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Ho i polmoni pieni:
di gas lacrimogeno.
Due spugne bagnate.
Fanno sciiiii.
Quando tiro dentro aria.
Anche quando la tiro fuori.
È grave?
Dimmi: sto per morire?
Esagero?
Sono la solita.
Sono uscita di casa:
a cercarti.
Senza senno.
Dove sei?
Se c'è da morire,
è fra le tue braccia.
Davanti a tutti.
Che ci vedano.
Ci guardino.
Provino:
scalpore.
Voglio morire
per te.
E per me.
E.
E basta,
ragazzo.
Per noi,
se si può dire.
Ancora.
Se si può pensare,
proprio adesso.
Almeno: pensare.
Questo.
(Continua la serie di poesie inviatemi da Gaza, attualizzata in queste ore. Autrice è una giovane donna che desidera restare anonima, che evidentemente non si rivolge a me in ciò che scrive, ma si rivolge a me per essere pubblicata. Il Blog la pubblica e apre, forse, una finestra su una realtà che siamo abituati a osservare appesantiti dai luoghi comuni. La traduzione è di Faccia da reporter, al quale manca il tempo per la costanza e traghettamenti più accurati).
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