Domani, sabato, nel Senso del taccuino sulla Regione: "Il viatico del vecchio". Qui di seguito il consueto estratto:
Da qualche parte giunge il ronzio di un grosso insetto. È il cellulare. Lo schermo manda un segnale luminoso verso il soffitto. L’insetto insiste. Alle tre di notte la realtà fatica a strapparci dal sonno. Perché chiamano sempre a quest'ora? Vivono alla rovescia. Di giorno sopravvivono, di notte pensano e discutono, consumando centinaia di sigarette e litri di tè. Qualcuno sta chiamando dalla Siria: possono essere soltanto loro. Pronto? “Come stai?”. La voce è subito riconoscibile e se non sapessi che chiama da fuori Mohassen, a una mezzoretta da lì, potrei scambiarla per quella di uno in vacanza sotto il sole. Quando non hai via d’uscita dalla vita che fai, ti adegui. La prendi per buona. È la sola che hai. C'è una strana cosa, capita a tutti: ascoltiamo qualcuno, al telefono, o seduto di fronte a noi, e i nostri pensieri se ne vanno, viaggiano, recuperano immagini registrate tempo fa, ricostruiscono addirittura gli odori, una stretta di mano, uno sguardo. “Pronto, ci sei, mi senti?”. Ti sento e ti vedo. Sta chiamando dalla centrale della compagnia telefonica siriana. È una costruzione rettangolare, bassa, sul tetto ci sono diverse antenne. Quando vogliono telefonare, lui e tutti gli altri, vanno lì, perché il segnale è più forte. Telefonano, parlano, fumano e bevono tè. La mattina li sorprende ancora nel sonno. Dal quale escono lentamente, quasi per dare il tempo alla realtà di presentarsi con una faccia diversa. Non funziona mai, ma loro ci provano sempre.
Da qualche parte giunge il ronzio di un grosso insetto. È il cellulare. Lo schermo manda un segnale luminoso verso il soffitto. L’insetto insiste. Alle tre di notte la realtà fatica a strapparci dal sonno. Perché chiamano sempre a quest'ora? Vivono alla rovescia. Di giorno sopravvivono, di notte pensano e discutono, consumando centinaia di sigarette e litri di tè. Qualcuno sta chiamando dalla Siria: possono essere soltanto loro. Pronto? “Come stai?”. La voce è subito riconoscibile e se non sapessi che chiama da fuori Mohassen, a una mezzoretta da lì, potrei scambiarla per quella di uno in vacanza sotto il sole. Quando non hai via d’uscita dalla vita che fai, ti adegui. La prendi per buona. È la sola che hai. C'è una strana cosa, capita a tutti: ascoltiamo qualcuno, al telefono, o seduto di fronte a noi, e i nostri pensieri se ne vanno, viaggiano, recuperano immagini registrate tempo fa, ricostruiscono addirittura gli odori, una stretta di mano, uno sguardo. “Pronto, ci sei, mi senti?”. Ti sento e ti vedo. Sta chiamando dalla centrale della compagnia telefonica siriana. È una costruzione rettangolare, bassa, sul tetto ci sono diverse antenne. Quando vogliono telefonare, lui e tutti gli altri, vanno lì, perché il segnale è più forte. Telefonano, parlano, fumano e bevono tè. La mattina li sorprende ancora nel sonno. Dal quale escono lentamente, quasi per dare il tempo alla realtà di presentarsi con una faccia diversa. Non funziona mai, ma loro ci provano sempre.
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