Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

venerdì 6 giugno 2014

Il senso del taccuino.

© 2014 weast productions
Domani nel Senso del Taccuino sulla Regione: "Due fratelli nel sonno". Un racconto dalla guerra e la storia della Donna cannone sul treno. Qui di seguito il solito estratto:

Sul foglio del taccuino c'è scritta una frase, in inchiostro nero, che non ricopre tutte le lettere, alcune sono raschiate sulla carta e non hanno colore. Strano, perché la penna era piena. Sono leggibili anche le lettere senza inchiostro. Cicatrici. Quando frequentiamo i margini tormentati della realtà ce ne torniamo a casa con strane immagini. È normale. Lo facciamo quando rientriamo nei ranghi, quando l'elastico si rilassa dopo averci riportati in una sorta di mondo di mezzo, dopo averci impedito, non spezzandosi, di restare là. Ad esempio, là dove erano uscite quelle parole consegnate a un foglio di carta, così in fretta che l'inchiostro non seguiva. Chiamarle, ora, “cicatrici” è un modo per dare un senso a ciò che ha soltanto un significato. Dare un senso è molto di più: è la certezza che ciascuna lettera scritta su quella pagina di taccuino contenga anche la vita di chi l'ha scritta. Molto spesso l'operazione di “dare un senso alla realtà” sprigiona un'immagine. Quella delle parole raschiate che diventano “cicatrici”.

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