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Sabato 11 novembre, nel Senso del taccuino (sul Blog), scriverò controcorrente: proporrò un Elogio degli (uomini) imbranati. Quelli che non ti mettono le mani addosso (perché non sanno come si mettono).
Questa sera parto dal gossip internazionale. È una cosa seria, come vedrete e mi auguro come riuscirò a spiegare.
Per un attimo il mondo è sembrato tornare al suo posto. Anzi: proprio a posto. Mariah Carey ne avrebbe fatte (anche fatte vedere) di tutti i colori a una sua ex guardia del corpo di sesso maschile. Finalmente un uomo che accusa una donna di molestie e violenza. Non è facile essere nati maschi e dovere leggere, ogni giorno, tutte quelle denunce contro i nostri compagni di squadra. È un po' così, no? Siamo una squadra, noi uomini. Procura un certo sollievo sapere che una, almeno una si sarebbe resa colpevole di atti impropri nei confronti di qualcuno dei nostri. Suvvia: date un'occhiata alla Carey. Sarebbe in grado di violentare un uomo. Esagerato? Diciamo allora: di molestarlo, di molestarlo sì, di imbarazzarlo, ecco, sicuro come domani è venerdì. Dai che è che iniziata la riscossa, il pareggio non è lontano.
Questo, care lettrici e cari lettori, non è gossip. È il prologo a riflessioni di semantica applicata e critica lessicale. La parola al centro dell'attenzione è “bodyguard” o guardia del corpo nella traduzione italiana. Non esiste alcuna manifestazione della vita che non sia capace di portarci in profondità, alla scoperta di ciò che la superficie non lascerebbe mai immaginare, o forse sì, anzi senza dubbio di ciò che essa addirittura anticipa. Il gossip è una di queste manifestazioni anticipatrici: innesca lo scandaglio fatto scendere dentro il nostro essere umani. Il gossip sta alla filosofia e al ragionamento come la cronaca sta alla Storia. Sto per produrne la dimostrazione.
Nel caso di Mariah Carey accusata da una sua ex guardia del corpo di atteggiamenti e attenzioni poco piacevoli qualcuno deve avere interpretato alla lettera la parola “bodyguard”. Chi dei due? La Carey avrebbe mostrato, stando alla versione dell'accusatore, il suo “body” a lui che aveva per compito messo a contratto quello di tenerle gli occhi addosso. Su questo non credo ci sia dissenso: una guardia del corpo distratta o che si rifiuta di guardare il corpo della cui protezione è incaricata non è una guardia del corpo. È un'altra cosa. La signora Carey sembrerebbe essere andata oltre nello sforzo interpretativo della parola (e della funzione da essa espressa). Parrebbe avere pensato che il corpo in questione (il suo) andava guardato anche quando era nudo e magari non soltanto, a maggior ragione quando era nudo e avvinghiato a un altro corpo: in quei frangenti può accadere di tutto, siamo d'accordo. Senza sguardo addosso, Mariah sarebbe stata un corpo sguarnito. Pensateci: quando veniamo al mondo, nudi, compiamo l'esperienza della nostra massima fragilità. Non è che l'anticipazione di tante esperienze che verranno: andando avanti con la vita, ci capiterà infatti di ripetere questa esperienza e di riprovare (anzi: di provarla consapevolmente) la sensazione (la certezza) della fragilità. I vestiti con i quali andiamo in giro sono il nostro “body armor”, vale a dire la nostra armatura. In pochi possono permettersi, oltre a questa, anche un “bodyguard”, vale a dire un occhio benigno costantemente puntato su di noi. Chi se lo può permettere, potrebbe esigere (e chissà che non esiga) che l'occhio sia sempre vigile e puntato. Anche quando l'armatura cade. È impossibile escludere che la signora Carey non sia giunta proprio a questa conclusione. Sostenuta ormai non più da uno sforzo di interpretazione del significato della parola “bodyguard”, ma da una (fosse pure inconsapevole) ricerca etimologica della sua origine e del suo significato: “uno che guarda il corpo (di un altro)”. Di lì a dire: “il mio corpo”, e di lì ad aggiungere “guardarlo sempre”, il passo potrebbe (dico: potrebbe) essere stato breve.
