Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

lunedì 28 gennaio 2013

Per passione. E per amore.


(c) 2013 weast productions


Ho ricevuto questa mail da uno studente liceale, di cui per correttezza (non gli ho chiesto il permesso, vedi un po' che tipo...) non dirò nome e localizzazione geografica. Siamo, tuttavia, nella Svizzera italiana. Una terra che qualcuno (nelle "alte" - e si fa per dire - sfere dell'industria mediatica locale) definisce "priva di talenti giornalistici" (sentito con le mie orecchie....). Lo fa per ignoranza, pigrizia e troppo colesterolo. Sbagliando, gravemente. Credo, nel profondo, alla possibilità e alla necessità di lavorare sui talenti, sulle promesse o semplicemente su chi manifesta curiosità nei confronti della professione del giornalista e del mondo, del mondo, del mondo, del mondo! La professione preferisco chiamarla del reporter. Molto più esplicita nella indicazione di finalità. Portare agli altri ciò che uno vede. Perfetto. Meraviglioso. Mozzafiato. 
Ecco: dalla Svizzera italiana mi arriva (ed è un esempio soltanto) questa mail. La prendo sul serio e a cuore, la richiesta che questo studente formula. Ridicolizza, con assoluta trasparenza, i trascurabili argomenti di chi, precedentemente citato, preferisce non vedere. Perché non sa riconoscere. 

Questa la mail (in data 27.1.2013)

buonasera,
il mio nome è XXYY e attualmente
sto frequentando il corso passerella al liceo di XXYY.
un anno fa prima di iscrivermi a questo corso, per poter poi accedere alle
università, mi sono chiesto cosa volevo farne della mia vita.
mi sono trovato a pensare di aiutare la gente in vari modi, e quello
che mi trasmetteva più passione, e forse che mi esaltava di più,
era la strada del reporter, dal momento che sono sempre stato affascinato
dai giornalisti, dagli inviati esteri.
Ho quindi optato per l'anno passerella,
dicendomi che avrei pensato in futuro che studi intraprendere.
ora quel momento è arrivato, e spererei in un suo consiglio, la mia
idea iniziale era di studiare scienze della comunicazione e storia contemporanea,
temo però che cosi facendo avrei una "struttura" senza un contenuto. oppure
relazioni internazionali, dove avrei un contenuto ma anche il timore di allontanarmi
 dall'obiettivo finale. lei cosa ne pensa?
spero vivamente che possa trovare il tempo di rispondermi ((ecc.))
cordiali saluti

La mia risposta

La tua mail qui, sul blog. Perché credo interessi molti giovani 
che mi seguono. Prendi quello che sto per dirti come una opinione personale: non è oro colato. E discutine con amici, conoscenti e con i tuoi genitori. Ma soprattutto segui il tuo istinto, ciò che senti, dentro, essere la scelta giusta da compiere.
Non studiare scienze della comunicazione: non c'azzeccano con il giornalismo. Tempo perso. Il giornalismo è un'espressione del sangue, della carne, di ciò che,dentro di noi, fa che normalmente viviamo a 35 gradi punto 4, ma quando fai il giornalista sei sempre oltre i quaranta. Gli studi ti serviranno a strutturare il sapere, a metterti nella condizione di cogliere i collegamenti che tengono le cose che vedi nel mondo e del mondo. Segui la tua indole, ma non studiare qualcosa in funzione del giornalismo. Studia per piacere. Sono anni straordinari. Studia per amore. 
Si dice: "giornalisti si nasce". E' vero. Nasciamo tutti giornalisti. Tutti curiosi del mondo. Poi, con il passare degli anni, le defezioni si fanno sempre più numerose. Abbandonano coloro che sentono di doversi dedicare a un mestiere diverso, altrettanto importante, anzi: probabilmente più importante. Resta, invece, chi, nella carne viva, porta la bruciatura della curiosità per ciò che vedi, semplicemente. Continuerà a scendere, profonda, dentro, sempre più a fondo.
Un giornalista è uno ossessionato: dal desiderio di esserci, dove il mondo accade (vicino o lontano, non importa), dalla irresistibile voglia di vedere e capire. E, soprattutto, un giornalista è divorato dalla necessità del racconto. E' ciò che, della sua esistenza (breve, lunga...), alla fine resterà: un appassionato, instancabile (o quasi) racconto. Buona fortuna a te.  

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