Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

domenica 30 settembre 2012

Lo sguardo è dissidenza.

(c) 2012 weast productions / gg.


Grazie al numerosissimo pubblico intervenuto all'inaugurazione di SpazioReale e di Il resto della vita. Con piacere assecondo le richieste di molti di leggere il testo del mio intervento. I video di tutti gli interventi, questo incluso, sulla pagina Facebook di SpazioReale. Clicca QUI.

Grazie al pubblico per essere intervenuto cosi' numeroso. Nonostante il tempo avverso. Alcuni, vedo, hanno addirittura osato varcare il Monte Ceneri, altri il San Gottardo. Benvenuti a tutti, con affetto. 

Desidero ringraziare il Municipio di Monte Carasso per avere creduto in questo progetto e averlo, insieme ad altri, sostenuto.

Desidero in particolare esprimere il mio grazie alla squadra di SpazioReale, che ha lavorato con passione, ingegno e creatività all'allestimento di questo spazio e dell'esposizione che lo inaugura. Grazie, quindi, a Rossana Martini, che un po' come Milla lo aveva per la neve, ha il senso per le esposizioni. Grazie a Luca Tanner, segretario comunale di Monte Carasso, che ha saputo trovare le soluzioni che spesso necessitavano, grazie al grafico Manrico Pierangeli, al suo lavoro sensibile e puntuale, grazie Naima Chicherio che ha trascorso molto tempo negli spazi di SpazioReale e a Maurizio Secundo, che con la professionalità di chi padroneggia l'informatica ha curato la stampa delle fotografie arricchendola dell'innamoramento dell'artigiano per il suo mestiere.

Sto per raccontarvi una storia, signore e signori.

Un giorno, in un paese lontano, me ne stavo tranquillo a sorseggiare il tè seduto su una minuscola sedia di paglia davanti a un tavolino rotondo con le gambe cosi' basse che quasi toccava terra.

Avevo tracorso la giornata fotografando. Mi ero recato nella periferia polverosa di una città già polverosa di suo per incontrare chi fuggiva dalla guerra. Bambini orfani, donne ammalate, uomini accecati da esplosioni o da malattie non curabili in quel paese. Qualcuno avrebbe potuto definire quel posto e quella gente POCO RACCOMANDABILI. Insomma, da starci alla larga.

Io li avevo avvicinati. E avevo trascorso delle ore, osservandoli, ascoltandoli e fotografandoli quando avevo capito che il mio sguardo non li avrebbe turbati o offesi.

Il popolo di cui parlo ha una caratteristica: quando qualcuno capisce che lo vuoi fotografare si immobilizza. E ti fissa.

Risponde al tuo sguardo. Restituisce cio' che tu in quel momento sei: sguardo.

Hai di fronte lo specchio di te stesso. E in quell'istante capisci che lo sguardo puo' ingannare oppure spalancare le porte della realtà.


Lo sguardo che ti spinge a definire, identificare le persone che quel giorno avevo incontrato come POCO RACCOMANDABILI è uno sguardo che INGANNA.

L'altro sguardo, quello che scopre, rivela, rende trasparente la superficie della realtà è diverso: è lo sguardo di cui parlavo, quello che gli individui immobili davanti alla tua macchina fotografica restituiscono. E' uno sguardo lucido, penetrante.

E' uno sguardo da allenare. Ma è il solo in grado di restituirci la realtà nella sua integrale verità.

Al tavolino al quale me ne stavo seduto, non ero piu' solo. Si era avvicinato, silenzioso come un pensiero che ti ritrovi a rincorrere, un signore. Anziano. Dov'ero, sei anziano a 50 anni. Si era accorto delle mie macchine fotografiche e si era incuriosito. Ce ne stavamo li' in silenzio, come fossimo stati sempre amici. Poi, in un inglese ben costruito, il mio compagno di tè mi aveva fatto una domanda, una soltanto. Mi aveva chiesto quale sguardo avevo portato nel suo paese e quale sguardo avrei lasciato che gli altri, chi cioè avrebbe visto le fotografie, esercitassero su di loro.

Aveva colto nel segno.

Aveva voluto indagare se il fotografo era giunto nel suo paese con uno sguardo condizionato, viziato. Lo sguardo che trae in inganno.

Nella sua domanda avevo colto la speranza che, invece, il mio sguardo fosse quello totalmente imbevuto di soggettività. Uno sguardo, voglio dire, che fosse esclusivamente rivendicazione del fatto che fossi io a guardare. Io come individuo.

