Oggi sono stato in due mondi. Mi interessa il secondo. Ma la prendo larga e racconto anche il primo. Inizio dalla visita al negozio di prodotti biologici e "meditativi": non ci andrei mai, non per altro, ma perché mi hanno sempre dato
l'impressione, sin da bambino, quando mi ci trascinava mia madre alla ricerche
di macchine per fare gli yogurt in casa (gli yogurt in casa!), di essere - mi
perdoneranno tutti, dico: TUTTI - dei posti da "softies". Oggi - oggi! - ero
rimasto senza incenso. E siccome sono dipendente dall'incenso, ho fatto quello
che da fumatore ho fatto in passato pur di fumarmi una
sigaretta prima di andare a dormire quando ero rimasto senza: chilometri. Quindi: entro nel negozio e capisco subito di essere troppo su di
giri rispetto all'atmosfera che regna nel piccolo tempio incastrato dentro la
città. Significa: che sono troppo di fretta, troppo deciso, troppo diretto,
troppo ad alta voce. Troppo vivo. Scendo di tono. Di tutto. Ora sono: calmo,
rilassato, consapevole, mediamente deciso, relativamente vivo.
- C-e-r-c-a-v-o
d-e-l-l-'- i-n-c-e-n-s-o....
- Ssssss.... Piano, che mi svegli i clienti. In fondo a sinistra.
Mi fiondo e per
fortuna me ne accorgo prima. Troppo veloce. Rallento. Sott'acqua raggiungo l'espositore
degli incensi. Prendo il primo che mi capita sotto mano: tibetano senza legno.
Pago (lentamente) e (lentamente) lascio il tempio del biologico.
Ora sono davanti alla vetrina di un libraio. E di questo, in realtà,
volevo parlare sin dall'inizio. Il libro che mi colpisce è quello che riporto nella fotografia sopra. Ci metto un secondo e nell’ordine: entro,
scarto, sfoglio, decido, pago. Ciao. Anzi no. Commento: il sottotitolo non
torna. Poi vedremo perché.
Solo. Finalmente. E moooooolto velocemente solo. Apro il libro (edito da Contrasto e dalla Fondazione Umberto Veronesi). Guardo.
Guardo. Divoro le immagini, molte già note, ma sempre straordinarie nell’impaginazione,
nel ritrovarle, nel contatto fra cio’ che ti sta davanti e l’archivio del
cervello che si sveglia a velocità folle.
Un altro mondo. Quello vero. Finalmente. E velocementeeeeeeee. Il mondo
che succede ogni giorno. Niente finzioni: del biologico che “è anche una
politica di vita”, della lentezza “che la vita te la allunga”, del sottovoce “che fa stare bene tutti”,
del profondo rantolo di un lontano
ma “sempre presente didgeridoo".
La vita è questa. Dentro queste fotografie. Dedicate alla memoria di due fotografi recentemente scomparsi su uno scenario di guerra (Libia) e che Faccia da reporter aveva a suo tempo ricordato e onorato: Tim Hetherington e Chris Hondros.
Riporto un passaggio della prefazione di Denis Curti (foto):

Cito ancora una frase riportata nella prefazione, è di Walter Benjamin: “non
vi è mai documento di civiltà che non sia al tempo stesso documento di barbarie”.
Perché non mi convince il sottotitolo? Dice: "90 fotografie dai principali conflitti nel mondo per dire basta al dramma della guerra." Due (fra i numerosi) motivi. Primo: per dire basta - davvero basta - ne basterebbe una di fotografie. Ma non basterebbe comunque. Secondo: dire "basta al dramma della guerra" mi fa pensare all'esistenza (per quanto ipotizzabile) di una guerra "senza dramma". All'illusione di una guerra pulita, decente, sopportabile. Sarebbe bastato scrivere: "per dire basta alla guerra". E non sarebbe comunque bastato.
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