Il cervello di A.: come un vecchio motore. |
Una nuova puntata. Mandata dal lettore/autore. Pubblicata con un po' di ritardo, poiché sono stato, come dire, in mezzo a deserti lontani.
A. era alle prese con i suoi fantasmi.
Fottutissimi. Fantasmi. Si'. La sua testa era finita dentro un
mulinex. Una casalinga incattivita teneva un dito muscoloso sul
pulsante. L'elica girava e girava. Trasformava in tiramisu' il
cervello di A. Le connessioni nervose trasmettevano messaggi in
codice ormai leggibili da ogni stazione d'ascolto. “Alza il braccio
destro” era captato dalla stazione dell'appetito che lo trasformava
in un “manda giu' un panino che è mezzanotte passata”. E via.
Via cosi'. Qualcuno era entrato nel suo cervello ordinato come un
salone dove vengono esposte automobili. E ci aveva messo il caos.
Aveva chiamato Delia, come se non bastasse. Dopo dieci anni. Perché
non lo aveva dimenticato? Doveva avere fatto qualcosa di sbagliato,
altrimenti l'avrebbe dimenticato. Aveva detto che sarebbe passata
domani, nel suo studio, per una storia di denti. Per un dente... Un
dente... Non ricordava altro. Il messaggio era stato captato dalla
stazione d'ascolto della temperatura. E aveva mandato il termometro
interno di A. a livelli d'allarme. Solo che l'allarme nel suo
cervello non suonava piu'. Messo male. Disconnesso. Staccato dalle
radici. Sobbalzava come un piccolo aereo fra nuvole gonfie di bugie
mai confessate. E desideri mai comunicati. Domani sarebbe arrivata
Delia. Doveva parlarne con L. Di nuovo. Maledizione. Occupato.
Occupato, a quest'ora?
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.