Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

sabato 19 ottobre 2013

Alla cassa, niente miracolo.

È superiore la fatica che metti nell'ignorare qualcuno a quella che ti costerebbe dicendogli ciao. O: ciaooo. Oppure: sciao. O anche un mezzo sorriso. Mezzo, dai. Tienimi vivo.

A volte in uno sguardo fisso pensato per non guardare qualcuno c'è più retorica che in una dichiarazione d'amore. In ogni caso, c'era più vita nella carpa surgelata che stringevo nella mano destra  (o era la sinistra?)  che in me stesso intero investito dal suo sguardo fisso e evitante.
Alla cassa. Perché dove volete che fossi, se non in coda alla cassa di un supermercato che in troppi hanno ormai capito quale sia e al quale finirò per chiedere un po' di soldi causa pubblicità?

L'ho rivista, oggi. E nel rivederla e nel rirespirarla da lontano (due metri e mezzo di lontananza), sentivo pure la carpa uscire dal suo perfetto stato di morte cellulare assoluta, dal gelo artico che l'aveva avvolta, e piano piano rifarsi non dico viva nella mia mano, ma insomma pericolosamente vicina a uno stato di possibile (pensabile) necessaria risurrezione.

Io guardavo, dalla fila alla cassa, lei che, un paio di post fa, mi aveva costretto a dichiararmi pubblicamente innamorato (o quasi). E lei? Nieeente. Lo sguardo, soltanto quello, dritto e severo: come un istruttore militare, come una pagella. Guardami, ti prego... Niente. Guardami, ti supplico: nulla.

Ai piedi ho una pozza di discrete dimensioni. E si allarga: la carpa che fa acqua.

La guardo: le guardo un occhio. Non si compirà il miracolo alla cassa, non oggi. L'occhio è lesso, come diocomanda a una carpa surgelata.

Alzo lo sguardo e incrocio invece il suo, come un laser che si rivela nel gas fumogeno lanciato da un ladro gentiluomo e  acrobata dentro un film che abbiamo visto tutti. È l'effetto carpa: le ho fatto, in un certo senso, tenerezza. Ho colto e interpreto il senso della carpa, nel compimento del mio rappresentativo dovere di uomo che ora, sui due piedi, sempre alla cassa, mi sento di incarnare. Uomo, io, fino in fondo: con una carpa in mano che fra un po' ritorna viva, strappata al ghiaccio eterno dalla mia temperatura amorosa. Tengo duro sotto lo sguardo, non abbasso il mio. Non ora. Non ancora. Ora però sì....

Lei paga. Svolta a sinistra, poi a sinistra, di nuovo. So che la ritroverei alla fermata dell'autobus. Intenta ad accendersi una Marlboro rossa.

Pago pure io. Esco. Giro a destra e continuo dritto. Per un paio d'ore. Questa volta no! Vederla e farmi vedere da lei con la carpa scongelata in mano, no: non me la sento.

(Sto per ripartire per lavoro, ancora un paio di post e poi si cambia musica. Spero....)


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