Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

mercoledì 9 ottobre 2013

Uno messo così non lo guardi.

Sento l'acqua di colonia evaporare. Senza fretta. Dal mio collo e via. Lascia dietro di sé un profumo indistinto, fra la chimica e un giardino ben tenuto a Gerusalemme, di quelli che annusavo di notte, quando ci vivevo. Un camion con rimorchio brucia il rosso: sulla cisterna c'è scritto "Fratelli Feccia: trasporti alimentari". La luce delle cinque e dieci del pomeriggio cade obliqua sull'insegna del negozio. Cerco la parola che non mi viene in mente. Una ragazza mi supera sulla destra, praticamente da fermo. Dice, al telefono: "coglione, aspettami". Io dico che dio si è dato un gran bel daffare. Lei mi guarda, girando la testa: pof è il rumore della  gomma americana mentre le esplode sulle labbra. Io dico che vale la pena vivere: un casino vale, ma garantito.

Un poliziotto o similtale ha fermato il "Fratelli Feccia". La luce sull'insegna del negozio è ai saluti.
Entro, come mi piace fare, entro trionfale nel negozio. A me gli occhi.

Ora mi viene in mente la parola: ossimoro. Troppo tardi: il camion è già lontano, multato e ossimorato.
Una ragazza mi sfiora la mano mentre ci fiondiamo - entrambi - sul cestello della spesa. "Prego, cara". Lei: zitta. Ma: pensa che ci ho provato.

C'è una coppia a piedi nudi sul baratro, con le dita già nel vuoto, come fosse una domenica mattina sotto il piumino, coi piedi fuori, tanto sotto fa un caldo belliiiissimo. Lui e lei davanti alle verdure.  Per esperienza so che le verdure sono pericolose alle cinque e venti del pomeriggio, dopo una giornata di lavoro, separati, e con davanti soltanto una sera da salotto e TV. Portano sfiga.

Mi metto in mezzo, col pensiero, come fossero affari miei senza esserlo. Le tragedie vengono innescate da un timer banale, non c'è eccezione alla regola.
È crisi brutta, fra i due, e non riassumo. Li ho salvati - miracolati - alla cassa, moltiplicando pesce e pane per la cena. Dispongo di, credo, poteri magici o quasi. Loro non lo sapranno mai: ma lo devono a me. E poi...

E poi, attenzione: mi sto innamorando. In questo istante, perfetto e sospeso, senza parole e rumori. Succede alla cassa di destra, io sono in coda a quella di sinistra. Lei è bellissima. La assaporo respirandola leeentamente come contenesse sostanze meeeravigliose e proibite. Ed è, probabilmente, così. Guardami. Mi sforzo. Mi degna di, soltanto, un mezzo sguardo sparato fuori dalla feritoia dei suoi occhi abbondanti e lontani, lasciando che il mio di sguardo si impicchi al nodo scorsoio dell'ambiguità. Oooohhh baby, please! 

Pago. Tre cose.

Esco, prendo a sinistra. A sinistra ancora. Seguo l'istinto.
Alla pensilina della fermata autobus la rivedo: seduta si sta accendendo una Marlboro. Rossa. E io: youuuu are perfect! Brucia me, su qualsiasi rogo. Senza anestesia. Senza una ragione. Senza giusto processo.

Tengo la borsa della spesa nella mano sinistra: spunta, dai bordi, la testa di un sedano. Ieri notte, in TV, qualcuno diceva che è sano da paura! "Testa di sedano e testa di kazzo!", mi dico, accorgendomi. Sembra un barboncino cretino tinto di verde. Sembro un sequestratore di cani. Non doveva succedere ora: non davanti a lei. Last chance.

Ci faccio una figura da idiota, garantito.
Lei non mi guarda.
E fa bene. Uno messo come me non lo guardi.

1 commento:

  1. Forse non lo guardi, ma di sicuro lo leggi!!! Un abbraccio caro Gianluca.
    Xenia

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