Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

giovedì 2 giugno 2011

Riflessioni di un giornalista

(c) weast productions
Desidero aggiungere qualche riflessione al post precedente (profughi siriani). E chiamare in causa quello che è il mio mestiere, il giornalismo, per essere, fino in fondo, imparziale (se possibile). Se i profughi da Ginevra non si vedono, spesso non li vedono o peggio non li vogliono vedere nemmeno i giornalisti. I profughi sono, in questo caso, il tema dibattuto, ma gli esempi sono tanti. Voglio essere preciso: non li vede chi decide quali notizie pubblicare, approfondire, dare al pubblico. I profughi sono una popolazione che puoi incontrare in grande numero, un fiume umano in fuga; a volte, pero', ne incontri dei gruppi sparuti, spaventati e timidi. Fa notizia il fiume, non il rigagnolo che appena ci sfiora. Quando li incontri? Magari mentre ti avvicini al luogo dal quale poi manderai servizi, corrispondenze, immagini e articoli. Li incontri prima, e secondo una certa logica giornalistica sono loro, i profughi, "fuori posto". Sono arrivati troppo presto, potevano almeno aspettare il reporter, attenderlo li', dove lui è destinato. Sono partiti prima, allora non se ne parla. Ho sempre avuto idee diverse, in merito. Sono profondamente convinto che il giornalista che parte verso una destinazione dove viene combattuta una guerra, dove la popolazione civile soffre - ma anche un giornalista inviato su altro fronte - debba raccontare tutto quello che vede durante il suo viaggio. Raccontare, filmare e chiedere a chi decide, back home,  di trasmettere, di mostrare tutto. In questo modo anche i profughi in fuga troverebbero giustizia - per quanto minima - nel racconto che facciamo di loro. Anche se non sono piu' sul luogo dei combattimenti. Fosse per me manderei in onda anche gli incontri - quanto interessanti! - che si hanno con gli autisti, alla fermata in mezzo al deserto per un tè, e tante altre cose ancora. Trasformerei in racconto da offrire al pubblico (lettori, spettatori, ascoltatori...) tutto quanto vivo durante il mio viaggio di avvicinamento allo scenario di una guerra, di una crisi, di un terremoto, di qualsiasi altra cosa, di qualsiasi altra notizia. Cronaca spicciola? Ma quando mai. La vita, il senso dell'umanità, della giustizia e dell'ingiustizia, del dolore e della speranza, della disperazione e della forza è ovunque.

2 commenti:

  1. Che cosa Le impedisce di farlo ? La storia del rigagnolo vale tanto come quella del fiume. Allora perchè non imporre a chi è back home di farla conosciere, di lasciare racontare chi può testimoniare, non importa se è dentro o fuori timing ?
    Mi perdoni questa reazzione à chaud.

    Donatella

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  2. Inzio con il ringraziarla per la spinta, per la forza che mette nella sua reazione. E' importante, per me, sentire questi pensieri. Lavoro a una risposta, e la postero' non appena sarà terminata. A presto.

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