Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

giovedì 20 giugno 2013

Welcome Giles!

Giles Duley
(c) 2013 weast productions
Giles Duley è arrivato. Domani sera, venerdì 21 giugno, questo fotografo britannico sarà protagonista di EventiReali a SpazioReale. Alle ore 21 all'Antico Convento delle Agostiniane a Monte Carasso mostrerà le sue fotografie e ci parlerà di lui e del mondo. Con traduzione dall'inglese. Una serata che vi assicuro sarà ricca di emozioni e di riflessioni. Con un personaggio semplicemente eccezionale. E simpaticissimo. Vi aspetto!

Nella Regione di domani, troverete una lunga intervista con Giles a cura di Ivo Silvestro.

venerdì 14 giugno 2013

Il mondo nei tuoi occhi.

(c) weast productions
World Press Photo 13 a SpazioReale: l'esposizione è aperta questo week-end dalle 11.00 alle 18.00. Perché il mondo non si racconta mai abbastanza. A SpazioReale ci mettiamo del nostro: aggiungiamo qualche frase, senza parole. Immagini, queste soltanto. Da portarsi a casa, negli occhi. 

giovedì 13 giugno 2013

Scendi, ti prego.


Ho cominciato a fare il tifo per lui quasi subito. Un attimo prima, tuttavia, mi stava sulle palle. Quando era seduto nella station wagon bavarese col braccio sinistro fuori dal finestrino, col tatuaggio cattivo bene in vista e il motore (un diesel, un diesel...) acceso, mi stava decisamente sulle palle. Quando ho visto la sigaretta accesa fra le sue dita, mi stava ancora sulle palle. Quando ho visto la seconda e poi la terza e poi la quarta sigaretta svaporare via, ha cominciato a starmi simpatico. Quando  è sceso dalla macchina e ha sottratto alla gravità un buon metro e novanta di muscoli e palestra era lì lì per starmi di nuovo sulle palle. Quando il suo cellulare, appoggiato sul tetto della macchina, ha vibrato e lui ha risposto, è tornato a starmi simpatico. Al punto che io stavo decisamente dalla sua parte. "Clara, dai, ma vieni giù, cazzo, ma è un'ora che ti aspetto, Claaaara, ti prego, scendi, io non mi muovo, Claraaaa...". Che vita. Vita da maschi. Puoi metterti tutti i jeans scuri di questa terra, tutte le t-shirt e i gilettini in pelle di questo mondo, puoi frequentare tutte le palestre che vuoi, ma a questa fottutissima e difficilissima vita da uomini non sfuggi. Quando l'ho visto rientrare in macchina, sedersi, accendersi una nuova sigaretta (l'ennesimo mortaio caricato a salve!), ero pronto ad adottarlo. Così, un paio di giorni insieme: magari aveva voglia di parlare, cercava un amico che non avrebbe rivisto mai più, un confessionale con dentro non un prete, ma uno che non inventava penitenze. Stava, a penitenze, messo male abbastanza così. Aspetta, ora riaccende il motore, fa qualche metro, riparcheggia. Da una gradinata che sembra messa lì da uno scenografo, illuminata dall'arancione di un lampione di seconda mano, scende, signore e signori, Clara. Leggera, come un fazzoletto di seta, e quasi fragile, anzi: davvero fragile ad essere onesto fino in fondo. Delicata. Ma senza - vedete: senza - l'aria di una che abbia un pur remoto interesse a recuperare il ritardo accumulato. Clara svolta a sinistra e si avvicina al finestrino della macchina, dalla parte di lui. Aperto come una ferita provocata da una pallottola dum-dum. Non me l'aspettavo. Ho colto - giuro, nonostante la distanza - un "vaffanculo, le prendi, Clara".  No. Questa lui non me la doveva fare. Questo non doveva dirlo. Ha rovinato tutto. La mia prospettiva dal balcone, la mia quasi complicità, la mia comprensione, l'illusione di una storia strappalacrime al maschile che avremmo - forse - esorcizzato insieme davanti a un gin tonic, il primo e l'ultimo in comune, c'è un limite anche alla solidarietà fra uomini.
Lui ingrana la marcia, lo vedo ancora, e mentre la macchina fa un balzo avanti, Clara gli fionda la punta meravigliosamente tesa (un disegno...) delle sue high-heels nella fiancata. Ho sentito uno "smack". Nei fumetti è quello che scrivono quando due si baciano. In questo caso, no kiss. Datemi pure del voltagabbana, ma io sono passato dalla parte di Clara. Ora faccio il tifo per lei. Anche se se ne è andata via in un attimo. Credo si sia tolta le scarpe, restando a piedi nudi sull'asfalto che scorreva come un tapis-roulant muto e consapevole del suo dovere: metterle le ali. Non ho sentito nessun rumore mentre Clara rincorreva la station nera. Decisa a dargliene ancora. E a ragione, credo. Sono di parte, lo ammetto. Ma sono disposto a starmene sveglio tutta la notte per rivederla. Senza scarpe. O, magari, con una sola. L'altra, se non mi sbaglio, è rimasta incastrata nella fiancata della BMW nera. E forse anche - ad aver calciato bene, ma questo non l'ho visto - nel fianco di lui.   

