Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

venerdì 7 novembre 2014

Il senso del taccuino.

© 2014 weast productions / gianluca grossi

Domani, sabato 8 novembre,  nel Senso del taccuino sulla Regione: "Il matto e la radiolina". Qui di seguito il (solito, ma perché lo metto fra parentesi?) estratto:

I cani erano entrati nel villaggio con una camminata storta e stralunata. In pochi ci avevano badato, era mattina presto e la giornata andava preparata, anche se sarebbe stata uguale a tutte quelle che l’avevano preceduta. La vita non concedeva variazioni e forse era un bene. Con il trascorrere delle ore, erano giunti altri cani, lerci e con la faccia da bastardi. Eppure, c’era dell’altro, se uno si prendeva il tempo di osservarli, prima di lanciargli una pietra o prenderli a bastonate. Era la paura. Quei cani avevano paura. E non scappavano, anche quando a furia di sassi e botte i loro corpi scheletrici e appuntiti sanguinavano. Si erano riuniti nel centro del paese: una banda di impostori con i denti aguzzi ma zero forza in corpo per usarli. Qualcuno si leccava le ferite, altri stavano immobili sulle zampe piantate nel terreno, a malapena capaci di reggere un corpo che non pesava quasi più nulla, ferri arrugginiti e storti. Il quadro suggeriva la ritirata e l’attesa. Una squadra di accattoni che si erano inventati una strategia per tirare a campare e rimediare una schifezza da mettersi nello stomaco. I bambini tornavano da scuola. Le donne preparavano il pranzo. Gli uomini erano nei campi. Alcuni erano rimasti a casa, pigri e invecchiati troppo presto. 

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