(c) 2001 Giornale del Popolo, 20.12.2011 |
E’ l’ora
dei telegiornali. Le sette, le otto, le nove di sera. Come parlare del
mondo ? Lo mostriamo com’è o lo trasformiamo in una cena da digerire
rapidamente ? Senza le immagini che disturbano, disturbano davvero ?
Vogliamo un
mondo digeribile ? Un mondo take-away ? Pago, prendo, consumo. Quanto
voglio. E se non mi piace, lo butto.
Punto
interrogativo. Enorme.
Alla
ricerca di risposte. Questo, signore e signori, è il mio obiettivo questa sera.
Sono un
reporter che racconta le guerre. Invio, nelle case della gente, racconti da
zone investite dalla guerra e di persone imprigionate dentro la guerra.
Ma combatto
anche la mia guerra personale.
Credo nella
forza delle immagini. Nell’energia sovversiva delle immagini.
Ci siamo
abituati alla frase che le immagini – alcune immagini – sono INSOSTENIBILI. E a
causa di questo peso, che ne asserisce la loro improponibilità, decidiamo
(decidiamo ?) di non mostrarle. Non sto parlando di immagini
necessariamente brutali. Sto parlando – sto specialmente parlando – di dolore,
ingiustizia, prepotenza, violenza, sopprusi, emarginazione sociale, economica.
Anche questi contenuti, apparentemente, rendono le immagini insostenibili.
Chi prende
questa decisione (la decisione di non mostrare queste immagini) ?
Basandosi su quali paramteri ? Parametri personali, professionali –
giornalistici -, morali, etici, sociali ?
Questa
domanda è condannata a restare senza risposta. Nessuno sa o vuole dirci perché
alcune immagini non vengono mostrate, perché vengono giudicate improponibili.
Insostenibili
(improponibili) per chi prende la decisione di non mostrarle o per chi queste immagini divrebbe poterle vedere
ma non le vedrà mai ?
Il giudizio
giornalistico, etico, morale non è altro che una maschera. Per coprire, direi
piuttosto nascondere la verità.
Quale verità, chiedo io ?
La mia
risposta è : l’energia straordinaria delle immagini, la forza
rivoluzionaria e sovversiva delle immagini. Questa è la verità custodita dentro
ogni immagine.
La verità è
nelle immagini. In ogni singola immagine. La verità, signore e signori, non è
un pezzo giornalistico di carattere argomentativo. La verità non è spiegazione.
La verità è evidenza.
La verità è
nell’assenza di parole. Cio’ che non sopportiamo, cio’ che non osiamo
sopportare, portare, sostenere nel momento in cui decidiamo di non mostrare una
immagine è l’energia di questa immagine.
Questa
energia, se lasciata libera, puo’ cambiarci. Ci rende capaci di sentire gli
altri, di sentire con gli altri. Crea il miracolo di una sottile, magica comunicazione
fra noi, gli spettatori e osservatori, e l’immagine. Fra noi e il contenuto di
una immagine.
Questa
magia puo’ spingerci a rifiutare il mondo cosi’ com’è. L’energia rivoluzionaria
delle immagini puo’ provocare una rivoluzione nel nostro modo di vedere e
vivere il mondo. Puo’ trasformarci in rivoluzionari.
I centri di
potere dell’informazione, che sono collegati con altri centri di potere,
politico, economico eccetera, non hanno alcun interesse nella rivoluzione. La
rivoluzione è fastidiosa, pericolosa. La rivoluzione minaccia lo status quo.
La
rivoluzione minaccia l’idea che il mondo sia davvero come ce lo mostrano i
telegiornali.
Il mondo
non è cosi’.
Ho parlato
di rivoluzione, signore e signori. Della rivoluzione dentro le immagini. Parliamo
ora di rivoluzione, della rivoluzione in Egitto. Una fra le tante.
Abbiamo
trascorso un anno ricco di avvenimenti. Siamo stati testimoni della primavera
araba, dell’insurrezione araba. Questo straordinario movimento esploso in
Africa del nord e giunto fino in medio Oriente è ancora davanti ai nostri
occhi.
Sono stato
in Libia, Egitto, Tunisia. Ho parlato con rifugiati siriani, li ho visti
arrivare in Libano e in Turchia. Ho incontrato giovani attivisti siriani che
cercavano disperatamente di fare uscire dal loro paese le immagini che avevano
filmato. Per lasciarle libere di raccontare la verità.
Il Medio
Oriente sta cambiando. Non sarà mai piu’ com’era prima.
La
primavera araba riguarda la politica, la democrazia, non c’è dubbio. Eppure,
per chi vi è parla, è equivalsa, sin dagli albori, alla scoperta del soggetto,
dell’individuo. Questo è il mio punto di vista personale, l’angolo dal quale
osservo gli eventi che stanno modificando il Medio Oriente.
