Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

lunedì 2 dicembre 2013

Fate i nomi. Ogni ora.

© 2013 weast productions

Sulla pagina FB di SpazioReale stiamo pubblicando le foto del 2013 proposte dalle diverse testate internazionali. Scatti di grandi fotografi. Del 2013 mi resta questa istantanea, per quanto mi sforzi di trovarne un'altra. Per quanto mi sforzi di mostrare una realtà divertente. Non voglio però dimenticarla, questa immagine. E non desidero suscitare sensi di colpa: sia chiaro questo. Mostro soltanto quello che è rimasto dentro. Di me. E forse di voi. Un cimitero improvvisato di bambini. Località: Siria. Saranno presto ossa questi corpi minuscoli, posti sopra altre ossa che sono entrate nella storia perché i libri ne parlano, chiamandoli, come è giusto, massacri (quanti…). La Siria è, oggi, un parcheggio sotterraneo con più piani. Piano primo, piano secondo, piano terzo. Soltanto che è un cimitero: a più livelli. Dove la storia classifica le ossa come sa fare lei: con metodo e con tanto di data. Queste percepibili ossa, di questa immagine, sono le più recenti. Rifiuto la categorizzazione religiosa delle vittime in Siria: forse soltanto così riusciremo a sentire quelle vittime uguali a noi. Quando lo sono per religione. E quando non lo sono. Mi piacerebbe - vi invito a cogliere questo desiderio nel senso più umano possibile, senza retorica, soprattutto senza retorica - che si interrompessero le trasmissioni radio e che si desse spazio (anche nelle brevi, sui giornali) o che si aprisse o terminasse ogni telegiornale del mondo per dire quanti esseri umani della dimensione delle tombe mostrate da questa immagine sono morti oggi e ogni giorno. In Siria. Dove affondano le nostre radici orientali occidentali cristiane. O, per farla semplice e volendo, umane. Radici umane. E invece - invece - ci danno le notizie sul traffico ogni dieci minuti, mentre quelle sul meteo, se non conto male, si mangiano le notizie dal mondo. E se uno (o una) scende con gli sci e ce la fa, lascia stare, è festa grande, festa in piazza e da prima pagina. Perché se uno dice quello che ho appena detto fa la figura del fesso illuso? O peggio? Perché? Che cosa ci hanno fatto? Che cosa ci hanno iniettato? Che lo facciano apposta? Voglio dire: per distrarci? Non chiedo chissà che cosa. Il nome di un bambino morto in Siria, ciascun giorno. Un nome soltanto. E il nome vero. Pronunciato ogni ora, e poi alle otto di sera, prima di ogni informazione sul traffico o sul meteo oppure scritto sulla prima pagina (in piccolo, non chiedo altro, accetterei il carattere minuscolo) di ogni quotidiano. Ali, Youssef, Marc, George… Musulmani, cristiani. A centinaia. Lo scrivo e lo chiedo perché li ho dentro. Ma è un'altra storia. E non conta. Sono sicuro che li avete dentro anche voi. Ma non vi ascoltano: quelli che i nomi potrebbero e dovrebbero farli.  

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