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Continua così il viaggio del Taccuino dentro la guerra. Soprattutto dentro la vita di chi la combatte o, come in questo caso, l'ha combattuta (in Libano). Otto amici ne sono venuti fuori vivi, ma a pezzi. Ogni sabato si ritrovano e ridono. Di quello che è rimasto dei loro corpi, e non soltanto. Qui di seguito il (ma sì, diciamo pure: consueto) estratto:
E poi tutti lì ad aspettare. Che gli cadesse la dentiera. «A-a-a co-co-co contare i-i-i se-se secondi». A contare i secondi. Come diceva uno. Uno di loro, a cui toccava il compito (non ufficiale) di commentare. Meno tre, meno due, meno uno. Tac! Per un istante non volò una mosca. Poi: giù a ridere. La dentiera gli era uscita d'un solo colpo, come se le gengive si fossero ritirate all'improvviso o non avessero saputo resistere a uno spasmo che (forse) aveva preso origine dai muscoli della mandibola. Ammesso che ne avesse ancora, di muscoli. Gli cadde come succede nei cartoni animati. Una splendida fila di denti dotata di vita propria. Un affare, per quello che erano costati. E tutti sapevano, ormai, che erano costati duecentoventi dollari. Duecentoventi? Sì. La dentiera era lì da guardare. Ormai sul tavolo. L'arcata superiore unita (va detto) con non comune maestria di odontotecnico all'arcata inferiore. Succedeva che riuscisse a fermarne la traiettoria alzando il braccio destro. Che era anche l'unico arto superiore rimasto. Essendo, però, di legno e di metallo, con l'aggiunta di qualche laccio di cuoio che lo teneva insieme, la sua reazione rifiutava comprensibilmente l'aggettivo “fulminea”. Meritava, piuttosto, quello di “miracolosa”.
Bellissimo, intenso...a pensarci viene quasi da piangere...e non certo dal ridere.
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