Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

lunedì 6 giugno 2011

Vedere da dentro (parte seconda).

I miei occhi, cercano di mettere a fuoco qualcosa, una cosa qualsiasi, ma non trovano nulla ed iniziano a farmi male, così decido di chiuderli, mi rilasso un po'.

I suoni, sembrano tutti una confusione, voci e voci, ma non ne capisco la provenienza cerco un viso, uno sguardo mi sembra di stare in una stanza troppo affollata..ecco il disorientamento.

Piano piano tutti trovano un posto.
Scopro subito l'importanza, di chiamare tutti per nome, poi la testa si muove a destra e a sinistra perché l'educazione ti insegna a guardare in faccia alle persone, ma c'è solo una voce in quella direzione.

Camilla e Luigi, sono persone straordinarie, che ci raccontano tanto della loro vita. Ci invitano a fare domande anche le più banali: tutto ha una risposta.

Scopro stupita che sono molto autoironici, c'è chi ha chiesto se il Sig. Bertoli, visti i suoi tanti impegni politici sia un presidente presente, risposta: " ah ma nüm al vedom pö mai...

La serata si è conclusa con la cena, bicchieri sopra il coltello, a destra del bicchiere bottiglia d'acqua, tovagliolo sotto forchetta, nel vostro piatto trovate carne a ore 6, patate a ore,..

È difficile ragazzi trovare il mangiare nel piatto , o sapere quanta acqua hai nel bicchiere, senza infilarci un dito,...Lo ammetto ho mangiato il mangiabile con le mani e bevuto dalla bottiglia.

A loro, basta darsi una voce, per sapere in che punto sono della stanza...per me ha dell'incredibile.
Io sento la necessità di toccare, la sedia, chi è seduto al mio fianco, quasi una conferma di non essere sola...mi ritrovo con le lacrime agli occhi perché sono felice di queste emozioni.

Il ritorno alla luce è stato graduale, ma da tutti percepito con fastidio...prendiamo visione della stanza che chi ha ospitati: è piccola più piccola di quanto avessi pensato, anche la disposizione dei tavoli è diversa. Che strana la mente...

Alcune settimane dopo ricevo una mail da casa Andreina: era la copia vocale della lettera di ringraziamento che abbiamo spedito...i miei occhi, si riempiono nuovamente di emozioni... - Xenia -

domenica 5 giugno 2011

Squadra speciale

(c) 2011 weast productions
Oggi non ho tempo per dedicarmi alla scrittura. Pubblico questa foto, che ho scattato in Afghanistan. La intitolo "Squadra speciale". Un uomo, in bicicletta, e suo figlio sul portapacchi, con in mano una pistola. Credo fosse di plastica. Quando andavo a scuola mi capitava di dare o di chiedere un passaggio a qualcuno: si finiva sempre sul portapacchi dietro (zero motorino). Ci sentivamo, sfrecciando nel traffico di Bellinzona, una "squadra speciale". Solo che Bellinzona non è Kabul. E nessuno di noi aveva mai - dico mai - sentito il bisogno di impugnare una pistola.  A Kabul quasi tutti i ragazzini girano imbracciando armi terrificanti. Sono di plastica. Ho sempre percepito, guardandoli ogni volta, la loro impazienza che diventino vere.

sabato 4 giugno 2011

Storie di barbiere

(c) 2011 weast productions
La storia - breve - in immagini di una bottega da barbiere davvero speciale. Dove lavorano e si incontrano persone di cultura, lingua, religioni diverse. Un riassunto del mondo. Ciascuno ha la sua storia. Ciascuno l'ascolta. Ciascuno la commenta. Storie di fughe, di partenze verso il lavoro, di guerra alle quali sfuggire, di vite rimaste a metà e poi ricominciate.

venerdì 3 giugno 2011

Pubblico il messaggio inviato da Milena (con sua autorizzazione). Lo ha intitolato "Monologo al femminile".



Il messaggio di Milena si riferisce al mio post su Aisha Abibi e sulla verità sopportabile in immagine. Eccolo, scritto nell'italiano musicale e straordinario di una persona che ha un'altra lingua come madre:

