IL SENSO DEL TACCUINO
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Su Facebook un uomo mi invita a un bagno armonico collettivo con campane tibetane. Mi insospettisco e chiedo info a un'amica. Mi spiega che è un evento aperto anche alle donne, ma che non si va dentro una Jacuzzi. Il ruolo dell'acqua è svolto dalle campane tibetane. Si fa meditazione. Che allegria. Per me, o è Jacuzzi oppure è zero.
Sono finito
in un negozio bio, di quelli che una volta si chiamavano Reformhaus.
Mi serviva dell'incenso e lì lo vendono. Un signore di una certa età
stava raccontando alla commessa (di una certa età anche lei), che la
sua prostata, eh la prostata, non è più quella di una volta. Glielo
stava dicendo come se volesse tranquillizzarla, fornirle la
certificazione di raggiunta innocuità. Ne sono uscito con l'incenso, convinto che non sono nato per frequentare negozi bio. Dovrebbero
scrivere sulla porta: simpatici astenersi dal mandare candidature di
lavoro.
I tedeschi,
quando vogliono, sanno essere divertenti. Chiamano “softies”, con
un vocabolo inglese, gli uomini che fanno la spesa nei negozi bio con
la borsa in canapa, per non usare sacchetti di carta o di plastica.
Francamente mi sta più simpatico chi se la fuma, la canapa. I
“softies” sono uomini che non torcerebbero un capello a uno
dell'Isis: non fanno del male a nessuno. A parte massacrarti se ti
vedono buttare una lattina di alluminio in un cestino. L'alluminio si
ricicla: tu che lo sprechi, muori. Siamo tutti un po' estremisti.
Se esiste una
categoria che può dirsi al riparo dalle rivelazioni che stanno
piovendo a dirotto in queste settimane relativamente a molestie e
atti di violenza nei confronti delle donne, è quella dei “softies”.
Per un maschio, sono i nemici più temibili. Sono pronti a giurare
che ce l'abbiamo dentro, la violenza, e siccome preferiamo una
Jacuzzi a un bagno armonico con le campane tibetane ne facciamo uso.
Si sbagliano. Esiste un'altra categoria di uomini capaci di fare loro
concorrenza: gli uomini imbranati.
Posso
scrivere un elogio degli uomini imbranati? Sarà una dichiarazione di
simpatia per quelli che non sanno dove guardare e finiscono sempre
con il guardare nel posto sbagliato, vale a dire le tette. Per quelli
che non vedono l'ora di bere un caffè (con una donna) e ordinano
sempre un cappuccino perché gli lascia più tempo per pensare a cosa
fare dopo. A cosa dovranno dire. Questo è un elogio
degli uomini paralizzati dalle aspettative prodotte dal loro essere
uomini. Questi uomini esistono.
Non so se
leggete il Taccuino di mattina o di sera. Di tempo per
guardarvi attorno ne avete, è il week-end. Guardatevi in giro al
bar, per fare un esempio. Non a mezzanotte. Alle dieci del mattino,
quando al posto del mojito, del prosecco, del vermentino, del
grecoditufo, del martini secco, del campari (si beve ancora, il
campari?), dello champagnino, di quellochevuoi, ecco: al posto di
tutto questo, uno ordina un tazza grande senza latte e un cornetto.
Diosanto: un cornetto. Li avete visti, questi maschi? Questi uomini?
Hanno di fronte o accanto la collega di ufficio o una perfetta
sconosciuta e non sanno cosa fare con gli occhi, dove metterli, se
potessero li prenderebbero in mano e li infilerebbero nella tasca
sinistra della giacca. Li avete mai sentiti parlare? Avete mai
ascoltato le parole che escono loro dalla bocca? Avete mai prestato
attenzione alla narrazione intavolata (nel senso letterale di: messa
sul tavolo, fra le briciole del cornetto e, non è da escludere,
qualche macchia debordata dal tazza grande)? Se quelle parole fossero
l'inizio di un libro, lo leggereste? Nemmeno con un Kalashnikov
puntato alla tempia lo leggereste. Meglio morire.