Così vicino, quasi un bacio.

(c) 2013 weast productions
Vuoi mettere due signore sedute in un caffè del centro? Insieme. Due amiche. Sedute come se "andassero in treno", qualcuno dice ancora così. O, aspetta, come se fossero al cinema. Vuoi mettere una borsetta alla moda posata sul tavolo, e un giornale, appena letto, posato sul tavolo anch'esso, con dentro quella dose di mondo che oggi può anche bastare tanto hai voglia se non succedono sempre le stesse cose. Da una vita, ormai. E l'espresso, che una ha già bevuto, comediocomanda, si beve caldo, un sorso e via, massimo due. E il cappuccino dell'altra, a metà strada, ma così vicino che è quasi un bacio. Silenzio, che è lì come una meraviglia: si sta di un bene. Osservare quelli che passano. Benedire il caldo che finalmente ti tira fuori i dolori dalle ossa, come l'umidità da una vecchia casa. Ma cosa dici vecchia, che io mi sento una ragazza. Quel primo caldo che quando ci si mette è pure capace di tirati fuori dalla memoria - come se fosse vivo! - un amore estivo di lasciaperdere quanto tempo fa, ma da sembrarti oggi e da sembrarti vero. E da farti arrossire. E, per un attimo, volare via. Non si invecchia mai. Due ragazze. Sedute in un caffè. Insieme. Come al cinema. Osservare la vita. Quella davanti agli occhi e quella che è già passata. Si sta di un bene che non ti dico. Tu, che ne dici?

Aspettando Giles.


(c) 2013 SpazioReale.
Il 21 giugno alle ore 21.00 SpazioReale ospita il fotoreporter britannico Giles Duley. Siete tutti invitati a una serata fatta di immagini proiettate all'aperto e dei racconti di Giles. Per saperne di più vai sul sito di SpazioReale cliccando QUI. Se desideri restare aggiornato sulle attività e gli appuntamenti di SpazioReale segui su Twitter @SpazioRealeInfo.

mercoledì 12 giugno 2013

E allora mi guardano.

(c) 2013 weast productions
Quando mi chiedono da dove vengo, rispondo che sono nato in un paese dove i parchimetri sono più puliti di me. E allora mi guardano: mi sbaglierò, eppure a volte mi sembra di cogliere, nei loro occhi, una strana luce, la scintilla di chi non osa dirtelo, ma sotto sotto lo pensa. Per quanto sia messo male, ma male davvero, chi si trova fra le mani la mia risposta pensa di essere messo un po' meglio di me. Lì dove vive, almeno, i parchimetri fanno la doccia quando piove. Se piove. E se ci sono, i parchimetri. 

sabato 8 giugno 2013

Il senso del taccuino.

(c) 2013 weast productions
Oggi, sabato 8 giugno, nel Senso del taccuino sulla Regione: "Sei, o tra, nei miei occhi". Qui di seguito il (solito) estratto.


Il problema è: dove metterla, tutta questa vita? Cosa farne?
Rewind: sembravano non finire mai. Le estati in campagna, le chiacchiere sotto gli ulivi dentro un'ombra viva: sapevi che era lì per te. Le due bambine sempre dietro la nonna. Suo marito, quando l'ospedale glielo permetteva e i pazienti stavano tranquilli e insomma ce la mettevano tutta per guarire, trascorreva qualche giorno anche lui nella casa che era stata dei suoi bisnonni. Sembrava non finire mai neppure il tempo. Le ore non trascorrevano: si moltiplicavano. “Guarda come crescono le bambine”. “A vista d'occhio”. Dalla cucina, alle due in punto: “`È prontoooooo!” La sera, alle nove, quando la notte sembrava un altro mondo, stessa cosa: “A tavolaaaa!”. Dopo, il tè. Litri di tè. E chilometri di parole. Le ore si stringevano ai minuti e mettevano al mondo altro tempo. Infinito.