Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

giovedì 10 luglio 2014

Il senso della biro_2. Con chi sto.



Oggi mi hanno chiesto con chi sto. Ho risposto che sono affari miei. Non avevo capito la domanda. Allora ho chiesto: “chi gioca questa sera?”. Sbagliato, di nuovo. Infine ho capito. E la mia risposta è stata: io sto con Gaza. La domanda, di per sé, è terrificante. Lo è anche la risposta, a prima vista. Lo sono, entrambe, se quello “stare con” viene inteso come sinonimo di “stare dalla parte di” o “fare il tifo per”, quasi si trattasse di una partita o di un videogico. Niente di tutto questo. Nella mia risposta, perlomeno, la sola per la quale posso assumermi la piena responsabilità.

Io sto con la gente di Gaza. Con tutti quelli che ho conosciuto, nel corso degli anni. Sono di nuovo sotto le bombe. Ci stanno come noi occidentali stiamo sotto la pioggia: cosa puoi farci? Io sto con la gente di Gaza, nello stesso modo che uno sta con un amico. Col tempo impari a conoscerlo, ad anticiparne gli umori, a capire le sue reazioni, a dare un senso anche a quello che è lontano dal tuo modo di affrontare la vita e di viverla. Capita anche che un amico ti faccia girare le palle, si può dire palle, no? A volte ti verrebbe voglia di dargli uno scossone, di picchiettargli un dito sulla testa e chiedere: ehi, c'è qualcuno? Altre volte ringrazi il caso che te lo ha fatto incontrare e speri che le ore passino lentamente, che si moltiplichino, che i secondi facciano figli e i minuti facciano figli e le ore facciano figli, così da non arrivare mai alla fine.

Io sto con la gente di Gaza e con l'intelligenza di queste persone. Se soltanto potessero fare il giro del mondo le barzellette che a Gaza si raccontano, ultimamente soltanto sussurrando, addirittura mettendo la mano davanti alla bocca. I muri hanno orecchi. Ho capito una cosa: l'autoironia è il solo lusso concesso ai povericristi. Povericristi sì, ma non pezzenti. E nemmeno bestie. Oppure, con un sinonimo di moda, ormai: animali.

Io sto con la gente di Gaza che è restata umana quando tutto il mondo non ha risparmiato sforzi e stratagemmi per ufficializzare l'immagine di una striscia di sabbia e cemento popolata da scimmie. O da pecoroni. Scarafaggi, ecco, forse la parola è questa. Questa gente, non è quella che ti fanno vedere in televisione o di cui scrivono i giornali: donne urlanti sull'orlo del collasso, ragazzini impazziti che si arrampicano sulla carcassa di un automobile colpita da un razzo e ci frugano dentro, uomini con il volto mascherato che promettono vendetta, portavoce del potere in giacca e cravatta che annunciano lo spalancamento delle porte dell'inferno. Non sono immagini inventate: esistono davvero. E tutte hanno una spiegazione, che non viene mai data. Una spiegazione non è una giustificazione. Il timore, tuttavia, che l'una venga presa (intenzionalmente) per l'altra finisce con il produrre (auto)censura e quindi soltanto immagini sempre uguali a se stesse. La ripetizione genera dapprima noia, poi antipatia, infine ostilità.

Io sto con la gente di Gaza che non vedi in TV e di cui non leggi sui giornali. Sto con quelli che hanno avuto il coraggio di dirmi che non gliene frega a nessuno di che cosa succede alla gente: non ai “loro” politici, non a quelli che stanno dall'altra parte, non a quelli che decidono come deve girare il mondo, non al mondo medesimo.

Io sto con la gente di Gaza che si sta chiedendo dove siano finiti i politici locali, quelli che hanno sempre una frase pronta, una risposta pronta, una promessa pronta, una minaccia pronta. E anzi, no, non se lo sta chiedendo, perché lo sa che sono nascosti sotto terra, circondati da metri di cemento rinforzato, al sicuro, loro sì al sicuro.

Sto con la gente di Gaza che si sta chiedendo perché, ancora una volta, gli israeliani ci sono cascati o hanno finto di cascarci. Sto con questa gente che, per ingannare la paura, ha elaborato una infinità di ipotesi e scenari. A Gaza sono tutti esperti di strategia militare e politica. Col tempo hanno imparato, ci azzeccano più di quelli che lo fanno per mestiere.

Sto con la gente di Gaza che non c'entra nulla con quanto sta succedendo. Sembra una banalità, un fatto scontato. E invece, non lo è. Si è alzato il solito polverone: le bombe sono destinate a fermare quelli che, da Gaza, lanciano razzi. Non andrà mai così e se chiedi alla gente, te lo senti rispondere. Ma chi chiede, chi ha voglia di chiedere? Se chiedi devi anche essere disposto ad ascoltare la risposta. E se qualcuno risponde significa che quell'angolo di mondo non è popolato soltanto da bestie. Significa che tutto quell'esplosivo che viene giù dal cielo finisce sulla testa di esseri umani.

Sto con la gente di Gaza che non aveva bisogno delle bombe per sentirsi punita. Lo era già abbastanza di suo, e non soltanto a causa delle circostanze imposte dall'esterno. Sto con le persone semplici, che questo lo sanno, che lo hanno capito in fretta: tirano avanti affidandosi alla provvidenza, a quel dio che un giorno o l'altro si deciderà a mettere a posto le cose. Sto con quelle persone che invece non soltanto sanno come stanno le cose, ma vorrebbero cambiarle, senza attendere che dio si scomodi. Un giorno troveranno il coraggio di scuotersi di dosso quei padroni convinti di essere infallibili e che, dall'interno, decidono della vita di ciascuno, come se non bastasse lo strapotere esercitato, invece, dall'esterno. Lo chiamate poco? E infatti: è troppo. Gli abitanti di Gaza che scendono per le strade e chiedono, improvvisamente, la democrazia... Anche loro? Ma come, non erano bestie? E poi, basta! Basta democrazia! C'hanno già provato altri, nella regione. Hanno rotto. Abbiamo visto com'è finita: bombe, pure lì, e botte.

A Gaza c'è chi dice che quanto sta succedendo in queste ore andrebbe letto tenendo conto anche di questa tela di fondo. Bombe da una parte, razzi dall'altra per assicurarsi che nulla cambi. Cementare lo status quo: tornerebbe comodo a tutti gli attori principali di questo conflitto. Bombardarsi a vicenda non esclude la condivisione di interessi comuni. Non in questa zona del mondo.

Come fai a non stare con qualcuno che la pensa così? A non stare dalla sua parte?


2 commenti:

  1. Hai ragione: non si può non stare dalla "loro" parte, come dalla parte di tutti coloro che sono oppressi, sfruttati, derubati della dignità, derubati della loro casa.... C'é solo da chiedersi: io cosa posso realmente fare? E non mi so rispondere. Purtroppo.

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  2. Caro Gianluca...." Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e
    amare quelle che opprimono". cit. Malcolm X
    roxane

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