Si augurava, questo signore, che il mio sguardo riuscisse a compiere un fulmineo viaggio a ritroso nel tempo – nel tempo della mia vita – e riuscisse a tornare a esprimere la sorpresa del primo sguardo sul mondo. La sorpresa che abbiamo provato tutti guardando per la prima volta il mondo. C'è un solo problema: non ne abbiamo consapevolezza.

E' questo sguardo che definisco SGUARDO SOGGETTIVO.

Uno sguardo che, ancora, non è stato viziato da nulla. Che non è stato ammaestrato, sviato, manipolato, relativizzato.

Rivendico, signore e signori, la necessità di questo sguardo soggettivo sul mondo, uno sguardo che abbia memoria del primo sguardo, del nostro primo sguardo.

E' uno sguardo intriso di stupore, creatività e fantasia. Creatività e fantasia intese come facoltà, capacità di mettere in relazione cio' che del mondo vediamo, di farlo senza seguire il cammino che i poteri infiltrati nella nostra esistenza – la politica, l'economia, l'informazione, una certa educazione, eccetera – suggeriscono, dissimulando questo imperativo nella carta regalo del buon senso.

La creatività, signore e signori, è dissidenza, lo insegna un'arzilla signora ottantenne egiziana, Nawal El Saddawi. Dissidenza intesa come percezione controcorrente della realtà. Dissidenza come sguardo soggettivo sulla realtà.

SpazioReale, nel quale vi apprestate a entrare, vuole suggerire questa esperienza della realtà.

Il resto della vita è la prima sfida lanciata. Uno sguardo su chi è sopravvissuto alle guerre. Che cosa ci dà la forza di andare avanti, ricominciare a vivere dopo avere subito la guerra, la violenza, ma non soltanto. Andare avanti nonostante il dolore, la perdita di una persona amata, lo smarrimento?

Sono queste le domande del Resto della vita. Agli scatti ho consegnato la mia risposta.

Dedico l'esposizione a mio padre, Plinio, che se ne è andato poco tempo fa. E' stato, questo, l'ultimo lavoro fatto insieme. i titoli delle fotografie sono suoi.

E' suo anche il titolo Il resto della vita.

Che cosa voleva dire mio padre proponendomi questo titolo, consapevole ormai che la vita gli avrebbe concesso ancora soltanto qualche giorno?

Credo sia, il resto della vita, il tempo e lo spazio che l'esistenza ci concede per guardare alla realtà con lo sguardo soggettivo. Il primo sguardo. Lo sguardo di un bambino. Uno sguardo che rivendica il valore pieno e inalienabile di un essere umano.

Uno sguardo imbarazzante per il potere, per i poteri che vorrebbero controllare ogni aspetto della nostra esistenza. Tanto piu' imbarazzante oggi, che ci vorrebbero tutti in fila, obbedienti, muti, senza sguardo.

Ecco perché questo sguardo va esercitato. Questo sguardo è uno slogan. Una rivendicazione. Questo sguardo è dissidenza.

Non voglio, tuttavia, signore e signori, suggerire risposte al significato del Resto della vita. La risposta all'interrogativo suggerito da questo titolo è nel vostro sguardo.

Vi ringrazio con affetto per essere qui. E vi auguro un buon viaggio dentro SpazioReale.


2 commenti:

  1. Non avrei immaginato che potesse prendere forma uno spazio espositivo in cui poter guardare il mondo negli occhi. Un mondo, in questo caso, dove dominano la sofferenza, la fame, la malattia.
    Gianluca, con le sue fotografie, ha creato dei documenti reali. Con la responsabilità etica di testimoniare il mondo, ne ha colto l'essenza e ce l'ha restituita.
    La scelta del bianco e nero, a mio modesto parere, ci racconta il fatto specifico, ma la sottrazione di una parte di realtà, favorisce l'astrazione e crea rimandi più universali.
    L'allestimento dell'esposizione ha un ruolo importante. Ci aiuta a guardarle con uno sguardo che senti tuo, nel profondo..
    Sono sospese nel vuoto, leggere, come fotogrammi che ti trascinano con forza a ritroso nel tempo, fino all'istante in cui sono state fermate, per poi farti vedere quello che nelle fotografie non c'è...
    Il luogo che le ospita svolge anch'esso il suo ruolo. Non è uno spazio qualunque, ha la sua storia, ed è stato testimone di tante vite e tante storie e saprà come accudirle
    Tornerò a visitarla, in un momento di maggiore calma. Troverò nuovamente conferma, ne sono certa, del potere che le immagini hanno nel farci entrare in contatto con la realtà che vediamo e che non vediamo.
    Complimenti e grazie a te Gianluca e a tutta la squadra

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  2. Mi sono permesso di pubblicarla sulla pagina FaceBook diSpazioReale, perché davvero molto bella.

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