Le
popolazioni nei paesi arabi stanno manifestando e combattendo per il loro
valore di individui. La rivoluzione, o dovrei dire : le rivoluzioni, sono
una espereineza straordinaria che ha condotto i cittadini alla scoperta del
loro valore individuale di soggetti.
La
rivoluzione è una esperienza collettiva, è vissuta collettivamente. Tuttavia all’interno di questa
collettivitàogni persona ha la sua voce. Ogni persona è diventata un soggetto.
Giovani, uomini, donne : tutti hanno fatto l’esperienza della propria
rinascita. Sono rinati come individui, come soggetti che osano dire quello che
pensano, cosa vogliono e soprattutto cosa non vogliono.
Il nuovo
cittadino del Medio Oriente è l’essere umano inteso come soggetto, come progetto
di vita, come potenziale. Siamo ancora di fronte a un processo fragile :
ci sono state elezioni stravinte dai movimenti islamici, c’è un esercito (in
Egitto) che commette crimini, c’è
inquietudine e insicurezza (in Libia), ci sono scontri armati e morti ogni
giorno in Siria, eccetera.
Tutto puo’
ancora cambiare. E la situazione puo’ senza dubbio peggiorare. E tuttavia non
c’è ritorno da un risultato acquisito : dall’ «io sono».
Questo è il
nuovo Medio Oriente : la gente ha scoperto il proprio valore, nascosto,
soffocato per anni e anni, manipolato dai governi locali e dalle superpotenze
mondiali.
La
primavera o le primavere arabe hanno portato la gente da un’era del NON parlare
a un’era nuova del PARLA FINO A CHE TI RIMANE VOCE.
Ci vorrà del
tempo per sistemare le cose, per reinstaurare una sorta di ordine, che pero’
non va inteso come la supremazia dello stato poliziesco sull’ndividuo. La gente
non lo accetterebbe piu’.
La
primavera araba è un esempio per le democrazie occidentali. Dovremmo tutti e
sempre richiamare i nostri governi alle loro responsabilità. Dovremmo sempre
verificare che le nostre democrazie – le cosiddette democrazie modello –
funzionino davvero come tali.
Dovremmo
insegnare la primavera araba nelle scuole. Dovremmo portare, nei programmi
scolastici, la storia mentre si sta facendo.
La
primavera araba è stata (e lo è ancora) documentata in maniera preponderante da
immagini registrate con i telefonini.
Questo
fatto ci dice due cose. Primo: la scoperta del soggetto nel corso delle
rivoluzioni arabe va di pari passo con la scoperta della soggettività. Vedo il
mondo con i miei occhi e voglio mostrarlo a altre persone. Cosi’ come lo vedo
io.
Secondo :
le immagini possono davvero fare la rivoluzione. Le immagioni non soltanto
mostrano o hanno mostrato la rivoluzione. L’hanno fatta, l’hanno fatta circolando
nel mondo. Queste immagini sono state lasciate libere di esprimere la loro
energia sovversiva. La loro energia rivoluzionaria.
Le abbiamo
viste in modo particolare sul web. New media. La televisione arriva in ritardo.
Troppo in ritardo. Forse irrimediabilmente troppo tardi.
I
telegiornali della sera non hanno mostrato tutte le immagini della rivoluzione
araba (cosi’ come non avevano mostrato in precedenza molte immagini di altri
fatti relativi al Medio Oriente) : alcune di queste immagini erano state
giudicate insostenibili, troppo forti.
Ora, credo
che voi ormai sappiate come la penso : queste immagini non sono state mostrate
perché erano troppo vere. Perchè il loro contenuto diceva la verità, mostrava
la verità. E la verità, signore e signori, quando è raccontata con le immagini,
è sembre fastidiosa.
Queste
immagini rivelano che le popolazioni nei paesi arabi non sono masse incapaci di
vivere in una democrazia moderna, come molti pensavano e ancora pensano.
Sono
soggetti. Soggetti appena nati.
La vita,
per loro, è difficile ma entusiasmante.
Un mio caro
amico, che vive a Kabul, Afghanistan, fra Humwees americani che sfrecciano per
le strade e organizzazioni umanitarie inefficenti, un giorno mi disse :
« E’ molto dura vivere qui. Ma che cosa possiamo farci ? La vita è
obbligatoria ».
Le
primavere arabe ci mostrano che la vita puo’ essere anche straordinaria. A
condizione che sia data la possibilità di viverla da protagonisti.
Vi ringrazio.
Mi trovo in sostanziale accordo su tutto quello che affermi nel tuo intervento.
RispondiEliminaMi ha fatto riflettere soprattutto l'individuazione del nucleo della rivoluzione, nella volontà ed esigenza di autodeterminazione delle nuove generazioni arabe.
La ricerca e la costruzione della propria identità di singolo individuo, e di riflesso del popolo d'appartenenza, costituisce in sé, in questo caso l'elemento rivoluzionario per eccellenza. Sarà ottenebrato, conoscerà importanti battute d'arresto, perché scomodo e non manipolabile, ma difficilmente s'arresterà..