Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

sabato 6 agosto 2011

Kenya, luglio 2011

(c) 2011 weast productions

1 commento:

  1. Caro Gianluca,

    Oltrepassati (se così si può dire) gli effetti “pugno nello stomaco” causati dalle Sue cronache inviate dal Kenya e dalla Somalia, mi rimane sopra tutto il sentimento di rabbia impotente. Rabbia perché le dimensione dantesche di quella tragedia avrebbero potuto essere evitate.
    La carestia non è una catastrofe che succede in un colpo solo come un terremoto o un’inondazione, ma si vede arrivare su d’un periodo più o meno lungo (vari mesi comunque) con l’accumulazione di fattori tali quali siccità, raccolte ripetutamente minime, conflitti, prezzi degli alimentari alle stelle, malnutrizione, difficoltà ad accedere alle popolazioni toccate, spostamenti di quest’ultime, ecc. Esistono organisazioni che hanno il mandato in questi casi di entrare in azione : FAO, PAM, Unicef, UNHCR, senza contare la Croce-Rossa e le ONG. L’ONU ha cercato di creare vari sistemi di allarme avanzato. Per di più e sfortunatamente, queste crisi si sono già verificate in Africa : Sudan, Etiopia, regione del Sahel, ed altre ancora.
    Tutto ciò per dire che la communità internazionale non è disarmata, non si ritrova davanti ad una contesto nuovo, senza esperienza precedente. Allora perché ? Perché questa mancanza di anticipazione, di tempestività, di coodinazione, di mezzi, di flessibilità ? Perché si ha lasciato la situazione prendere delle proporzioni ingestibili e diventare fuori controllo ? D’accordo che l’ONU è una macchina pesante, ma non riesco a togliermi dalla mente che si possa rispondere ad una persona stremata dalla fame che deve aspettare, non qualche giorno, ma parecchie settimane prima di essere registrata e così ricevere l’aiuto necessario. E allucinante e crudelmente grottesco!
    Quanti bambini devono essere sepeliti nel “campo delle carcasse”, prima che si intervenga con efficacia ? Quanti cadaveri si devono mostrare in TV perché la mobilitazione internazionale si metta in moto ? Di quanti morti dobbiamo ogni volta essere in ritardo per mettere a profitto le esperienze del passato ? Non voglio dare lezioni a nessuno, non ne ho il diritto, ma, senza negare la complessità prevalente nella regione, qualche interrogativo mi sembra legittimo. Vorrei sapere quale giustificazione si può dare (se mai ce ne fosse una) a tutti i morti ingiustificabili del campo di Dadaab.

    Donatella

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