Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

giovedì 2 giugno 2011

Quanta realtà ti va?

(c) weast productions
Sto organizzando qualche idea in merito al tema: che cosa vogliamo mostrare in TV o nelle fotografie pubblicate su riviste e giornali? Ne sento la necessità dopo che, ancora recentemente, ho notato, espressa in articoli e discussioni con colleghi, una non celata propensione alla censura nei confronti delle immagini forti. Immagini, in altre parole, che mostrano la realtà. Immagini che io chiamo vere. Sono convinto che vadano mostrate, perché raccontano la realtà. E se vogliamo documentarla, correttamente, questa realtà dobbiamo mostrarla. Disturba? Va bene. Inquieta? Va bene. Ti rovina la colazione davanti a una foto sul giornale? Va bene. Ti ammala la cena? Va bene, anche questo. Dovrei trovare il tempo per pubblicare domane. Se fra i miei lettori c'è qualcuno che nel frattempo vuole rompere il ghiaccio, con piacere. Intanto pubblico una fotografia, che ci consentirà di riflettere e discutere. E di concludere, magari, che non ci sono regole universali ma che le scelte operabili sono molte. Partendo dal presupposto - opinione mia personale - che nulla sia dettato dalla censura, peggio ancora dall'autocensura.

12 commenti:

  1. Sarei per un'informazione con un altro senso.
    Mi ricordo della storia di quel signore de 44 giorni (non ne ricordo il nome, mi scuso), mi ha colpita una sua frase "in Svizzera è tutto così verde e silenzioso"
    Per ricaricare le batterie, ho bisogno del silenzio e di poter restare sola con i miei pensieri.Se l'ambiente che mi circonda, perché il frastuono di bombe, spari, e urla non mi permettesse di avere questi momenti per me quasi sacri,...a lungo andare mi sentirei, prima nervosa, poi confusa, ed infine non più speranzosa della vita,...in sostanza non sarei più la persona che sono!!!

    Recentemente, ho passato una giornata alla casa per ciechi, per capire come si possa percepire il mondo senza il senso della vista,...ma è stato solo quando mi sono trovata completamente al buio cercando di trovare un posto a sedere che sono riuscita a capire quanto possa essere difficile.

    Tutto questo per dirti, che è solo quando si entra in empatia, che si è più sensibili ad essere informati, senza censure.

    Ci deve essere una via per toglierti e distoglierti dal tuo quotidiano.

    Che só in televisione improvvisamente trasmettono 5 o più minuti di rumori di guerra a volume reale, senza possibilità di diminuirlo manualmente con semplicemente, foto e nomi dei civili deceduti in giornata...dopo essere stati sensibilizzati,...chissà forse riusciremmo ad osservare più da vicino e con un altro senso,...

    È solo quando qualcosa ti viene tolto che alzi la testa e ti dici "c'è qualcosa di diverso",...

    Ma Gianluca, la cosa che più mi preme, è io, noi nel nostro piccolo cosa possiamo fare di concreto per ridare un po' di speranza,....ci sono persone, storie che possiamo aiutare come il signore di 44 giorni...????
    Xenia
    P.S. diavolerie tecnologiche abbattute!!!!

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  2. Quanta realtà? Tutta. Quale realtà? E qui interviene la scelta. Quella che ti fa scattare l'immagine da un'angolazione piuttosto che da un'altra. E allora forse ci vogliono anche le parole. Il contesto.

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  3. Far sentire il rumore della guerra. O delle ingiustizie. Della prepotenza. Della menzogna. Ma anche il rumore della felicità, il frastuono di un momento perfetto. Sono d'accordo. Fare della televisione un modo di testimoniare la vita e la realtà, non un filtro. Ora è - quasi sempre, non sempre - un filtro. Trasformiamo la televisione - ma anche la radio, i giornali - in testimoni. Lasciamo che la vita faccia il suo rumore. Quello della morte e quello della vita. D'accordo. Bellissima l'idea di imporre un volume non modificabile. Resterebbe sempre la possibilità di chiudere gli occhi, ma la pellicola che abbiamo tutti dentro sarebbe già stata impressa. Poi, piano piano, apriremmo tutti gli occhi.

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  4. Le parole, va bene. Ma messe assieme a comporre un linguaggio che non consola e non riduce. Un linguaggio nuovo, strappato. A pezzi. Nella violenza e nella gioia. Ho appena visto in TV gli ultimi istanti della partita di Federer in semifinale a Parigi. Non sapeva piu' dove mettere la sua felicità. L'immagine era schiacciata, rdotta dalle osservazioni di un commentatore? Perché? Ridurre anche la felicità. Troppa felicità risulta insopportabile. Rischia di trasformare la nostra simpatia per Federer in invidia, forse? Allora diluiamola con tante parole, quando basterebbe soltanto guardarla. Cosi' come mostrare troppo dolore, troppa ingiustizia ci porterebbe a ribellarci, a creare problemi, a fare domande. Meglio quindi insabbiarla con tante parole, domarla, rendere tutto questo digeribile all'ora di cena o a colazione.

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  5. Un linguaggio nuovo, sì. Parole che possono anche rendere ancora più libere le immagini. Con rispetto e sensibilità. È un dono, quello della parola che non sminuisce la forza dell'immagine. Che riesce a non togliere al visto, il vissuto.

