Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

venerdì 23 settembre 2016

Il senso del taccuino.

© 2016 weast productions / bambino nella provincia di Deir ez-Zor (Siria)

Dopo la pausa estiva torna, domani, sabato, Il senso del taccuino sulla Regione. Titolo. A che cosa siamo serviti?

Qui di seguito la consueta anticipazione:


Escono voci. E poi. Dai condomini. E. Poi. Dai buchi. Escono. Come una maledetta poesia. Escono voci dai buchi. Epitaffi. Come. Se ci fosse. Come. Se ci fosse. Il tempo. Bomba. E bo. Mba. E bomba. Guarda Aleppo. Fosse soltanto Aleppo. A che cosa siamo serviti? A nulla. Corre. E ricorre. Corre voce fra le voci marce ormai, venute fuori attraverso denti marci ormai, che oggi qualcuno ci lascia la pelle, di nuovo. Cosa vuoi che sia? Cosa vuoi che cambi, che conti? E: a che cosa siamo serviti? Guarda Bagdad. A nulla, siamo serviti. Quando un proiettile colpisce il volto di una donna, se non la conoscevi o se non sai che era una donna, non riesci a fare la differenza fra la sua faccia e quella spappolata di un uomo. Tiri a indovinare. Se la testa è ancora attaccata al corpo (perché insieme al proiettile potrebbe essere arrivato anche un bel mortaio) osservi i vestiti, le mani. Guarda Kabul. A che cosa siamo serviti? Guarda questa ragazza. Guardala fino a non poterne più. Guardala. Guardala. È morta. È ancora calda. Morta e ancora calda. Scalza. Ocristo. È scalza. È finita sulla strada. Sulla pancia. Eppure i suoi piedi sono girati verso il cielo. Com'è possibile? Guardala. Guardala. Fino a stare male. Guardala e scrivila. Guardala e fotografala. Guardala e filmala. Guardala. A che cosa siamo serviti? A nulla. 

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