Quegli uomini
che alle dieci di mattina del lunedì dicono a una donna: “Ieri
sono andato in montagna con un mio compagno di scuola”. Come! Vai
ancora a scuola? Frequenti i corsi per adulti? “Nooo, è un vecchio
amico di vent'anni fa”. Ah, però: sei uno fedele alle amicizie,
tu. “Guarda, è che sua moglie la domenica si vede con le altre
mogli e quindi ci siamo beccati su Facebook”. A questo punto, se
sei una donna, come sei una donna, cosa fai? Ti butti nelle braccia
del barista. Della barista. Ne avresti il diritto. Sia chiaro: tu da
questo uomo non vuoi nulla, non ti aspetti nulla. Significa,
tuttavia, che ti devi prestare al tormento? Hai diritto a un racconto
del mondo con un minimo di trama. Diciamo: di suspense. Lascia
stare. Trovarla, la suspense.
Esistono
anche uomini (imbranati) che pensano che le dieci del mattino siano
le dieci di sera: cominciano a gettarti occhiate, uguali a freccette
scagliate sul bersaglio al Club degli Sfigati, che regolarmente
frequentano. Non le capisci, quelle occhiate, perché non significano
nulla: non le capiscono nemmeno loro.
Hai presente
quelli che hanno i figli ormai grandi e allora portano in giro il
cane (solitamente di razza), facendo finta che sia l'ultimo nato?
“Che cariiiinooooo!” Questione di attaccare bottone. Sì, va
bene, ma dove lo attacchiamo questo bottone? Dopo averti illustrato
la biografia del cucciolo, timidamente cominciano a parlarti
dell'Inter. Dell'Inter? Mi hai scambiato per un'altra, un altro?
Gli uomini
che fanno l'avvocato. Oppure il chirurgo. Li vedi? Il direttore di
banca. Il procuratore. Che fanno i politici. I giornalisti. Il
giudice. Il poliziotto. Il cittadino indignato. Li vedi? Li inquadri?
Li capisci? Ti guardano al semaforo, tu di qua, loro di là, un
attimo, un attimo soltanto, prima di attraversare con gli occhi bassi
(loro con gli occhi bassi), e sperano che ti rivedranno domani. Te lo
fanno capire costringendosi a non guardarti. È un cilicio che si
infliggono. Vanno a letto dicendo una preghiera, anche se non ne
dicono mai: fai che la riveda. Si innamorano mentre inspirano. Ce ne
sono. Inspirano e si innamorano. Quando espirano sono morti. Non
morti davvero: cotti. Che è praticamente come.
Gli uomini
che non sanno cosa dire. Sperano che la macchina nuova gli dia un
aiutino, quello dei quiz: “Me lo dà un aiutino, signor
presentatore?”. Te lo scordi! Gli uomini che vedi al ristorante,
seduti al tavolo davanti a una donna, e raccontano una marea di
fesserie, oppure cose sensatissime, riassunti interminabili di viaggi
interminabili (“peccato tornare a casa”) lo sanno, lo sentono, si
ascoltano mentre parlano, vorrebbero dire altro, ben altro. Cosa vuoi
fare? Ammazzarli? Si ammazzerebbero da soli.
Gli uomini
che stanno attaccati al telefonino, nella speranza di trovare un post
divertente da condividere. La fotografia di una cena consumata in
diretta da un collega di ufficio, l'attore famoso che Facebook
garantisce trattarsi di sosia (“Guarda, gli assomiglio!”),
cosa-ancora-diosanto? Cosa? Quegli uomini che raccontano gli amori
passati, vissuti fino in fondo (credergli...) e finiti male. Oppure
ti parlano della loro ex moglie. Di come non li abbia mai capiti. Ti
descrivono gli interventi subiti o i controlli ai quali si
sottopongono con regolarità (“meglio essere prudenti”): la
gastroscopia, la colonoscopia, l'elettrocardiogramma sotto sforzo.
Confessano di avere il braccio del tennista, così capisci che
giocano a tennis. Immensodio: il Tennisarm! E ancora: la
pancia del giocatore di golf. Come si dirà in tedesco? Il
Golferbauch? Le cervicali. Le lombari. Le malattie incurabili
tuttavia curate (“Da allora rinuncio alla carne, quando posso”.
Quando puoi? Questa sera, allora, non potevi...). Le gambe spezzate
sciando a... Dove? Parla! Metti-dio-santo-una-parola-dopo-l'-altra!
Il ginocchio. Il menisco medesimo. La cuffia della spalla. La, scusa?
Il vero asso nella manica è l'illustrazione delle letture preferite,
i grandi classici letti e riletti. Tolstoj. Ah, Tolstoj. Quella
prosa... O era Ibrahimovic? No, scusa, ho letto Ibrahimovic, mi
stavo sbagliando, l'altro è un giocatore. La vita che
ricomincia a 50 anni. Tutto qui. Vai. E lascia andare.
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