Domani nel Senso del taccuino sulla Regione: "Come spiegarti tante cose?". In versione inedita. Qui di seguito il (brevissimo: ho rinunciato alle parole, a tante parole) estratto, di un testo scritto per una piccola profuga siriana, con la memoria rivolta ai morti di Parigi e di Bamako, e a tutti gli altri morti dentro le guerre che si stanno consumando. In Siria. In Iraq. In Nigeria. Ovunque. Davanti ai nostri occhi. Ai nostri occhi. Rivendicando così il coraggio del pensiero e del ragionamento. E il diritto (il dovere) al coraggio di continuare a pensare. A chiedere e richiedere. A fare domande e a scavare nella realtà. E nella vita. Senza paura. Perché la paura fa comodo. Fa comodo a tutti. Diciamo pure a troppi.
Come spiegarti l'essere umano, Rita? Ciò di cui è capace? E, ancora più, incapace? Come spiegarti la religione, il fanatismo, l'odio, l'ignoranza, l'intolleranza? Come spiegarti il coraggio, il coraggio vero, che sta tutto nel pensiero e nel ragionamento. E la guerra, come spiegartela? Tutto quello che c'è dietro. E quelli che la usano. Quelli che gli fa comodo, che ci guadagnano, in ogni senso. Quelli che ci cascano. Quelli che si porta via. Tutte le maschere che sa mettersi. I sotterfugi che s'immagina. Le pedine che muove. E i fessi, i fessi, i fessi che li prendono per buoni. Come spiegarti la guerra? Puoi raccontarla, e raccontarla. Non finisce mai. È maledetta e scaltra. Se soltanto non ci fosse. Se soltanto non ci fossero nemmeno le parole. Nemmeno. Le. Parole.
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