Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

lunedì 14 marzo 2016

Dice Rilke: die So-geliebte.

(c) 2016 weast productions

Das war der Seelen…. Era la strepitosa miniera delle anime.
Come vene, d’argento e mute,
avanzavano nel buio. Tra radici
sgorgava il sangue. Correva agli uomini.
Uguale al porfido nel buio: pesante.
Era l'unico rosso. Lì.

Dentro a quella strepitosa miniera delle anime. Che oggi è (di nuovo?) un’isola greca. A cento e rotti anni da questi versi. A quanti dal mito? Un’isola alla quale si aggrappano esseri umani. Oppure è un confine, metti Idomeni, fra Grecia e Macedonia, che in modo perfetto accetta il calco, forzato, magari, ditelo pure: forzato!, eppure tentabile, doverosamente sondabile, di un nuovo verso:

Und dieses einen Weges kamen sie.

E per quest’unico cammino essi avanzavano. 

Orfeo ed Euridice.

Leggere e rileggere. E leggere. Leggere. Rainer Maria Rilke. In tedesco. Lasciando che il destino di Orfeo + Euridice suggerisca un commento difficile eppure inevitabile alla realtà che oggi abbiamo davanti agli occhi. O forse è lei, la realtà, che ha noi davanti ai suoi occhi. Non è la stessa cosa. Conoscendo l’effetto che lo sguardo di Orfeo produrrà. Sull’amata. Sulla So-geliebte. La così amata. (Basta, in mancanza d’altro, Google per scoprirlo).

La Germania. Che sia lei? La così amata? Da me, per esempio. Die So-geliebte?

L’immagine che lei produce, oggi, dopo un voto complesso, costringendoci (e per fortuna e fra infinite contraddizioni, tuttavia discusse: fortunatamente discusse) a guardare più lontano. E in questo è grande, un grande paese, una grande nazione. Consapevole della propria fragilità. Di cui sa parlare.

Sembra, anche, di stare dentro una prova d’orchestra: tutti dicono tutto, anche quelli con meno orecchio. Quelli senza orecchio. Con meno orecchio di tutti. Senza orecchio di tutti. Si può dire? Quelli senza orecchio.

Si può dire. E si può anche dire:

Sie war in sich, wie Eine hoher Hoffnung,
und dachte nicht des Mannes, der voranging,
und nicht des Weges, der ins Leben aufstieg.

Era in sé, come in attesa, infine,
senza pensieri per l’uomo che la precedeva,
senza badare al cammino che portava alla vita.

Euridice. Che subirà lo sguardo di Orfeo. E ne avrà condanna. 

Sie war schon Wurzel.

Radice, ormai. Radice si era fatta.

Mentre i suoi passi percorrevano, a ritroso, per sempre a ritroso, il cammino fino a lì compiuto. Per amore, si badi. Per amore:  

Unsicher, sanft, und ohne Ungeduld.

Incerta, docile e senza impazienza.

Quante donne ho visto scendere dai gommoni, sedersi con i vestiti intrisi d’acqua sulla spiaggia di un’isola greca, sperare che il cammino non le avrebbe portate indietro. Mai più. Sperare che avrebbero seguito i loro uomini (che noi tanto vituperiamo) anche per amore, oh sì, anche per amore. 

Per descriverle, queste donne, avrei potuto affidarmi alla memoria. Ho preferito andare a rovistare dentro le scatole dei libri, nel buio (il buio) e nella polvere (nonostante la resistenza, a lei opposta). Ho preferito la lettera. E trovare Rilke. Euridice:

Unsicher, sanft und ohne Ungeduld.

Incerta, docile e senza impazienza.  

Valgono, queste parole, vale questo verso stupendo, doloroso e definitivo per tutte le donne che ho visto sbarcare in Grecia. Per tutte. 


(Rainer Maria Rilke, Neue Gedichte, 1907, trad. gg)

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