Caro Gianluca,
queste sono le mie interogazioni ad "alta voce", mio modo diverso di vedere molte cose, sulla pianeta terra. 
Non vorrei essere fraintesa , tutto il mio rispeto e solidarietà  per il dolore di donne corragiose  come Aisca Abibi, pero vorei dire una  mia osservazione dopo aver letto queste parole navigando in  internet, non sono molto coerente sull tema ma leggevo questo :
"...alla ragazza, il Time dedicò una copertina e ora ha ricevuto il premio, l'Enduring Heart Award appunto, che la fondazione Grossman Burn consegna alle donne coraggiose vittime della barbarie umana."
Mio pensiero subito andava verso quelle donne che ho incontrato sulla mia strada, di quelle donne che ho visto piangere e gridare anche nelle nostre piazze di giorno (anche di notte) , sfrutate al massimo, ma oviamente per educazione ... nessuno le chiedeva niente, hanno sentito chi è.... detto da lei stessa piangendo mentre parlava  con qualcuno al telefono ..
Poi quelle donne  mutilate dentro , senza poter dimostrare  loro cictrice interene, se non con dei colori di propria  anima sulla pelle dannegiata ... quante donne non c'e` l` hanno fate di essere "brave " , corraggiose ... ?
 Sara forse loro colpa perche erano debole, perche dovevano reagire da sole, perche non laureate, perche si sono scelte loro .... come sento spesso  parlare donne di "sucesso",  pero stranamente quelle donne vanno soltanto in vaccanza ad abbronzarsi a loro paesi a una condizione  pero` che la  situaziopne è sicura e che non ci sia in vista qualche guerra ....
 Per non parlare pio di quelle straniere ,brave, diventate Swizzere grazie ai suoi maritini e morosi che proclamano bonta... tirando l`aqua a suo mulino pero`...
Mi piange cuore quando sento certe notizie ,done rinchiuse , espulse, stroncate da indiferenza e brutalità da chi sta bene o non avevano fortuna di incontrare "salvatori"...?
Ma bisogna essere sulla croce per essere riconosciuti in questo mondo, a vantagio da chi  ?
Secondo me verità si, mostrata si, pero` esiste anche segreto professionale, una Legge snitaria che dovrebbe proteggere pazienti ,vittime,  secondo loro consensi e diriti ... ma in caso di guerra , rifugiati sono pazienti di chi, di quale terra, di qualli diritti...?
Ma che triste, quando il cuore diventa soltanto un muscolo per certe persone .....
Concludo con queste parole di Gandi :
«Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo» (Gandhi)
Luce e Amore
Io coloro il mondo con dei colori di cuore e non cosi come questo mondo abbia ferito me  ..
Milena

Novità

I miei scatti dai miei viaggi. Da osservare e commentare.

giovedì 2 giugno 2011

Quanta realtà ti va?

(c) weast productions
Sto organizzando qualche idea in merito al tema: che cosa vogliamo mostrare in TV o nelle fotografie pubblicate su riviste e giornali? Ne sento la necessità dopo che, ancora recentemente, ho notato, espressa in articoli e discussioni con colleghi, una non celata propensione alla censura nei confronti delle immagini forti. Immagini, in altre parole, che mostrano la realtà. Immagini che io chiamo vere. Sono convinto che vadano mostrate, perché raccontano la realtà. E se vogliamo documentarla, correttamente, questa realtà dobbiamo mostrarla. Disturba? Va bene. Inquieta? Va bene. Ti rovina la colazione davanti a una foto sul giornale? Va bene. Ti ammala la cena? Va bene, anche questo. Dovrei trovare il tempo per pubblicare domane. Se fra i miei lettori c'è qualcuno che nel frattempo vuole rompere il ghiaccio, con piacere. Intanto pubblico una fotografia, che ci consentirà di riflettere e discutere. E di concludere, magari, che non ci sono regole universali ma che le scelte operabili sono molte. Partendo dal presupposto - opinione mia personale - che nulla sia dettato dalla censura, peggio ancora dall'autocensura.

Riflessioni di un giornalista

(c) weast productions
Desidero aggiungere qualche riflessione al post precedente (profughi siriani). E chiamare in causa quello che è il mio mestiere, il giornalismo, per essere, fino in fondo, imparziale (se possibile). Se i profughi da Ginevra non si vedono, spesso non li vedono o peggio non li vogliono vedere nemmeno i giornalisti. I profughi sono, in questo caso, il tema dibattuto, ma gli esempi sono tanti. Voglio essere preciso: non li vede chi decide quali notizie pubblicare, approfondire, dare al pubblico. I profughi sono una popolazione che puoi incontrare in grande numero, un fiume umano in fuga; a volte, pero', ne incontri dei gruppi sparuti, spaventati e timidi. Fa notizia il fiume, non il rigagnolo che appena ci sfiora. Quando li incontri? Magari mentre ti avvicini al luogo dal quale poi manderai servizi, corrispondenze, immagini e articoli. Li incontri prima, e secondo una certa logica giornalistica sono loro, i profughi, "fuori posto". Sono arrivati troppo presto, potevano almeno aspettare il reporter, attenderlo li', dove lui è destinato. Sono partiti prima, allora non se ne parla. Ho sempre avuto idee diverse, in merito. Sono profondamente convinto che il giornalista che parte verso una destinazione dove viene combattuta una guerra, dove la popolazione civile soffre - ma anche un giornalista inviato su altro fronte - debba raccontare tutto quello che vede durante il suo viaggio. Raccontare, filmare e chiedere a chi decide, back home,  di trasmettere, di mostrare tutto. In questo modo anche i profughi in fuga troverebbero giustizia - per quanto minima - nel racconto che facciamo di loro. Anche se non sono piu' sul luogo dei combattimenti. Fosse per me manderei in onda anche gli incontri - quanto interessanti! - che si hanno con gli autisti, alla fermata in mezzo al deserto per un tè, e tante altre cose ancora. Trasformerei in racconto da offrire al pubblico (lettori, spettatori, ascoltatori...) tutto quanto vivo durante il mio viaggio di avvicinamento allo scenario di una guerra, di una crisi, di un terremoto, di qualsiasi altra cosa, di qualsiasi altra notizia. Cronaca spicciola? Ma quando mai. La vita, il senso dell'umanità, della giustizia e dell'ingiustizia, del dolore e della speranza, della disperazione e della forza è ovunque.