Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

martedì 24 dicembre 2013

Auguri, appesi a un palloncino sopra il mondo.

© 2013 weast productions
Auguri a tutti i lettori di Faccia da Reporter, inviati da una parte qualsiasi del mondo. Buone Feste. Buon Natale. Aguri a chi crede, a chi cerca di crederci, a chi crede di crederci. Auguri a chi non ci crede. Auguri a chi cerca un modo per crederci. Auguri a chi ci crede senza crederci per davvero o del tutto. Auguri a chi io non ci credo, che poi sotto sotto ci crede. Auguri a chi mancano pochi giorni all'anno nuovo, che sarà una storia diversa. Tanto la vita fa sempre quello che vuole lei. Auguri ai miei amici. Anche agli altri, auguri uguale. Auguri a tutte le facce da reporter, prigioniere dentro qualche scantinato in Siria, in America latina, in Africa, in India, in Egitto, in Libia, altrove. Auguri per farcela, per tenere duro. Perché senza di voi, vuoi mettere le notizie che figura ci fanno, quelle notizie altrimenti date con il culo incollato alle sedie e gli occhi allo schermo di un computer, tutti zitti, ma zitti di brutto su chi le ha battute queste notizie. Auguri a quelli che le pari opportunità sono la nostra priorità, quando basterebbe andare un po' in giro per il mondo per vedere quello che sanno fare le donne, per davvero, sul terreno, in guerra, quelle senza velo, quelle con il velo, quelle mezze coperte, che qui gli hanno votato contro perché siamo fatti così e avanti tutta.

Auguri al fotografo ragazzino di Aleppo, Molhem Barakat, spappolato a 17 anni da una bomba, lui che mandava foto al mondo da questa città dilaniata, lui che lavorava “on a freelance basis” per una graaaande agenzia stampa. Uguale a dire: se l'è cercata. 

Auguri ai due volti che guardano fuori dal furgoncino nell'immagine che riporto (scattata in Siria) e a cui appendo gli auguri del Blog, come a un palloncino riempito da polmoni fumati e stanchi. Sono ancora vivi? Dove sono vivi?

Auguri a chi produce e vende armi, affinché dopo Natale vi venga in mente, brutti bastardi, un prodotto diverso, cristo, visto che è morto anche Kalashnikov, e visto che moriamo tutti, un giorno o l'altro, meglio morire in santa pace, no?

Auguri a quelli che ci ascoltano, che ci leggono, che sanno tutto di noi, e invece non sanno un emerito kazzo, auguri a quelli che ci stanno dietro, a quelli che pedinano i battiti del nostro cuore e le reazioni del nostro cervello, auguri a quelli che lavorano per prevedere i nostri pensieri imprevedibili. Auguri a quelli che credono: nella libertà che il nostro sguardo sul mondo è capace di rivendicare. Uno sguardo libero che ci rende liberi di raccontare il mondo come ci pare. Di farlo a Natale, attorno alle tavole quasi pronte, e che non vedono l'ora di essere spazzate da aria nuova.

Ho ricevuto molti augri. Una fila di email con animazioni elaborate e complesse: un sacco di babbi natale, un sacco di fessi. Come se le nostre radici (cristiane, lo vogliamo dire?) fossero in Scandinavia, fra la neve, le renne, tutti quei pupazzi con il naso rosso di freddo e d'acquavite. Le nostre radici sono in Medio Oriente. Dentro il macello che si sta consumando, sotto i nostri occhi. Io non ho figli, ma se ne avessi, glielo spiegherei: che da lì veniamo, non dalla baita di babbo natale.


Ora mi calmo. Ecco, sono calmo. Auguri ai colleghi reporter rapiti, prigionieri, nascosti in qualche cella pestifera, partiti per mostrare il modo a chi invece se ne sta a casa (e va bene così, ha altro da fare, ugualmente importante). Lo ammetto: ho, a volte, un debole per il kitsch. E allora, tanto vale buttarsi: ascoltatevi QUESTA canzone, dedicata a una fotografa francese partita in missione e poi rapita (in realtà dedicata ai giornalisti francesi realmente rapiti e attualmente prigionieri). È una fiction affidata alle corde vocali di Patrick Bruel, ma ha parecchia zavorra che la tiene sulla terra. Sdolcinata, va bene, ma sempre meglio di Stille Nacht. Kicciosa, e va pure bene, ma intanto l'ha scritta, non me ne viene in mente un'altra, in una lingua diversa. I francesi sanno essere, quando vogliono, grandi. Dài, auguri ancora, un bacio. E ciao.  

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