La giustizia è nelle parole che si fanno memoria e ingombro. Disturbo. Fastidio che non cede e anzi cresce, un ronzio nelle orecchie di chi le storie le mette via tutte, e via che non è mai successo nulla. Non per questo, non per quella, morti tutti, sotto le bombe e attraversati dai proiettili. La memoria è la forma più esposta di dissidenza: la sola in grado, quando tutto passa, di chiedere che giustizia sia fatta. E sia pure (e soltanto, ma non è vero, non è soltanto) affidata alla versione dei fatti. Che deve, sempre, cominciare dicendo che uno/una ci è andato/a lì per raccontare agli altri. E pagando con la vita.
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