Esistono parole ed espressioni che non vanno prese alla lettera, altrimenti generano disastri. Vanno prese in senso metaforico. Il disastro di cui potrebbe essere stata responsabile Mariah lo abbiamo capito: sembrerebbe essere scaturito da un'interpretazione letterale (forse astutamente letterale) della parola “bodyguard”. E la guardia del corpo, di che cosa potrebbe essere responsabile? Di troppa fretta, e di scarsa prudenza di fronte al vocabolo che definisce la sua professione. Potrebbe essersi detto: cosa vuoi che significhi? Guardia del corpo significa uno con i muscoli, la pistola e un walkie-talkie che sta attento che nessuno si avvicini troppo alla persona (alla pop star, nel caso che discutiamo) della cui protezione è incaricato: quando finisce il suo turno rientra a casa o in albergo per fare palestra, bersi un succo di frutta, mandar giù un anabolizzante e dormire. È ipotizzabile che la guardia del corpo si sia fidata troppo della parola che illustra la sua professione, sorvolando (forse per ignoranza o incompetenza) sull'ambiguità che cela. Nel momento in cui la signora Carey gli avrebbe chiesto di prenderla alla lettera e quindi di guardarglielo per davvero, il corpo, di esserne la guardia in senso letterale, il “bodyguard” si sarebbe sentito chiamato a svolgere un compito per il quale non era stato assunto (e pagato). Di lì la denuncia.
A questo punto, sta per accadere qualcosa nelle nostre riflessioni. Sta per avvenire un rovesciamento. In fondo, la signora Mariah Carey sembrerebbe (ammesso che le accuse tengano) avere optato per l'interpretazione più semplice e scontata della parola guardia del corpo: non soltanto l'avrebbe presa alla lettera, ma avrebbe rifiutato alla lettera l'ambizione di significare qualcosa d'altro, il desiderio di liberarsi da un significato immediatamente decifrabile. Prendere le parole alla lettera ci risparmia la fatica di riflettere su ciò che significano realmente.
Potrebbe essere stata invece la guardia del corpo ad affrontare il ragionamento più sofisticato, assegnando alla parola “bodyguard” e al ruolo al quale essa fa riferimento il significato di tenere alla larga i fans più esagitati e, se del caso, di mollare qualche ceffone, quando non addirittura qualche pugno. Ha insomma concluso che la sua funzione è quella del “gorilla”. Interessante: eravamo partiti dando tutto sommato dell'ignorante alla guardia del corpo. Scopriamo, ora, che ha compiuto un ragionamento complesso: ha rifiutato il significato letterale ed etimologico di guardia del corpo, in particolare nelle sue interpretazioni più estreme o ardite o gagliarde, per non dire piccanti (il significato forse auspicato dalla signora Carey) di “guardia che guarda il corpo anche quando il medesimo è nudo”; deve avere intuito che “guardia del corpo” è una metafora (il corpo lo proteggi, non lo guardi per vederlo fare altre cose, nemmeno quando ti chiedono di guardarle); infine, ha concluso che questa metafora è ambigua, è una trappola tesa dalla sua esperienza letterale (guardami sempre!), ma anche dall'interpretazione (fare la guardia non significa guardare sempre, ma se non guardo sempre la signora Carey, quella si incazza!). Per sottrarsi a tale ambiguità, il poveretto ha quindi affidato a un'altra parola la descrizione della sua funzione professionale al fianco di Mariah Carey: la parola “gorilla”. Lui è stato, per un certo periodo di tempo, il suo gorilla.
Anche questa, però, è una metafora. Una guardia del corpo non è per davvero un gorilla. È solitamente grosso come un gorilla, ma non è un gorilla. Non esiste però alcuna garanzia capace di escludere che qualcuno, un giorno, si aspetti che faccia cose e si comporti da gorilla, oppure, in modo diverso, che uno, rifiutandosi di farle in virtù della conoscenza del significato metaforico della parola, si ritrovi ad accusare qualcuno per avergli invece chiesto di comportarsi in senso letterale. Ci fermiamo qui, per oggi. Vedete, tuttavia, come partendo da un fatto di gossip si possa giungere a ragionare su qualcosa d'altro. La profondità della vita sta sempre in superficie.
Domani sera la consueta anticipazione del Senso del taccuino. In attesa che venga ospitato dal nuovo portale che lancerò in gennaio.
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