Stare al mondo. Che è già tanto. Come la ragazzina, qui sotto, con la donna che si china su di lei e le tira la giacca, per capire se è ancora viva; oppure la vecchia, più sotto ancora, che si chiede come mai è ancora viva.
Per la cronaca: siriane, entrambe.
O come concedersi una risata. Di quelle che vengono fuori uguali a una colonna sonora. Chiedersi da che parte stare. Dici: sto dalla parte dei morti. Bella fatica: non sbagli mai. Stare dalla parte dei vivi è la fregatura. Da che parte? Quali vivi? Stare dalla parte di quali vivi? Quelli che si spostano soltanto per andare in vacanza? Quelli che si spostano perché stacci tu al posto nostro? Quelli che si spostano e faranno casino? Stare al mondo. Che è già un lavoro di suo. E venirne fuori con una risata che sorprende tutti: una volta tanto, nella vita. Una risata che spazza via tutto. E prima di tutti te, che scrivi e scrivi e riscrivi. E-r-i-s-c-r-i-v-i.
E: diossanto, ma cosa fai? Ti metti a ridere? Anche tu? Anche. Tu? Proprio. Tu? Impara a stare al mondo. Sì, ma mi viene da ridere, che quanti anni sono che siamo messi così, quanti? Quanti anni? Quanti anni che c'è gente per terra? Gente a pezzi? E se mi mettessi a ridere? Non di loro, vedi, non di loro. Di loro non rido. Rido di quelli che se ne fottono. Ecco: ridere di quelli che se ne fottono. Se si può dire. Se si può dire "che se ne fottono". Si può dire? Bene. Si può dire. Il problema è che non si può dire "quelli". "Quelli" non si può dire. "Quelli" non si possono dire. Nominare, nemmeno: lascia stare. E: "quelli" non sono "quelli" che pensi. Sono altri. Altri ancora. Hai voglia cercarli. Trovarli.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.