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Domani nel Senso del taccuino sulla Regione: "Saetta, Chiodo, Pidocchio e gli altri". Qui di seguito il consueto estratto:
Per quel. Per quel poco che vale. E per
il suo nome. Che fa quello che fa. Che fa e che fa e che fa. What's
your name? Silenzio. What's
your name? Che bello non venire a capo. A capo della vita.
Pensare che la conosce tutta. Più di tanti. Di tanti che stanno
dentro l'ovatta. Sissignore, l'ovatta. Come ti chiami, ragazzino? Più
di tanti che ne sono venuti sempre fuori interi. Perché non ci sono
mai entrati. «Il mio nome
fa quello che fa». Ho
capito, ma ne avrai uno. «Yes».
E? «Yes».
Più di tanti che la sanno lunga. Oh, se la sanno. Lui la conosce
tutta, la vita. Più di quelli che sanno come si fa. Come si deve
fare. Se la conosce. «Saetta».
Come? «Saetta. Sei
sordo?». Il suo nome è
Barak. In italiano qualcosa come fulmine. O saetta. «Do
you speak English?»,
chiede. La domanda accende il coro: «Do
you speak English?».
Cinque, sei, sette, e altre, ancora altre voci, che stanno lì
attorno. Ciao mocciosi. E il coro fa: «Ciao!».
Ciao animaletti spelacchiati. E il coro fa: «Ciao!» Furbi. Come
soltanto la vita è capace di farti diventare furbo quando ci sei
dentro fino al collo e per arrivarti al collo, alla loro età, la
vita non è che debba fare miracoli. Basta che si alzi di un metro e
qualcosa. Che poi la parola “miracoli” è fuori luogo. Detto fra
parentesi. Quanti anni avranno? Dai sette agli undici, massimo
dodici. «How old are you?» E il coro fa: «How old are you?» Non
se ne esce. Uno fa segno con le dita delle due mani: otto. Un altro
indica il numero scritto sulla maglietta da calciatore che indossa un
suo compagno: dieci. Dieci anni. Se li metti tutti insieme, arrivi a
malapena a cent'anni. Se metti insieme le loro storie, non basta una
vita.
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