SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.
venerdì 2 marzo 2012
Domani 3 marzo nel Senso del Taccuino sulla Regione: Metamorfosi dell'esistenza.
Ho ricordi che sono come un eco al Suo articolo. Pasqua 2011. Ero in Libano. Rammento quanto ero rimasta incuriosita nel vedere tante signore libanesi con un cerotto più o meno grosso sul naso. Quando s’incontra la prima in quello stato, si pensa ad un incidente, pero quando diventano così numerose si capisce che di mezzo c’è la chirurgia plastica. In paragone a una buona parte delle dame libanesi avevo di fatti l’impressione d’essere io “una barbona”. La nostra guida era una simpatica signora quarantenne dalle forme generose che non aveva avuto la magra idea di sottoporre alla chirurgia estetica. Aveva passato infanzia e gioventù sotto le bombe della guerra civile. Ci raccontava che dal solo sibilo di uno di quelli ordigni sapeva di che tipo era, il suo peso e dove si sarebbe schiantato. Con lei avevo scambiato “interessantissime” considerazioni sulla capienza delle borsette. Non andava pazza per le scarpe ma per le borse e borsette. Ne possedeva uno sproposito, di tutte le forme e di tutti i colori. Allora la crisi siriana era ancora nella fase di protesta. C’era preoccupazione. Pero quello che la straniera di passaggio che ero aveva rissentito trapelare da tutti i pori del Libano, della sua gente, delle sue montagne, delle sue coste era “Niente più guerre, niente più violenze ! Che questa fragilissima pace duri, duri !” Come non capire la tentazione di fuggire e rifugiarsi nell’illusione, nel vano, per paura di (ri)vivere la paura ! Ho apprezzato molto questa pagina del suo taccuino, non solo per i ricordi risvegliati, ma sopra tutto per le rifflessioni che mi lascia.
Donatella
P.S. Dato che i giornalisti intrappolati a Homs sono questa volta stati veramente evacuati, esprimo qui il mio sollievo. Tuttavia il mio pensiero va a chi è rimasto dentro inerme.
L’articolo di Gianluca “La Metamorfosi dell’esistenza”, ho dovuto leggerlo più volte prima di poterlo assaporare. Mi era sembrato, un po’ fuori dal suo genere. L’immagine di Amina, di primo acchito, quasi scostante, frivola. Il mio era già, quindi, un giudizio. Cercavo d’immaginarmela immersa nelle “arterie” di Beirut taccata e ritoccata. Una strana sensazione. Pensi (luoghi comuni, scontati) che una ragazza di Beirut (e pure Donatella ci fornisce uno stralcio di sue constatazioni), le donne in generale, non possano aver importato dai paesi “ricchi” questo dramma effimero della chirurgia estetica. Ci dovrebbero invidiare ben altro … Che cosa? Allora ho girato l’articolo di 360° ho capovolto l’immagine di Amina stessa. In paesi in cui tutto è fragile, incerto, perennemente in bilico, attorniato da altri paesi più o meno costantemente in conflitto, forse, per una sorta di esercizio di esorcizzazione, l’immagine di Amina si addolcisce. Sentirsi leggere per non sentire il peso della vita. Amina, quantomeno, è imitativa di modelli che la nostra società impone - non si capisce su quale base stereotipata di presunta bellezza -e forse cerca semplicemente di apparire per raccorciare le differenze con altre donne che, non avendo bisogno di un modello imitativo, hanno alterato il senso della bellezza e non solo. Amina forse, è vittima due volte.
Caro Gianluca,
RispondiEliminaHo ricordi che sono come un eco al Suo articolo. Pasqua 2011. Ero in Libano.
Rammento quanto ero rimasta incuriosita nel vedere tante signore libanesi con un cerotto più o meno grosso sul naso. Quando s’incontra la prima in quello stato, si pensa ad un incidente, pero quando diventano così numerose si capisce che di mezzo c’è la chirurgia plastica. In paragone a una buona parte delle dame libanesi avevo di fatti l’impressione d’essere io “una barbona”.
La nostra guida era una simpatica signora quarantenne dalle forme generose che non aveva avuto la magra idea di sottoporre alla chirurgia estetica. Aveva passato infanzia e gioventù sotto le bombe della guerra civile. Ci raccontava che dal solo sibilo di uno di quelli ordigni sapeva di che tipo era, il suo peso e dove si sarebbe schiantato. Con lei avevo scambiato “interessantissime” considerazioni sulla capienza delle borsette. Non andava pazza per le scarpe ma per le borse e borsette. Ne possedeva uno sproposito, di tutte le forme e di tutti i colori.
Allora la crisi siriana era ancora nella fase di protesta. C’era preoccupazione. Pero quello che la straniera di passaggio che ero aveva rissentito trapelare da tutti i pori del Libano, della sua gente, delle sue montagne, delle sue coste era “Niente più guerre, niente più violenze ! Che questa fragilissima pace duri, duri !” Come non capire la tentazione di fuggire e rifugiarsi nell’illusione, nel vano, per paura di (ri)vivere la paura !
Ho apprezzato molto questa pagina del suo taccuino, non solo per i ricordi risvegliati, ma sopra tutto per le rifflessioni che mi lascia.
Donatella
P.S. Dato che i giornalisti intrappolati a Homs sono questa volta stati veramente evacuati, esprimo qui il mio sollievo. Tuttavia il mio pensiero va a chi è rimasto dentro inerme.
L’articolo di Gianluca “La Metamorfosi dell’esistenza”, ho dovuto leggerlo più volte prima di poterlo assaporare. Mi era sembrato, un po’ fuori dal suo genere. L’immagine di Amina, di primo acchito, quasi scostante, frivola. Il mio era già, quindi, un giudizio. Cercavo d’immaginarmela immersa nelle “arterie” di Beirut taccata e ritoccata. Una strana sensazione. Pensi (luoghi comuni, scontati) che una ragazza di Beirut (e pure Donatella ci fornisce uno stralcio di sue constatazioni), le donne in generale, non possano aver importato dai paesi “ricchi” questo dramma effimero della chirurgia estetica. Ci dovrebbero invidiare ben altro … Che cosa? Allora ho girato l’articolo di 360° ho capovolto l’immagine di Amina stessa. In paesi in cui tutto è fragile, incerto, perennemente in bilico, attorniato da altri paesi più o meno costantemente in conflitto, forse, per una sorta di esercizio di esorcizzazione, l’immagine di Amina si addolcisce. Sentirsi leggere per non sentire il peso della vita. Amina, quantomeno, è imitativa di modelli che la nostra società impone - non si capisce su quale base stereotipata di presunta bellezza -e forse cerca semplicemente di apparire per raccorciare le differenze con altre donne che, non avendo bisogno di un modello imitativo, hanno alterato il senso della bellezza e non solo. Amina forse, è vittima due volte.
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