma non
pezzenti. E nemmeno bestie. Oppure, con un sinonimo di moda, ormai:
animali.
Io sto con la gente di Gaza che è
restata umana quando tutto il mondo non ha risparmiato sforzi e
stratagemmi per ufficializzare l'immagine di una striscia di sabbia e
cemento popolata da scimmie. O da pecoroni. Scarafaggi, ecco, forse
la parola è questa. Questa gente, non è quella che ti fanno vedere
in televisione o di cui scrivono i giornali: donne urlanti sull'orlo
del collasso, ragazzini impazziti che si arrampicano sulla carcassa di
un automobile colpita da un razzo e ci frugano dentro, uomini con il
volto mascherato che promettono vendetta, portavoce del potere in
giacca e cravatta che annunciano lo spalancamento delle porte
dell'inferno. Non sono immagini inventate: esistono davvero. E tutte
hanno una spiegazione, che non viene mai data. Una spiegazione non è
una giustificazione. Il timore, tuttavia, che l'una venga presa
(intenzionalmente) per l'altra finisce con il produrre (auto)censura
e quindi soltanto immagini sempre uguali a se stesse. La ripetizione
genera dapprima noia, poi antipatia, infine ostilità.
Io sto con la gente di Gaza che non
vedi in TV e di cui non leggi sui giornali. Sto con quelli che hanno
avuto il coraggio di dirmi che non gliene frega a nessuno di che cosa
succede alla gente: non ai “loro” politici, non a quelli che
stanno dall'altra parte, non a quelli che decidono come deve girare
il mondo, non al mondo medesimo.
Io sto con la gente di Gaza che si sta
chiedendo dove siano finiti i politici locali, quelli che hanno
sempre una frase pronta, una risposta pronta, una promessa pronta,
una minaccia pronta. E anzi, no, non se lo sta chiedendo, perché lo
sa che sono nascosti sotto terra, circondati da metri di cemento
rinforzato, al sicuro, loro sì al sicuro.
Sto con la gente di Gaza che si sta
chiedendo perché, ancora una volta, gli israeliani ci sono cascati o
hanno finto di cascarci. Sto con questa gente che, per ingannare la
paura, ha elaborato una infinità di ipotesi e scenari. A Gaza sono
tutti esperti di strategia militare e politica. Col tempo hanno
imparato, ci azzeccano più di quelli che lo fanno per mestiere.
Sto con la gente di Gaza che non
c'entra nulla con quanto sta succedendo. Sembra una banalità, un
fatto scontato. E invece, non lo è. Si è alzato il solito
polverone: le bombe sono destinate a fermare quelli che, da Gaza,
lanciano razzi. Non andrà mai così e se chiedi alla gente, te lo
senti rispondere. Ma chi chiede, chi ha voglia di chiedere? Se chiedi
devi anche essere disposto ad ascoltare la risposta. E se qualcuno
risponde significa che quell'angolo di mondo non è popolato soltanto
da bestie. Significa che tutto quell'esplosivo che viene giù dal
cielo finisce sulla testa di esseri umani.
Sto con la gente di Gaza che non aveva
bisogno delle bombe per sentirsi punita. Lo era già abbastanza di
suo, e non soltanto a causa delle circostanze imposte dall'esterno.
Sto con le persone semplici, che questo lo sanno, che lo hanno capito
in fretta: tirano avanti affidandosi alla provvidenza, a quel dio che
un giorno o l'altro si deciderà a mettere a posto le cose. Sto con
quelle persone che invece non soltanto sanno come stanno le cose, ma
vorrebbero cambiarle, senza attendere che dio si scomodi. Un giorno
troveranno il coraggio di scuotersi di dosso quei padroni convinti di
essere infallibili e che, dall'interno, decidono della vita di
ciascuno, come se non bastasse lo strapotere esercitato, invece,
dall'esterno. Lo chiamate poco? E infatti: è troppo. Gli abitanti di
Gaza che scendono per le strade e chiedono, improvvisamente, la
democrazia... Anche loro? Ma come, non erano bestie? E poi,
basta! Basta democrazia! C'hanno già provato altri, nella regione.
Hanno rotto. Abbiamo visto com'è finita: bombe, pure lì, e botte.
A Gaza c'è chi dice che quanto sta
succedendo in queste ore andrebbe letto tenendo conto anche di questa
tela di fondo. Bombe da una parte, razzi dall'altra per assicurarsi
che nulla cambi. Cementare lo status quo: tornerebbe comodo a tutti
gli attori principali di questo conflitto. Bombardarsi a vicenda non
esclude la condivisione di interessi comuni. Non in questa zona del
mondo.
Come fai a non stare con qualcuno che
la pensa così? A non stare dalla sua parte?
Hai ragione: non si può non stare dalla "loro" parte, come dalla parte di tutti coloro che sono oppressi, sfruttati, derubati della dignità, derubati della loro casa.... C'é solo da chiedersi: io cosa posso realmente fare? E non mi so rispondere. Purtroppo.
RispondiEliminaCaro Gianluca...." Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e
RispondiEliminaamare quelle che opprimono". cit. Malcolm X
roxane