![]() |
(c) 2013 weast productions |
Oggi ho visto un parchimetro messo male. Sopra ci avevano attaccato un cerotto con scritto: “guasto”. Qualcuno lo aveva grattato via, spezzato in due: guardarci sotto per vedere se era vero, se stava davvero male. Stava male, posso testimoniarlo: al posto dei numerini riferiti al parcheggio, al posto della somma versata e – più importante di tutti – del conto alla rovescia digitale che ti dice quanta vita ti resta prima di prenderti una multa, sul display compariva una lunga serie di simboli insignificanti. Apparentemente insignificanti. In realtà, dicevano molto. Tutto. Dicevano: goditela. Goditi la vita con la tua macchina parcheggiata a sbaffo, goditi il tempo, ignoralo, dilatalo, bacialo, abbraccialo, fanne quello che vuoi, anche l'amore. Wow.
C'era un parcheggio libero, uno solo, un buco in una dentatura altrimenti perfetta. Mi sono fiondato,
lanciato meglio di un sasso palestinese. Dentro in una manovra. E
poi, respiro, profondo, oltre la cortina delle marlboro. Fiato
dentro, fiato fuori. Sorriso. E, come dire, la quasi tenera
compassione per il vigile ausiliario che oggi sarebbe passato di lì
senza passare anche dentro la mia vita. Estranei, per una volta. Lui
incapace di nuocere. Io troppo su un altro pianeta per poterlo anche
soltanto minimamente odiare.
Aspetta. C'è una signora. Una signora
incazzata. Nera. Non funziona mai niente in Ticino. Signora, guten
Tag, che c'è? Parkeggio, kaputt.... Sì, signora, ja,
gnaedige Frau, kaputt, si goda la giornata di sole, si
tolga, se può, le scarpe, e scopra la città, per minuscola che sia,
a piedi nudi: sentirà, leggera, salirle la sabbia su per le
caviglie. Siamo al mare, signora, verstehen Sie?
Ho sbagliato. Sbagliato a parlarle. Lei
aveva già acceso il radar e aveva visto, in me, l'avvicinarsi di un
corpo ostile. Giuro, ero disarmato. Eppure, ne sono certo, dietro le
sue pupille, il cristallino, la retina, il bulbo, lungo le
diramazioni nervose del suo cervello, andava accelerando oltre la
luce l'immagine di uno che aveva rubato i vestiti da un container
della Croce Rossa e che in mano teneva non le chiavi della macchina
ma una bomba. Una bomba a mano. Entschuldigen Sie, gnaedige Frau,
einen schoenen Tag noch.
E via che vado.
Abbiamo tutti quella che chiamiamo la
“coda dell'occhio”. Quella che vede quasi dietro di noi, diciamo
di fianco. E cosa vedo? La signora che sistema con cura una manciata
di monetine sul parabrezza, appena sopra le spazzole, così che non
cadano.
Cristo.
Mi fermo.
Mi giro.
Zitto.
Lei: “fuer den Herrn Polizist”.
Nel caso fosse passato il poliziotto:
pagava il parcheggio, uguale.
Okay, la signora aveva targhe d'oltre
Gottardo.
Cambia qualcosa? Chissà... Non credo.
Ora sono aggrappato a una tazzina di
caffè, con Natale il barista che si chiede che cosa abbia mai visto,
oggi, dopo averne viste tante comunque. Aggrappato al caffè, okay?
Sai che cosa penso? Penso che invidio i tunisini, gli egiziani, i
libici e per quanto siano messi male davvero, anche i poveri siriani.
Perché si sono scrollati di dosso il potere. Quello che anche quando
non c'è – ad esempio al gabinetto, a letto, davanti a un parchimetro fuori uso – te lo
inventi. Te lo crei. Lo metti al mondo, come un figlio.
E come a un figlio, cominci a volergli
bene. Quando non c'è, ti manca.
Siamo nati per obbedire. Meno faticoso
che pensare.
Ciao Gianluca!
RispondiEliminaMa tu ci vai proprio incontro ai "casi" :-)
Saluti
Stefania
Non trovo sempre il tempo per rispondere a chi lascia un commento. Vedi, cara Stefania, la vita è una concomitanza, una - se vuoi esasperante - contemporaneità di eventi. Oltre a questo, credo che bastino 10 minuti a piedi, in giro per una qualsiasi città, per incontrare quelli che tu chiami "casi". In realtà, si tratta di normali manifestazioni. Sono davanti ai nostri occhi, sempre. Basta guardarle. Fermarsi un attimo. Ascoltare il linguaggio che parlano. La vita, come un libro, produce il commento di sé. By itself. Uso l'inglese: sarà argomento di un mio prossimo post. ciao.
RispondiEliminaDopo essermi goduto il tuo scritto ritegno che la sarebbe fantastico se la Croce Rossa e tutte le associazioni che si occupano di inviare dall'"occidente" ai popoli più disagiati della terra generi di prima necessità e vestiti, se queste associazioni inviassero lo dei parchimetri.
RispondiEliminaIl parchimetro quale efficace mezzo di pace (ok, magari non fra automobilisti e forze dell'ordine). Se in Libia, in Egitto, in Siria, in Tunisia piovessero parchimetri e dovessero rispettarli, questo fatto da solo porterebbe via tempo prezioso ai fomentatori di odio, da qualsiasi parte arrivino. Sarebbero costretti a venire in contatto con il senso stesso della democrazia: un piccolo pegno per il bene di tutti.
Sono convinto che se quella povera gente che vede le proprie esistenze ridotte a sterile statistica agli occhi del mondo potesse avere il privilegio di una vita serena per loro e i loro cari, piena di salute, di opportunità, di un futuro che si proietti davanti ai loro occhi insanguinati per 20 anni e non i 2 minuti attuali... se solo potessero farebbero cambio con noi. Al volo. Senza neppure pensarci.
Qui siamo tutti schiavi, ma solo di noi stessi e delle nostre paure, dei nostri vizi. Ed è un lusso che loro non riescono neppure ad immaginare, credo.
Un parchimetro da solo può seminare più democrazia di un'intero G20 chino sul problema.
Sono un obbediente (con tutte le deroghe che il mio status di essere umano mi garantisce e che sfrutto appieno quando mi serve e la coscienza non è in casa). Obbedisco alla mia coscienza e alle regole che miei simili hanno scritto per dare al mio paese una speranza di vita migliore possibile.
E lo farebbero anche Libici, Egiziani, Tunisini, Siriani Palestinesi e tutti gli altri, se solo potessero.
p.s. nel cruscotto della mia automobile c'è un biglietto con scritto "Parchimetro guasto" e ogni volta che lo tiro fuori, la giornata inizia bene.
Saluti da un occhialuto col pizzetto che grazie a te ha imparato cosa vuol dire "resilienza" e altre parole che hanno cambiato un pochettino, in bene, la mia vita.