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Rientrò dalla finestra e la chiuse. Andò al computer, ripassò in rassegna tutte le fotografie. Attivò un programma di recupero file, nel caso in cui avesse cancellato per sbaglio lo scatto. Non servì. Provò a non respirare. Resistette due minuti. Riprese a respirare. Si calmò. Pensare. Ecco. Pensare. Doveva esserci un senso, in tutto questo. Non poteva essere un errore e basta. C'era dell'altro. Era la vita che si sottraeva all'intuizione capace di coglierne le infinite contraddizioni e di esaurirle. Di renderle superflue. Era la verità che rifiutava lo sguardo in grado di scovarla e di restituirla nella sua interezza. Quella fotografia non poteva che esistere nella sua assenza. Meglio. Meglio così. Concluse. Scese per strada, salì sul taxi che lo stava ancora aspettando, disse all'autista di tornare nel quartiere. Si stavano di nuovo scannando. E lui ci sarebbe stato. Non aveva fatto altro che esserci, nella vita. E gli altri, i suoi simili, non avevano fatto altro che scannarsi. Che fosse questa, la verità? Questa e basta? Tutta qua. Tutto qua.
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