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Pubblico la prima puntata di un lungo - ma insomma, non esageriamo... - racconto che un lettore ha deciso di spedirmi. Consegnandomi l'esplicita autorizzazione a metterlo in linea sul mio Blog, ma chiedendomi la riserva dell'anonimato. Siccome, a lettura terminata, condivido la sua visio mundi, eccolo qui, in rete, questo racconto che definisco e intitolo Apologia dell'inquietudine. Antitesi alla celebrazione del conformismo e resistenza all'ontologia dell'adattamento. Dilagano. Entrambe.
Quando A. era tornato a casa
(finalmente. Stanco) si era accorto che qualcuno era entrato nella
sua testa. Doveva essere capitato nelle ore piu' avanzate della
mattinata. Poco prima di mezzogiorno. Avrebbe giurato (se glielo
avessero chiesto. Nessuno glielo avrebbe mai chiesto, tuttavia) che
era stato fra le 11.20 e le 11.55. Ne era sicuro poiché ricordava,
di quella parte di tempo della giornata, di avere avvertito una
strana vertigine. Era stato un attimo. Non aveva dato alcuna
importanza a questa sensazione. Era uscito di casa con nello stomaco
un caffè soltanto. Stanchezza. Doveva essere stanchezza. Ora, a
casa, con le chiavi in mano che gli pendevano dall'indice della
destra, la porta alle sue spalle semichiusa, capiva. Non era stata la
stanchezza. Erano stati loro. Erano entrati. Si era sempre detto che
se doveva succedere allora succedesse tardi, sui cinquant'anni, fai sessanta e affare fatto. Non a
trentacinque. Non a trentacinque! Non-a-trenta-cinque. Se lo stava
ripetendo nella testa che ormai non era piu' la sua. La sua
testa soltanto. Il salotto di casa gli sembrava diverso. Ordinato,
lucido, prevedibile. E tuttavia: inspiegabile. Il mondo che lo
circondava (il suo mondo. Il suo) aveva smesso di parlargli. Di
significare qualcosa. Di suscitare interrogativi, di chiedere
risposte, di essere inquietante. Erano entrati nella sua testa e
gliela avevano cambiata. C-a-m-b-i-a-t-a. Viveva dentro un corpo
sano, il medico glielo aveva certificato. Muscoli ben formati.
Tendini flessibili. Arterie come autostrade senza traffico. Le ossa
come cemento armato. Eppure aveva cominciato a vedere il mondo come
lo vedevano loro. Quelli che gli erano entrati nella testa. Piatto.
Uguale ogni giorno. Muto. Scolorato. Toglierli, t-o-g-l-i-e-r-l-i
sarebbe stato un bel problema. Una missione impossibile. O quasi. Non
aveva mai visto il mondo come lo vedevano gli altri, a-l-t-r-i. Non aveva mai
accettato di vederlo cosi'. Piatto. Fatto di battute
spente. Di sguardi senza profondità. Di azioni senza energia. Di
parole senza fondo. Un fondo vero. Di immagini senza curiosità.
Aveva bisogno del suo amico L. Decisamente. Se voleva uscirne sano (sano: di nuovo) era a
lui che doveva rivolgersi. (1/continua)
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