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  6. Io credo che mostrare la realtà contenga già un filtro. Qualsiasi cosa che io non vedo con i miei occhi ma mi viene mostrata lo contiene. Vedo quello che gli occhi di un’altra persona hanno scelto di guardare e, soprattutto per quanto riguarda la fotografia, il particolare che quella persona ha colto di un determinato momento, la sua chiave di lettura. A me capita spesso di pensare a cosa avrei guardato io, se fossi stata li.
    Detto questo, credo che valga la pena di essere mostrata. Credo che ne abbiamo i mezzi, che in passato c’è gente che ha fatto tanto per darci questa possibilità. Credo che non mostrare significherebbe perdere una grande opportunità.
    Più della forma e della modalità in cui dovrebbe essere mostrata, trovo sia importante che essa non sia strumentalizzata, che sia lasciata libera e vera. Che non porti ad un sentimento pilotato. Ho visto troppo spesso i sentimenti, veri per altro, di persone colpite da gravi eventi serviti senza rispetto a qualsiasi ora. Ho visto troppo spesso Signore e Signori dei salotti pomeridiani della tv discutere dei fatti di cronaca più complessi degli ultimi tempi e più di una volta sono rimasta schifata, passatemi il termine. A me questo fa male. Paradossalmente mi fa più male un sentimento a cui è stata tolta la sua natura, che un’immagine forte e straziante … ma vera.
    Chiedevi della forma. La fotografia che hai postato a me suscita un sentimento di rassegnazione, di qualcosa che è finito, o sta per finire. La strada, un percorso, un mondo interrotto. Il video di quella stessa immagine, invece, mi aveva dato un senso di movimento. La vita interrotta del singolo e la vita del mondo che va avanti frenetica nonostante questa morte. Eppure era lo stesso attimo. Ed è stato mostrato. Molti altri hanno potuto riflettere su quanto stavano guardando. Obiettivo raggiunto, qualsiasi sia il sentimento che abbia provocato. Perché ha potuto provocarlo.
    Nonostante la mia passione per le parole e la convinzione che il loro potere è forte. Penso che possa valere la pena metterle da parte e lasciare che i nostri pensieri commentino quello che stiamo guardando. L’idea del sonoro imposto mi ha fatto sorridere, perché servirebbe. Servirebbe a tutti noi. Eccome. Spero però che prima o poi tutti sentano il bisogno di aprire gli occhi.
    Volontariamente.

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  7. Benvenuta Carol. Stiamo crescendo, piano piano, da quando mi ci sono messo anch'io, con disciplina e passione... Mi piace molto la tua immagine del "sentimento a cui è stata tolta la natura". Non credo che il sinonimo della tua formula sia "snaturato". La natura, nel caso che tu citi, è proprio stata annientata, la verità allontanata. E sono d'accordissimo ancora con te quando parli delle immagini che devono innescare sentimenti. definisco tutto questo - da tempo ormai - l'energia eversiva delle immagini, di qualsiasi immagine, che parli di felicità o di dolore. E da tempo ho concluso che chi chiede che le immagini vengano ammaestrate, controllate, selezionate obbedisce (spesso inconsapevolmente) alla reazione che si puo' avere di fronte proprio a questa energia totalizzante.Credo che tutti percepiamo la forza delle immagini e tutti percepiamo quella sottile linea rossa (era il titolo di un libro) oltre la quale le immagini sempre ci spingono. Chiedere di controllarle significa resistere a questa spinta, avere paura dell'energia rivoluzionaria delle immagini. A tal punto rivoluzionaria che potrebbe portare la gente a chiedere che le guerre finiscano, che il sangue che sta scorrendo in Siria, in Yemen ecc. smetta di scorrere, che il mondo cambi. E qui entriamo in un terreno straordinario: ne scrivero' a giorni, ma sono convinto che ci sia un controllo sulle immagini per evitare che l'essere umano si ribelli. In sostanza si somministrano dosi tollerabili di "energia eversiva" stando bene attenti pero' che questo non si trasformi in ribellione e forse nemmeno in presa di coscienza. Pubblichero' qualcosa che, mi auguro, susciterà le vostre reazioni, che andrà a scatenare la vostra energia eversiva in termini di pensieri e riflessioni.

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  8. Xenia perché non scrivi della tua esperienza alla casa dei ciechi? Motivazioni, sensazioni, come ne sei uscita... Non smetto di pensarci. Credo interessi a tutti i nostri amici. Se ti va.

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  9. Mi sembra di essere tornata a scuola, quando ti danno un tema da fare,...la mente pensa, pensa e poi improvvisamente le parole, si scrivono da sole....risultato...testo troppo lungo,impossibile pubblicare, non sapevo ci fosse un numero limite di caratteri!!!!
    Non sono riuscita ad accorciarlo, sarebbe stato incompleto...
    Xenia.

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  10. Cara Xenia, eccoti una dritta: spezza il tuo testo in due, pubblicalo in due parti e se ancora è troppo lungo in tre parti. Ogni volta aggiungi un titolo facendolo seguire da "parte 1", "parte 2" ecc., cosi' chi legge capisce. E poi, pubblicando a puntate ci metti tutti sul chi vive...

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  11. Cosa faccio, lo pubblico io il tuo scritto che mi hai inviato per mail, ne vale davvero la pena.

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  12. ..mi sono accorta, che ci sono degli errori di ortografia solo dopo che l'ho mandato...se riesci a correggere tu,..se no te lo rimando...

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