|
© 2015 weast productions |
|
© 2015 weast productions |
È la faccia che facciamo: davanti al
mondo. Conta quella. La faccia che ci viene di fare davanti a un paio di
Converse buttate lì, dentro un non discutibile disordine che
potremmo anche chiamare creativo, oppure davanti a un'istantanea di
gente che attende e di una ragazza che passa sapendo (si spera) dove
va. La vita di ogni giorno richiede lo scavo per andarci a fondo.
Le fotografie come quella riportata nel post qui di seguito (l'ex
prigioniero siriano torturato) sono giunte già di per sé (da sole: nel proprio essere scatti e basta, persino ignorati: non serve loro lo sguardo, non più, ormai) non in fondo allo scavo, ma
avanti (profonde) abbastanza: abbastanza per mettere noi di fronte all'alternativa
se continuare (con il rischio di non conoscere quando ci potremo
fermare, semmai potremo) oppure lasciare stare, tornare, seppure a fatica e recando
tracce, in superficie. Questi due scatti, invece, l'attesa e i
scarp da tennis, ci lasciano liberi di costruire un racconto di
cui restiamo gli autori certificati, disposti, in questa veste, anche a raccontare/ci un sacco di balle e, soprattutto, a crederci. Anche a quelle. Soprattutto a quelle. Che va di un bene, ma basta saperlo.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.