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Dopo la pausa estiva torna, domani, sabato, Il senso del taccuino sulla Regione. Titolo. A che cosa siamo serviti?
Qui di seguito la consueta anticipazione:
Escono
voci. E poi. Dai condomini. E. Poi. Dai buchi. Escono. Come una
maledetta poesia. Escono voci dai buchi. Epitaffi. Come. Se ci fosse.
Come. Se ci fosse. Il tempo. Bomba. E bo. Mba. E bomba. Guarda
Aleppo. Fosse soltanto Aleppo. A che cosa siamo serviti? A nulla.
Corre. E ricorre. Corre voce fra le voci marce ormai, venute fuori
attraverso denti marci ormai, che oggi qualcuno ci lascia la pelle,
di nuovo. Cosa vuoi che sia? Cosa vuoi che cambi, che conti? E: a che
cosa siamo serviti? Guarda Bagdad. A nulla, siamo serviti. Quando un
proiettile colpisce il volto di una donna, se non la conoscevi o se
non sai che era una donna, non riesci a fare la differenza fra la sua
faccia e quella spappolata di un uomo. Tiri a indovinare. Se la testa
è ancora attaccata al corpo (perché insieme al proiettile potrebbe
essere arrivato anche un bel mortaio) osservi i vestiti, le mani.
Guarda Kabul. A che cosa siamo serviti? Guarda questa ragazza.
Guardala fino a non poterne più. Guardala. Guardala. È morta. È
ancora calda. Morta e ancora calda. Scalza. Ocristo. È scalza. È
finita sulla strada. Sulla pancia. Eppure i suoi piedi sono girati
verso il cielo. Com'è possibile? Guardala. Guardala. Fino a stare
male. Guardala e scrivila. Guardala e fotografala. Guardala e
filmala. Guardala. A che cosa siamo serviti? A nulla.
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